ed ecco la mia bici story!
Chi scrive!
E' solo una scusa...e poi lo hanno già fatto in tanti!
Non ho voglia di scrivere la mia storia di ciclista ma più che altro ho voglia di ricordarmela e, scrivendo, affiorano e si arricchiscono i dettagli.
Ho voglia di scrivere tante storie, di scrivere di tanti luoghi, di tante persone, di me tanto per cambiare e di quelle persone che sono marchiate a fuoco nel mio cuore ma che ho conosciuto insieme a lei, il mio fedele mezzo.
Voglio scrivere di conquiste, di batoste e di una miriade di km, sperando che almeno una, uno leggerà ciò che possono fare due esili gambe d'acciaio e un cuore spesso tenero e pauroso ma sempre impavido di cercare se stesso e di percorrere strada.
La strada era spesso asfaltata e lunga, spessissimo era ed è un sentiero, ripido, accidentato, roccioso, duro, in salita e quasi sempre durissimo anche in discesa. A volte non c'è nemmeno il sentiero!
E' 41 anni che lo faccio ...con una lunga pausa nel mezzo...
Aver ripreso, tre anni fa, è stato uno degli eventi più graditi della mia vita.
Non me ne voglia la gente che mi vuol bene e a cui voglio bene anche io. E non sia gelosa. Il mio cuore ha spazi che non sapevo avesse e vi conservo e vi vorrei tutte e tutti adesso qui dietro l'angolo.
Pompa ancora forte, ma non più come un tempo.
Certo, in discesa sono ancora molto più veloce della maggior parte della gente che incontro, giovani, meno giovani e vecchi, pure di quelli con le bici che fanno paura!
I pro ormai non li vedo più nemmeno col binocolo. Vanno molto più forte loro, è ovvio...
Nonostante tutto e visto che continuo ancora a migliorare, vorrei trovare tempo e soldi per partecipare alle qualifiche e possibilmente a qualificarmi nella Megavalanche dell'Alpe d'Uez entro i 45 anni...o i 50 ma non è una priorità.
Ne ho molti di questi desideri di mete, montagne, cime, anche in altre discipline, quindi questa è in elenco ma si vedrà se avrò la possibilità, il tempo e la voglia!
Dei miei vecchi amici ciclisti solo uno va ancora fuori strada, non ha mai smesso e sicuramente in discesa è ancora molto più forte di me!
In salita mi accontento e comunque, ogni tanto, quando il corpo è caldo ho ancora l'allungo pronto.
Sui trail a curve poco ripidi e con continui cambi di pendenza riesco ancora a sviluppare velocità da spavento.
Forse sto finalmente imparando a saltare anche se mi sono spezzato due braccia negli ultimi tre anni e tagliato fino ai tendini di un gomito ma tengo botta.
Adesso non mi sembra vero, ogni tanto, di sentirmi stabile a due metri da terra...
Sono diventato da poco maestro di mountain bike, di guida "sicura" su sentieri impervi e forti pendenze, all-mountain a bassa velocità...ma sono un free rider nato, nel vero senso delle parole.
Mi sento libero e molto flow quando giro in bici.
Sono davvero io e chi ha pedalato con me lo sa.
Ero io quello pieno di menate, di senso della sfida, di aspirazioni, di delusione, stizza, rancore e sono io, pieno di vita, di entusiasmo, di gioia e di voglia di andare, forte, piano, in compagnia, solo, ovunque...
Sono io quello che scrive.
Un mix di quello che scriverò e di altro ancora, come tutti.
Non sono nessuno ma ho tante storie e, soprattutto,
tanti Km e, se ne volete leggere qualcuno, eccolo qui.
Capitolo 1 - Le piccole
E' come fosse ieri.
Esco in cortile tutti i giorni con mio cugino Francesco. Ho le gambe storte, le ginocchia valghe.
Alla schiena ho la scogliosi a S di Stefano, i piedi sono piatti e non porto i miei due polacchini lucidi con plantare ortopedico perché altrimenti li rovinerei e non ci sono mica così tanti soldi in casa...
L'ortopedico appunto ha detto ai miei che per raddrizzare quelle gambine, il bimbo dovrebbe pedalare.
"Fatelo pedalare!". diceva.
Per la schiena faccio da allora e anche adesso almeno 300 giorni all'anno degli esercizi che mi tengono in piedi. Questi fatico a trovar la voglia di farli ma per quanto riguarda la pedalata, non ho mai faticato a trovar la voglia.
Sono su quella meravigliosa graziellina microscopica che è ancora appesa nel garage dei miei zii.
Ogni giorno completo almeno qualche giro del cortile, con mio cugino, da solo, o con mia sorella o mio zio ...che mi piace un sacco perché con loro si può andare fuori a gironzolare sulla stradina o per le campagne.
Anche in cortile però non mi annoio mai.
Tenetemi anche fermo un'ora ad aspettarvi in un luogo largo tre metri per tre, datemi una bici e state tranquilli che io trovo sempre qualche cosa da fare!
Noi giravamo, facevamo gare, imparavamo ad andare senza mani con le inevitabili spelature, croste e cicatrici.
Avevamo i vestiti con le toppe sui gomiti e sulle ginocchia ed eravamo felici.
Io lo ero alla follia.
Dopo tre mesi trascorsi in montagna in un luogo incantato ma senza bicicletta, a due anni e mezzo e qualcosa, arrivò finalmente il momento di togliere le rotelle e far diventare quella cosa simile al triciclo, un mezzo performante e in grado di piegare in curva...
Nella vita sono sempre stato uno lento ad imparare e a digerire nuovi argomenti, ma all'assenza delle rotelle io ero già pronto da tempo.
Pronti, via, una spintarella sulla schiena e parto come un bolide con la gioia e i sogni nel cuore che diventano sempre più giganti ad ogni pedalata.
Ricordo che faticavo a frenare e ci volle un po' di tempo, qualche mese e qualche centimetro in più per apprezzare ciò che si poteva fare con l'unico freno della mia belva.
Ricordo che perdevo sempre le gare di velocità con mio cugino che era più grande di quasi un anno e aveva sempre biciclette più grosse, ma io mi battevo sempre al limite e ne uscivo sempre scornato.
Col senno di poi, il risentimento per le batoste di infanzia e le conquiste mancate di gioventù hanno rovinato buona parte della mia e probabilmente anche dell'altrui vita in quegli anni.
Però mi ha fatto crescere forte come un combattente e ora ho la fortuna di averlo vissuto, di aver capito molte cose e di goderne appieno. Nonostante le batoste però, i sogni non me li toglieva nessuno.
E, nonostante tutto, quando pedalavo ero felice.
Adoravo andare lontano! Andavamo in campagna, per le cascine.
Ero piccolo ma pedalavo. Qualche chilometro s'intende.
Ai cartoni animati preferivo un bel giro in bicicletta e, se cadevo in un fosso o dentro un campo, oppure mi consumavo un po' di pelle sulla strada perché sbagliavo qualcosa, non mi demoralizzavo e il gioco valeva la candela così come ora.
Il mio era ancora un paesello circondato dai campi e staccato dalle sue frazioni.
I cambi di pendenza non venivano spianati e asfaltati e, per chi la cercava, l'avventura era dietro l'angolo.
I pantaloncini sembrano quelli di Topolino ma chi se ne importava di come ero vestito?
E io la cercavo l'avventura!
A partire da quella curva in cortile delimitata dai vasi degli oleandri.
I vasi erano di due tipi: un tipo, se lo prendevi, ti lasciava le schegge di legno sotto la pelle, l'altro tipo, di cemento grezzo, i tuoi pezzi di pelle se li prendeva lui.
In realtà c'erano altre due alternative: completare la curva o capitolare in terra, sfregare le toppe e cambiar le croste!
Ricordo come fosse ieri la sensazione di instabilità del piccolo bolide che, una volta in piega, rollava ondeggiando pericolosamente a destra e a sinistra ma, quei dieci chilometri orari mi sembravano cento e respiravo già, insaziabile, la velocità e l'accelerazione.
Crescendo poi la velocità e la stabilità aumentarono parecchio.
Potevo finalmente usare l'unico freno anteriore per regolare la velocità in entrata di curva e mi sentii sicuro di poter cambiare mezzo una volta che amaramente dovetti dire addio alla mia piccola belva.
Questo succede tutt'ora e, da quando me ne sono accorto, tengo le mie cose vecchie, più che per ricordo, per non dovergli dire addio!
Alle bici poi, come ad altre cose e persone, mi affeziono anche troppo!
Arrivò così, di seconda o ennesima mano, un bolide rosso con manubrio sportivo piatto ...come sulla bici "grande" di mio fratello che poi divenne mia qualche anno dopo!
Feci di tutto per rompergli un parafango e farla somigliare a una bicicletta da corsa e, in realtà, viste le volte che ero per terra, non ci misi molto.
Ogni tanto, in giro con mia sorella, parcheggiavo violentemente sottosopra in qualche marcita scapottando allegramente!
Man mano che crescevo, i giri si allungavano sempre più e adoravo stare in giro tantoooo e così è anche adesso!
Ero una spugna nell'imparare l'arte del gironzolare...
Con la bici rossa senza parafango posteriore, o meglio, con solo metà del parafango posteriore, si potevano fare molti km e andava fortissimo.
Nelle gare di velocità con i parenti e gli amici di sempre cominciavo a diventare competitivo ma quasi mai primo!
Ricordo le compagne e i compagni di viaggio di mia sorella, primo tra tutti il Renzo C. che trovo ancora oggi in giro con la stessa bici o almeno una simile e, ogni volta che lo saluto come allora, torno indietro nel tempo a quando dovevo chiedere a qualcuno di accompagnarmi per poter uscire in bici e viaggiare con le gambe e il cuore!
Mia sorella poi non esitava a propormi un giro in bici e sapeva già qual'era la risposta.
Dovrei chiederglielo se me lo diceva perché le piaceva portarmi in giro o se era perché il ragazzino doveva pedalare o perché in bici ero facile da gestire o chissà.
Ora a me piace e mi dà soddisfazione portare in giro suo figlio, quando posso ed ha imparato con me ad andare senza rotelle ...e pure con la neve!
In quel periodo mia sorella mi insegnava i vari sentieri e le stradine di collegamento tra le varie cascine e tra i vari fontanili della zona.
Io cercavo di memorizzarli. Con quelli vicini me la cavavo bene ma ero ancora un po' giovincello per quelli lontani e questo portò a simpatiche conseguenze!
Adoravo scoprire posti nuovi a bordo del mio mezzo con la forza delle mie gambe e questo si sarebbe risolto in futuro con decine di migliaia di km di pura esplorazione sia in strada che fuori strada alla fine degli anni 80, i primi anni pionieristici della mountain bike in Italia, senza interruzione fino al 1997!
Anche quella belva rossa cominciò a diventar stretta e quando la sella uscì definitivamente dal piantone, si dovette sostituirla.
Nel frattempo si partiva per la montagna e in legnaia c'era un residuato bellico di mia sorella: una graziella azzurra.
Era al limite della piccolezza ma mi andava bene e, in mancanza d'altro e, soprattutto di soldi, i miei in collaborazione con mio fratellone che cominciava a diventare almeno adolescente, la sistemarono e la misero nel caravan pronto per essere portato in Val Veny attaccato alla Fiat 124 special di Papà.
Alla graziellina non cambiarono gli pneumatici che risentirono dell'età e dell'ambiente di conservazione e scoppiarono irrimediabilmente il primo giorno durante il secondo giro...
Quelli furono i miei primi due giri in bici in montagna!
Ci avevo fantasticato su tutto il tempo del restauro del mezzo creandomi delle aspettative di bellezza infinita.
Quella bici non mi piaceva un gran che, ma pensavo:"Chi se ne importa! Ci vado in montagna!!!".
E fu abbastanza.
In quel giro e mezzo dell'enorme camping, di cui una buona parte a piedi per riportare il mezzo sfortunato capii che quella era una cosa fantastica. Fu un'esperienza meravigliosa che impegnò i miei pensieri per un po' di tempo, fino a che non la potei ripetere...
Le vacanze, anche senza la bici, passavano sempre bene grazie al cielo.
Non c'era quasi nessuno che mi prendeva in giro perché non sapevo giocare a calcio o perché ero gentile e sincero o perché non dicevo le parolacce...
In montagna ero sempre più felice e meno antipatico che a casa! Avevo qualche amichetto e cominciavo ad avere anche qualche amichetta.
Ero troppo piccolo per capire le cose che non andavano, c'era da mangiare abbastanza, si camminava, si facevan dighe sui ruscelli, si calpestava la neve, si andava a mirtilli, a prender l'acqua alla sorgente, il latte dalle mucche della signora Giuditta e il tempo era scandito dal fragore dei seracchi del ghiacciaio della Brenva che si schiantavano di fronte a Notre Dame de la Guérison.
Capitolo 2 - Le medie
In realtà forse ero all'ultimo anno di elementari e l'idea di non avere una bicicletta non mi andava.
Avevo anche riprovato ad usare la rossa. Troppo piccola! Poi provai la grande da 24 pollici che aveva appena mollato mio fratello ma era troppo grande e mi schiantai subito su una sbarra di ferro a cinquanta metri da casa...
Ero il primo della fila in ordine d'altezza e certe cose non potevo permettermele.
Fu così che avvenne un miracolo.
A mio cugino di Rho era diventata stretta la sua bicicletta e non la usava più.
I miei zii allora me la regalarono.
Non era una bicicletta ma un arma letale a disposizione di un bambino assetato di velocità.
Una delle cose più fighe che abbia avuto a mia completa disposizione, insieme ai miei sci e alle ultime due biciclette.
Un proiettile biammortizzato verniciato oro fiammante con parafanghi argentati. Telaio ultramassiccio a tubi ricurvi grandi al centro e piccoli lateralmente.
La Saltafoss!
Ora, per molti che si sono fermati lì, questa è stato il massimo divertimento ciclistico della vita.
Io sono stato fortunato.
Non mi sono fermato e sono sporavvissuto per andare oltre...
Quando vado ultimamente alla montagnetta di San Siro a far salti, salite e discese ripide, incrocio ogni tanto un pischello che si getta a tutta dalla cima giù per i prati con la sua Saltafoss!
Ovviamente ora vado molto più forte di lui ma ogni volta che lo vedo lo invidio un poco e mi sembra di rivivere un sogno!
Spero che anche lui sia fortunato e che non si apra in due il cranio.
Ai miei tempi poi, un casco da bici non sapevamo nemmeno cosa fosse, ma ora...
Ricordo le radici degli abeti rossi e dei larici del Peuterey. Più erano alte, più ci passavo forte e, spessissimo, avevo passeggeri perché con me si arrivava giù prima e fatti di adrenalina!!!
Quando ero solo, cominciavo ad alzarmi in piedi e nessuno da quelle parti mi stava dietro in discesa.
In salita ero instancabile me ancora troppo piccolo.
Quando ero proprio piccolo, ogni tanto mi portava in giro con lui il mio fratellone! Lui seduto normale sulla lunga sella e io davanti.
Data la mia massa muscolare insufficiente a pedalare in salita, cominciai allora a portare questo missile sempre più in alto, spingendola a piedi, sui sassi, sui sentieri vicini, nel greto dei torrenti e sperimentavo i suoi limiti in discesa, ma soprattutto i miei limiti. Già, perché quel mezzo sembrava non averne.
Le estati in montagna con la Saltafoss furono estati grandiose. La bicicletta diventava per tre mesi la mia compagna fidata, il mezzo per andare in ogni posto, ovunque pensassi e senza chiedere il permesso a nessuno.
Non si poteva andare solo nel prato di Alfonso e Giuditta ...e nessuno provava a veder cosa sarebbe successo andandoci. Non ci interessava e poi rispettavamo le regole.
Un anno, senza però abbandonare la mia due ruote, complice un po' di coordinazione finalmente acquisita, feci amicizia col pallone da calcio e giocai e mi allenai molto con una giovanissima promessa della Sampdoria e suo padre. Ero bravo, diceva! Incredibile! Io bravo a calcio...
Rischiai pure di iscrivermi nella società calcistica del paesello ma a fine estate, quando i miei allenatori personali cominciarono a farmi sgambetti per non farmi fare goal e cercarono di insegnarmi che fare i falli era consentito, che in certi casi avrei dovuto farne e che così l'altro non avrebbe segnato, decisi di smettere con questo sport e di limitarlo a rare ma divertentissime partitelle tra amici con tanti goals e pochi falli tutti comunque involontari.
La mia mitica Saltafoss intanto cominciava a perdere i pezzi. Una leva del freno e un parafango erano andati e quando i freni finirono e anche l'ultima leva decise di staccarsi dopo l'ennesima caduta, non potei più lanciarmi a capofitto per i dirupi o lungo le stradine del campeggio, figuriamoci avere passeggeri o passeggere...
Un po' riuscivo anche io a crescere in centimetri e fui pronto per la gialla sportiva di mio fratello.
Utilizzai anche quella fino a che il tubo reggisella finì e feci tantissimi giri.
Gli ultimi tempi poi potevo andare anche da solo e i km non si calcolavano più anche se ero sempre nelle vicinanze di casa.
Diventai uno stradista date le caratteristiche del mezzo ma poi finì la gialla e non c'erano più bici che mi andassero bene...
Ogni tanto prendevo in prestito le biciclette di mia madre o di mia sorella e percorrevo giri lunghi e solitari, ma i più lunghi li facevo sempre in compagnia di mio cugino compagno di infanzia.
Il ponte umano
Ci furono anche giri epici con gli amici, più che altro parenti e amici! Mio cugino Paolo racconta ancora ad ogni occasione di un giro in cui perdemmo la strada tra i campi.
Ovviamente era colpa mia!
Non avevo memorizzato abbastanza bene le strade e i sentieri dove mi portava mia sorella da piccolo e proponevo comunque di andarli a cercare...
La bici di mio zio Ambrogio, utilizzata da mio cugino Francesco, aveva un'assicella montata sul tubo orizzontale, ricoperta da un cuscino.
Su quell'assicella eravamo stati scarrozzati tutti noi da piccini.
Questa volta era il turno di mia cuginetta! Dopo ore a girovagare in cerca di sentieri introvabili, decidemmo che per rientrare, la direttissima sarebbe stata la via migliore.
Gli unici ostacoli alla marcia o alla pedalata erano i fossi, ovvero corsi d'acqua per l'irrigazione dei campi. Quelli piccoli non erano un problema ma se ne presentò uno un po' troppo largo per passarci a braccia la piccola cuginetta da una sponda all'altra.
Decisi allora di sperimentare la tecnica del ponte umano.
L'epilogo fu immediato: mi lanciai con le braccia avanti verso la riva opposta e un secondo dopo ero completamente a mollo tranne la testa e i piedi e comunque un po' anche quelli! Fu facile a quel punto prendere in braccio la cuginetta e guadare con indosso i vestiti già fradici!!!
In via del tutto teorica io e mio cugino Francesco non potevamo mai allontanarci troppo ma ci allontanavamo sempre il doppio della distanza dichiarata coi rispettivi genitori, io con la bici da donna dei miei e lui con la bici da uomo di papà. Tutti erano dei gran mezzi gloriosi e veloci e ci sono ancora!
Ci spingevamo in giri di 60 km come bere un bicchier d'acqua e facevamo riferimento alle fontanelle per strada e null'altro. Nemmeno avevamo una camera d'aria di scorta e avremmo saputo anche cambiarla ma non l'avevamo...
A Ticino
Che emozioni. Esplorammo le rive del Ticino e un paio di volte ci andammo a fare il bagno all'insaputa dei genitori che altrimenti ci avrebbero linciato perché il Ticino è pericoloso ed è vero! ...ma noi andammo solo in un innoquo e tranquillissimo ramo laterale. Avevamo già un minimo di coscienza!!!
Fu un emozione doppia, poco tempo fa, tornare con la mia amica Eli in bici, nello stesso posto e nuotare un po' con lei!
Ogni giro che compivamo, mi sembrava di percorrere una tappa del Giro d'Italia e ad ogni piccola salita della valle del Ticino sognavo di trovarmi sui grandi passi dolomitici che avevo visto in televisione e di cui raccontava spesso e volentieri mio Papà che ci era stato in vacanza in bicicletta a vent'anni.
Eccolo qual'era il mio sogno: il Giro d'Italia ...ma non farlo e basta. Vincerlo!
Ahimè. Ce ne ho messo di tempo a digerire il fatto che non ho mai nè partecipato, nè men che meno vinto il Giro d'Italia...ma ci son riuscito ed ora ho solo un po' di nostalgia di quando in salita andavo veramente forte!
Prima però di questo periodo confuso, pensavo ininterrottamente che avrei compiuto di lì a poco i quindici anni e a mio fratello a quell'età avevano regalato la Bicicletta da corsa ...nuova!
Io sognavo la mia bici da corsa che sfrecciava sotto i traguardi e sognavo di me mentre guadagnavo la maglia rosa in un arrivo in salita per distacco...
Fu conoscere Mirko, diventato mio compagno di banco alle superiori, che cambiò il mio approccio alla bicicletta una volta per tutte.
Lui faceva trial con una bmt, una bici costruita per fare trial appunto. Faceva salti, acrobazie e passaggi difficili.
Non ho conosciuto personalmente molte persone con quella classe alla guida di una bicicletta.
Beh. Dopo pomeriggi e giornate a distruggere la graziella rossa cercando di fare trial e salti, dopo aver ripristinato la saltafoss senza freni imparando a frenare girandola in sgommata, dopo averle distrutto le piastre che reggevano le forcelle ...e soprattutto dopo aver visto e provato la nuova mountain bike di Mirko, decisi di cambiare programma.
Capitolo 3 - Le grandi
Confessai, al limite della fine dei 14 anni che la bici che avrei desiderato una volta compiuti i 15, non era più una da strada ma una mountain bike.
Il fatto che poi al giro d'Italia qualcuno arrivava dalle discipline off road, non fece cambiare i miei sogni in maglia rosa!
Nell'incertezza degli eventi futuri arrivò finalmente Natale 1988 e una nuovissima e fiammante mtb bianca con un tocco di giallo che non guastava...
Era sera e i miei mi fecero andare in garage con qualche stratagemma che non ricordo e il passaggio era bloccato dalla mia bici nuova!
Fu una gioia grande.
Dal giorno dopo, il mio onomastico, andai così tanto in bici che probabilmente nessuno ci avrebbe pensato prima ...tranne me.
Pedalavo un sacco da solo.
Seguivo spessissimo Mirko e cercavo di imparare quel che lui faceva ma non ero molto veloce a imparare. Non lo sono mai stato! E sembravo piuttosto negato nei suoi confronti!
Alla mattina a scuola, quando quelli di quinta dichiaravano che c'era manifestazione, ne approfittavamo, tornavamo a casa come dei proiettili e giravamo in bici anche al mattino. In pochi mesi totalizzai un sacco di voli, croste, gomiti consumati e stinchi a pezzi ma anche grandi soddisfazioni come i primi saltini in mtb, il passaggio di ostacoli e le curve veloci...
Comprammo anche due caschi. Sembravano due tazze. Erano enormi e pesanti quasi come un casco integrale ma ci salvarono la pellaccia un paio di volte!
Ci eravamo resi conto del pericolo a cui ci esponevamo sempre!
In realtà non pensavo che un paio di anni dopo avrei raggiunto velocità davvero vertiginose e superato pendenze paurose e pazzesche, ma mi spingevo sempre oltre quel che imparavo e così imparavo altro ancora.
Io però ero lento, impacciato, come spesso anche ora. Mirko era sempre avanti e mi sembrava di esser tornato ai tempi delle batoste che prendevo da piccolo da mio cugino Francesco!
Era sempre una complicità, anche se era ricca di sfida e di confronto. A volte mi dava fastidio ma avevo 15 anni e un caratteraccio che poi è pure peggiorato... La maggior parte delle volte però mi entusiasmava il limite che andavamo a cercare insieme, nuove manovre da sperimentare e imparare!
Ricordo come fosse ieri un pomeriggio di febbraio dell'89 che caddi in un fosso cercando di imitare una curva stretta che Mirko fece a 5 cm dalla riva! Eh già! Di nuovo nei fossi!!!
A sei chilometri da casa. Cominciai a pedalare per tornare ma, fradicio com'ero e col freddo che faceva, congelavo, allora tornai di corsa e Mirko mi portò la bici a fianco della sua!
Certe cose si fanno tra amici, non tra nemici! Era bello!
A scuola andavo bene. Avevo tutti sette tranne in Inglese. Avevo preso un quattro e i miei, per costringermi a rimediare, mi vietarono di utilizzare la bici.
Avevano capito che era l'ultima chance e, probabilmente, anche gli ultimi tempi in cui avrebbero potuto vietarmi davvero qualcosa.
Me la vietarono davvero e io fui stressatissimo.
Nella successiva verifica presi otto e mezzo e, appena arrivato a casa con la prova da firmare, uscii con la mia belva fino al buio!!!
Fu il tempo della prima esplorazione dei sentieri sulle rive del fiume Ticino con l'amico Mirko.
Lo ricordo come fosse ieri.
Che sensazione splendida.
Non solo era stupendo guidare su quei sentieri ma vi trovai un ambiente naturale incantato.
Il bosco sembrava parlarmi e da allora in poi frequentai spesso quelle zone cercando emozioni di guida e il contatto con la natura.
Arrivò l'estate e andai a Rhemes pieno di aspettative ciclistiche e non.
Era la seconda estate che avevamo cambiato camping e meta per quel luogo in cui avrei poi lasciato pezzi di cuore.
Appena possibile, presi la mia bici e mi lanciai in discesa. Ero vestito da spiaggia! La canottiera arancio svolazzava allegra al crescere della velocità e imparai subito che non era cosa buona quando una vespa si infilò e mi iniettò il suo veleno in cinque punti diversi.
Da allora imparai che bisognava vestirsi in un certo modo e non a caso!!!
Andai ovunque, ma sempre a piccoli tratti alla volta.
In salita pedalavo come un forsennato e mi veniva il fiatone. Poi la discesa me la godevo ma sentivo parlare di salite mio padre e mio fratello e io mi chiedevo come si potessero fare così, senza mai fermarsi...
La Valsavaranche
Mio fratello non veniva in vacanza con noi. Ci veniva a trovare qualche giorno e, per mia fortuna portò la bici pensando di fare qualche giro con me.
Gli spiegai che non riuscivo a fare lunghe salite e lui mi disse:"Domani ti insegno io ad andare in salita! Andiamo a Pont in Valsavaranche".
Non mi capacitavo come avrei potuto fare una salita così lunga ma grazie a lui, la Valgrisanche fu la mia prima salita asfaltata vera sulle Alpi.
Io riuscivo già a passare pendenze estreme ma non sapevo pedalare di continuo su una salita pedalabile ma lunga.
Quel giorno il mio fratellone mi aprì un mondo! Mi insegnò a dosare il ritmo della pedalata, a renderlo sostenibile, a scegliere il rapporto adeguato e in quattro e quattr'otto ci ritrovammo a Pont!
Che emozione!!!
Io in compenso gli aprii le porte al fuoristrada vero e gli feci portare la bici in luoghi dove di bici, fino ad allora, non ce n'erano mai state o a volte dove ce n'erano state poche, come al rifugio Vittorio Sella.
Di quel giorno ho una splendida fotografia appesa in camera. E' una delle poche della mia bici bianca e gialla. Io ero ancora piccolo con le gambe glabre e la bici enorme!
Anche l'amico Claudio, a Rhemes portò la bici, una Specialized Rockhopper e ci dilettammo a imparare a superar pendenze mica da ridere raggiungendo alpeggi e luoghi sperduti. Chissà come facevamo con quei mezzi?
Già ma, ragazzi, cuore, gambe e polmoni funzionavano come si deve e il cervello pensava a quello e poco altro!!!
A proposito poi dei pezzi di cuore, imparai anche che avrei lasciato ovunque molti pezzi di pelle e di certo ne avrei lasciati a Rhemes!
Sperimentai anche l'efficacia del casco portandomi a casa la faccia intera nonostante una strisciata che mi consumò qua e là ma soprattutto mezzo braccio sinistro e di cui porto ancora cicatrici indelebili...
Imparavo a bilanciare i pesi in curva.
Le gomme già da nuove erano lisce e il telaio molto rigido e grosso. L'uscita molto veloce da una curva che, a metà, da asfaltata diveniva sterrata, mi fece andar giù a pelle d'orso col braccio sinistro che strisciava sotto il corpo. Vedevo la strada passare pericolosamente davanti alla faccia e poi per qualche giorno, con due polsi slogati dovetti rinunciare alla bici.
Al momento, il refrigerio di una fontanella di acqua gelata mi fece arrivare a casa ottimista pensando a minori conseguenze...
Quell'estate fu come un sogno.
Avevo una bici per andare dove e quando volevo e poi un giorno, mentre ero semisdraiato sul sedile anteriore della macchina ad ascoltar musica, vidi una ragazza a cavallo che era bella come una fata!
Pensai:"La devo conoscere!"
Tre giorni dopo come per incanto mi ritrovai a gironzolare con lei.
Portava una treccia di capelli come usava spesso Criss Evert la tennista e la soprannominai Criss! Aveva un profumo magnifico e mi guardava nel cuore. Ero magrissimo e probabilmente non ero un gran bel vedere!
Andai anche a trovarla, in bici ovviamente.
Era la prima volta!
Non era ancora ovvio in realtà ma, in futuro, sarei andato a trovar molta gente sulla mia bici!
Ancora meno ovvio, lei volle seguirmi in bici per qualche chilometro...
L'ho sempre apprezzato quel gesto anche se penso che uno sport vada fatto per amore dello sport e curiosità e non perché si vuol stare con qualcuno o qualcuna, comunque fu bello e la ringrazio per questo.
L'estate però finì e io e la mia bici approdammo in pianura con una dose maggiore di capacità di guida e l'autunno passò inventandosi le montagne in pianura e nuove prodezze.
Pensai anche alla nuova amica ma ci pensai e basta anche se ci pensai tanto.
Anche questa fu la prima volta e ce ne furono altre in cui pensai e basta, senza imparare...
Ricordo un pomeriggio passato sul piazzale della stazione a imparare a pedalare stando seduti sul manubrio guardando verso la ruota posteriore, le prove di equilibrio su striscette di cemento, le miriadi di volte che ho cercato senza successo di girare la bici in testacoda di trecentosessanta gradi...povere gomme!
Bici/scialpinismo 1
Tornai anche a Rhemes un giorno d'inverno e mi trovai a pedalar su tracce di scialpinisti...le gomme però erano davvero troppo lisce e cominciai a pensare a un restyling massiccio della mia belva, gomme comprese.
Lezioni
Quel giorno d'inverno, appena abbandonata la neve, mentre scendevo su asfalto, un bimbo scappò dalla mano della madre e me lo ritrovai davanti mentre andavo a forte velocità, ben oltre i 70km/h.
Fortunatamente, a soli quindici anni, non imparai la lezione uccidendolo ma la imparai eccome.
E lui e sua madre furono fortunati a trovare me.
Oggi mi vengono i brividi quando vedo certa gente in bici sui marciapiedi, in mezzo alla gente, peggio ancora passare vicino alle porte dei negozi o delle abitazioni e vedere automobilisti e motociclisti infilarsi a più di 30km/h in certi viottoli senza visibilità laterale...
Tornando alla bici, purtroppo però era un po' debole e in seguito cominciò a cedere da ogni parte.
Cominciai anche a non apprezzarla molto e oggi mi dispiace per questo.
Non avevo molta riconoscenza per le cose che avevo a quindici anni.
I miei genitori capirono che la bici non ce la faceva e alla mia proposta di restyling, visto quel che costava, mi proposero un cambio di bicicletta.
Addio alla bianca e gialla e benvenuta StumpJumper
"Qualcosa di robusto!" disse mio papà.
Sulle pagine della rivista Airone, in quel periodo spiccava la pubblicità delle biciclette Specialized! Era capitato che durante un terremoto importante, il proprietario di una Specialized fosse rimasto illeso perché il telaio della sua bicicletta fermò una trave che altrimenti lo avrebbe travolto...
Allora è una bici robusta pensai e ne proposi l'acquisto.
La mia ambizione e il mio essere incontentabile mi spinsero a proporre l'acquisto di una Stumjumper, il modello studiato per le competizioni. L'allestimento non mi interessava. Sarebbe stato comunque buono.
I miei autorizzarono l'acquisto che come intermediario avrebbe avuto il nostro ciclista di paese e di famiglia, vecchio amico di mio papà, il mitico Nino Rossi...
Durante i tre mesi di attesa promisi ahimè la bici bianca e gialla in vendita al Nino che la promise ad un cliente bell'e che sistemata.
Scrivo ahimè perché in quei tre mesi scoprii alcuni pregi della belva e, soprattutto, mi ci affezionai!
Attaccato alle cose che perdo o che sto per perdere...mannaggia. E allora non voglio più perderle! ...lo Ste che non impara...
Comunque arrivò finalmente il 31 maggio 1990, mi separai soffrendo un po' dalla bianca e gialla e arrivò la mia nuovissima e fiammante Specialized Stumpjumper, nera con dei piccoli riflessi brillanti rossi, le scritte sottili e anch'esse rosse.
Erano finiti temporaneamente i colori sgargianti e i contrasti cromatici degli anni 80.
La mia bici era nera, tutta nera. Era stato amore a prima vista quando sfogliai il catalogo della Specialized.
Lei, da allora in poi, sarebbe stata la mia compagna di viaggio da lasciare in cantina in attesa di essere usata e maltrattata a mio piacimento.
Uno dei motivi per cui ho sempre preferito la mia bicicletta alla compagnia fissa di una donna è che la bici la puoi "dimenticare" in cantina e quando la riprendi è lì per te, pronta all'uso.
Non mi piace prendere in giro la gente, men che meno le donne e, dopo sfortunate esperienze passate, ho capito che, per ora, non è il momento di impegnarmi e quindi non è il caso di usarle come la mia bici a meno di interessi comuni, comune disimpegno o impegno e bene reciproco...
Non prendetemi per freddo o insensibile. Tutt'altro! Semmai è proprio il contrario.
...e poi comunque alla fine però mi innamoro e faccio una marea di casini!!!
Se non considero la bici come un oggetto e basta, figuriamoci come posso considerare una donna a cui voglio bene...
Il loro pensiero mi impegna spesso, così come quello degli amici e delle mille cose che faccio in parallelo.
Dovessi morire oggi non mi sentirò in colpa per non essermi usato, non aver voluto bene, amato e non aver vissuto con passione.
Piuttosto mi dispiacerebbe non poter fare altro e dovermi fermare lì...ma scriviamo di bici che è meglio!!!
Il pomeriggio del 31 maggio 1990 fu come un sogno in cui sogni di sognare.
Il Nino disfò la macchina mentre andò a ritirarla (lo seppi qualche anno dopo da mio fratello e non da lui) e io partii per il mio primo giro con lo sblocco della ruota anteriore aperto rischiando i denti ma, fortunatamente, non è che se le cose iniziano male debbano poi continuare per forza sempre male!
Fu un gran giorno, per me.
La bici era un missile e, se possibile, da allora aumentai ancora la dose giornaliera di ore e di chilometri in sella.
Mi spingevo lontano, con gli amici o solo, soprattutto da solo.
Gli amici nel frattempo comprarono la mountain bike! Mi ricordo quando andarono a ritirarle.
Si andò tutti insieme a Vigevano.
Mio fratello e Mirko avevano acquistato due mtb con telaio stellare (stellare inteso con i tubi a sezione a stella) da un ciclista di vecchio stampo ma molto innovativo..
Il mio brother che ha sempre avuto spirito affaristico e imprenditoriale e che si deve essere preso anche il mio, aveva contrattato l'acquisto di cinque biciclette a prezzo molto vantaggioso.
Fummo clienti buoni per qualche anno fino a che chiudette l'attività.
Che bello il ritorno tutti insieme!
Io e Lele andammo in bici a Vigevano e gli altri in treno, poi tornammo tutti in bicicletta con la gioia nel cuore.
Io ne provavo sia per me che per loro!
Le uscite con gli amici così aumentarono.
Componevamo un treno mica male. Eravamo sempre fuori in bici e sempre a tutta. Si viaggiava a pochissimi centimetri l'uno dall'altro, cambi regolari.
Col senno di poi avremmo potuto avere ottimi risultati in una crono a squadre.
Superavamo bici da corsa, motorini, camioncini, prendevamo la scia di qualsiasi cosa che andasse a meno di sessanta chilometri all'ora e superavamo qualsiasi cosa che andasse a meno di quarantacinque! Le medie erano sempre molto elevate e, spesso, con le gomme da fuoristrada!
Il mio Brother e il giro del Lago Maggiore
Il mio fratellone, con la primavera, faceva sempre il giro del Lago Maggiore.
Lo fece con qualcuno che non andò più con lui perché tirava sempre e troppo e poi andò con mio cugino Lorenz, uno stradista nato che poi divenne seguace del Pirata per bici, passione, pedalata e aspetto...
Ma noi eravamo pronti.
Si partì in quattro.
Il giro non era quello completo. Dopo essere passati per il San Carlone, a Stresa si prendeva il traghetto per Intra e poi per Laveno. Si attraccava e si tornava da Varese. In tutto 195km.
Fu un'esperienza storica a parte che investimmo uno sciagurato che camminava di spalle a bordo strada ma fu storica anche per questo, anche perché il Lorenz per evitarlo finì giù per una scarpata.
Mio fratello era primo e si scostò in anticipo dimenticandosi di segnalarlo, mio cugino Paolo tirò dritto a testa bassa e fortunatamente non lo prese, io lo evitai scartandolo per un soffio ma il Lorenz lo prese di striscio.
Ad evitarlo non ci riuscì, ma almeno forse limitò i danni...
Risolta la questione tutti in piedi e con le ossa intere, continuammo la gita di ottimo umore e durante quei chilometri capii che con la bici sarei potuto andare quasi dove volevo!
Capii che l'unico limite sarebbe stato il tempo materiale.
La prima volta in Valle d'Aosta
Alla proposta di mio fratello di andare in Valle d'Aosta e stare via tre giorni in bici con tappa di un giorno a Saint Vincent dalla sua morosa, accettai e accettò l'invito tutto il quartetto del Lago Maggiore.
In poche ore coprimmo i 150 km da casa a Saint Vincent e allungammo di cento chilometri fino in Val di Rhemes, in campeggio, dove la signora Nelly ci rimpinzò con litri e litri di thè e poi tornammo a Saint Vincent dove in tre ci pisciammo addosso dal ridere per 24 ore col Lorenz che sparava tonnellate di cavolate e, giustamente, mio fratello e la morosa chi li vide più!
Il giorno dopo pronti via per “una cronometro” fino a casa con vento contrario fortissimo.
A 40km da casa, Paolo accenna ad un lieve malessere.
Entra in un bar col mio brother, esce e vomita tutto quello che ha appena ingerito.
La media scende. Arriviamo a un chilometro da casa sotto i 20 km/h. Ad un chilometro esatto Paolo impazzisce e spara un allungo come fosse resuscitato. Ricordo ancora il mio ciclocomputer che superava i 40km/h di qualche unità per potergli stare a ruota fino a casa...
Tutti felici, tutti contenti.
E Paolo con la febbre a 38 per una settimana!!!
Eravamo così.
Si andava sempre a tutta, sia che si stesse bene, sia che si stesse male.
Si usciva di casa pensando e a volte dicendo:"O muoio o arrivo".
Ci credevamo e fortunatamente capii qualche anno dopo che non era sempre una cosa saggia e che fermarsi, alle volte, non era poi così disonorevole!
Anzi, era pure salutare!
Quella primavera e quell'estate furono davvero epiche. Colonna sonora registrata dalla radio su musicassetta al cromo e stereo portatile sempre a manetta!
La stumpjumper macinava chilometri alla media di quasi duemila al mese e, quando andavo con lei, mi bastava il rumore dell'aria.
Tornato da scuola, mangiavo e poi uscivo più o meno con ogni condizione di tempo.
Come sono contento di vederti
Appena arrivato a Rhemes, presi la Stumpjumper e per caso incontrai Criss e, mentre ero ancora sulla mia bici dissi la mia prima cosa carina a una ragazza!
Era un semplice:"Come sono contento di vederti!" ma non fu così semplice da dire e mi diede molta soddisfazione esserci riuscito.
Allora scoprii che la bici, mentre cammini con una donna può unire o separare, soprattutto separare se la metti in mezzo, ma io quella volta la misi di lato.
Le camminate struscia struscia durarono tre giorni, furono molto belle e mi pareva che da un momento all'altro potessimo accenderci, prendere fuoco ed esplodere...
Portai anche la povera Criss in discesa sulla canna della mia Stumpjumper che, giustamente, non apprezzò molto quando la velocità indicata superò i 50 km/h.
Quindici anni dopo, quando rividi Criss dopo averle scritto delle scuse per un paio di cosette e per consegnarle una canzone, sì, dopo quindici anni, andai a trovarla in bici per essere meno nervoso...
Ci andai con la mia nuova BMX!!! Mi inseguì un enorme cane lupo ...ma ne manca prima di arrivare alla BMX e chissà se ci arriverò?
Non posso ricordare tutti i luoghi, passi, rifugi, alpeggi, dove son stato quell'estate con la mia bella, la bici s'intende!
La bici può essere mia finchè nessuno me la ruba.
Una donna non può. E' di se stessa... e semmai, "mia" lo scriverei tra virgolette.
Siamo noi che possiamo concederci e non possiamo possedere e siamo di chi vogliamo essere.
Ho pochissime foto fatte quell'estate.
Ne ho due o tre al Rifugio Chabod e, appesa sopra al pianoforte, ho un'immagine di me e mio fratello al Rifugio Vittorio Emanuele con la parete nord del Ciarforon piena di seracchi alle nostre spalle.
La tecnica di guida migliorava di giorno in giorno e la velocità aumentava, sia in salita che in discesa.
Ero instancabile, facevo dei tempi da non sottovalutare e la voglia di gare spingeva più delle mie gambe, con forza incalcolabile.
Casa mia - Rhemes
Può essere che già quell'anno tornai da Rhemes in bici...non ricordo con precisione ma può essere. Può anche essere che ci andai qualche giorno dopo esser tornati da Saint Vincent.
Pochi giorni fa ho prestato la mia nuova Giant Anthem X3 biammortizzata all'amico Carletto e l'ho seguito tornando emozionato sulla mia Stumpjumper, però mi son chiesto come facessi a star su quella bici così tirata per così tante ore...ma questo era ancora poco...erano solo dieci ore di viaggio a passo tranquillo.
La belva è appesa in sala alle mie spalle, appena lucidata e sorrido guardandola...
Quell'estate a Rhemes conobbi la Lu, la Stea, Jean, Nadia...
Per fare grandi cose (grandi almeno per me!) devo necessariamente essere ispirato e la Lu, le amiche e gli amici di Rhemes furono una grande ispirazione, così grande da farmi coprire molte e molte volte i 203km che mi separavano da quel posto meraviglioso.
203km ed ero a casa della Stea.
Altri tre chilometri e mezzo di salita media al 10% con punte al 14% ed ero casa della Lu.
Gli altri stavano in mezzo!
Gare e Fisher
Tornato a casa, chiesi ai miei di potermi iscrivere alle qualifiche del campionato italiano d'inverno e la risposta fu un no secco.
Non capivo, non capisco e mi spiace ma non ho mai perdonato i miei per avermi impedito di gareggiare.
Riuscii a convincerli a farmi fare quattro gare ma sembrava mi facessero un favore ed io ero stressatissimo della cosa, costretto a puntare tutto su poche occasioni e via senza avere la minima esperienza.
Per partecipare al Campionato Italiano d'inverno, spinti anche da mio fratello che mi sosteneva e sarebbe stato un ottimo manager, mi concedettero solo una gara a Finale Ligure per qualificarmi e andò male. L'esperienza nulla mi fece prendere parecchie gomitate in partenza e feci un dritto in discesa e un altro concorrente mi venne dietro prendendomi in pieno.
Mentre recuperavo in discesa poi, non superai una ragazza per non essere troppo irruento e non spaventarla e persi almeno un minuto...
Un cavaliere nel posto sbagliato...
Risultato: ventottesimo di categoria a metà classifica. Per qualificarsi era necessario arrivare almeno una volta nei primi 25. Così salutai il campionato d'inverno.
L'incontro con Patrizia Spadaccini
Nel frattempo, mio fratello mi trovò un piccolo sponsor. Era il vecchio sponsor di Mirko che gareggiava già da due anni.
Lo sponsor mi fornì un telaio Fisher Paragon e lo montò con un gruppo Shimano deore xt usato...
Feci una gara a Mornico Losanna. La mia gara migliore di sempre, sfortunata ma buona.
Non era di campionato ma c'erano molti partecipanti di un certo livello tra cui la campionessa italiana Patrizia Spadaccini.
La partenza mi ammazzò un po' perché ero freddo ma la lunga salita mi permise di riprendermi e recuperare. Ero ben allenato e andavo forte.
In discesa superai la Spadaccini su una strada bianca in leggera curva a sinistra. Andavo alla velocità impressionante di 78km/h in aumento...
Ero ottimista.
C'era l'arrivo in salita, le gambe c'erano e di solito i primi Juniores arrivavano con la prima donna.
Alla fine della discesa si ruppe il cambio.
Mi dovetti fermare due o tre minuti di troppo. La campionessa italiana intanto mi superò incoraggiandomi...che stile!
Io provai a ripartire, dovetti rifermarmi, poi inserii un rapporto che speravo fosse buono e tenni quello.
Recuperai di nuovo e superai quasi in fondo alla salita la mitica Spadaccini che si era aggregata a quattro miei concorrenti. Davanti c'era ancora qualcuno della mia categoria ma andavo...
Rimasi stupito quando vidi la strada diventare un falsopiano.
Non potevo sviluppare velocità e prendere chi avevo davanti col cambio malmesso, in più, il treno dei quattro più una mi sverniciò a una velocità folle.
Arrivai settimo o nono, non ricordo. Mi sentivo un nessuno.
Ebbi però la più grande soddisfazione di gara.
All'arrivo, appena passato il fiatone, la campionessa di ciclismo e di stile mi chiamò e mi chiese:"Ma a quanto andavi quando mi hai superato in discesa?".
Poterle rispondere di quella folle velocità, scambiare due chiacchiere e ascoltare il suo stupore e i suoi complimenti, fu il mio riconoscimento morale per quella gara che sarebbe potuta andare molto ma molto bene.
Ero così emozionato che non riuscii a parlarle molto ma almeno la ringraziai credo...
Non pensavo che premiassero tutta la top ten e non mi presentai alla premiazione. Feci anche la figura del cafone, invece pensavo solo di non meritare premi.
Fu mio fratello che arrivò con due o tre bottiglie di vino che gli diedero gli organizzatori avendolo visto con me all'arrivo.
Se ne sarebbe riparlato alle qualifiche di campionato italiano nel 1991...
L'unica gara vinta
Continuai sempre ad allenarmi con voglia, passione e costanza. Curavo l'alimentazione per quel poco che ne sapevo e mi sparavo tantissimi chilometri ma anche curve, sentieri, salite e discese ripide.
Feci anche una gara di duathlon a coppie a Cerano (NO).
Io in bici e mio cugino Paolo che nel frattempo si era dedicato seriamente alla corsa, fece la frazione a piedi.
Vincemmo per netto distacco. Nessuno dei concorrenti era un vero biker o un vero corridore. C'erano solo fortissimi triatleti.
Mirko e mio fratello, dati i sei anni in più del mio brother, parteciparono per la categoria superiore e si piazzarono molto bene.
Sister e Montagne
All'inizio dell'estate, prima della prima gara di qualifica dei campionati italiani, passai una settimana in Val Veny con la mia Sister.
Fu una settimana splendida.
Ogni giorno un giro di allenamento o due.
Andai un paio di volte a trovare gli amici di Rhemes che distava solamente poco più di quaranta km ma, il giro più strepitoso fu quello al Col de la Seigne che purtroppo non raggiunsi perché arrivò la bufera di neve.
Dopo la salita al mattino prestissimo in modo da trovare la neve dura e praticabile in bici, ero molto vicino al colle e mi trovavo su ampi nevai ma le condizioni meteo sconsigliarono di proseguire.
Mi lanciai in una magnifica discesa sulla neve a oltre settanta km orari. Fu divertente anche capottarmi per l'infossamento dell'anteriore in un cumulo di neve farinosa...
Mi allenavo in salita e soprattutto in discesa.
Sapevo che in discesa, sui vecchi percorsi naturali delle gare xc, si poteva fare la differenza.
Oltre agli allenamenti, ricordo la bella atmosfera di quella settimana. Adoravo la Val Veny e, passare una settimana in rifugio fu molto rilassante.
Mia sorella mi scarrozzò parecchio per montagne, anche in settimana quando a scuola ero troppo stressato.
Probabilmente questo, in un certo periodo, mi salvò la vita...
Qualifiche del Campionato Italiano Juniores 1991
Serramazzoni (MO)
Mi fregarono sempre la troppo poca esperienza, la tensione e il destino. Anche la bravura non sufficiente. Fu una mescolanza di scelte sbagliate.
Sta di fatto che le gomitate non le presi. Nemmeno ne tirai. Quando il primo gruppetto andò via, tappai il buco e rientrai.
Ci proiettammo poco dopo in fila indiana su un sentierino molto sconnesso e bellissimo. Ero messo bene.
Perdetti la borraccia.
Uno normale con esperienza sarebbe andato avanti a spingere a tutta senza farsi problemi. Io invece pensai che non potevo restare senz'acqua.
Mi fermai a raccogliere la borraccia e mi superarono tutti. Proprio tutti.
Fu un recupero disperato e all'impazzata il mio. Su questo sentierino infilavo chiunque mi trovassi davanti. In salita spingevo fortissimo. In piano andavo come una scheggia e in discesa volavo.
Andavo decisamente troppo forte in discesa. Ero impazzito, al limite della frenesia.
Sentivo che tutto mi scappava dalle mani, soprattutto la mia vita.
Uscii da una curva fortissimo e non mi schiantai per miracolo su un Land Rover Defender dell'organizzazione che procedeva piano in mezzo alla traccia. Pochi minuti dopo intravidi un paio di bici giù da una scarpata davvero ripida dietro una curva pericolosissima e alcuni soccorritori che armeggiavano là sotto.
Avrei dovuto intuire che non era il caso di andare così forte.
Su una strada a tornanti piuttosto sconnessi vedevo la velocità pulsare ripetutamente fin poco sotto i 70km/h e il successivo rettilineo sentii la terra mancare sotto le ruote.
Mentre ero in volo mi gridarono:"Pianooo" ma la mia Fisher Paragon XT non era dotata di flaps.
Fu un disastro.
Atterrai in mezzo a canali e tracce di motocicletta su fango essicato. La bici sbacchettò a destra e sinistra. Feci di tutto per tenerla per qualche decimo di secondo poi andai a terra nel peggiore dei modi, sbacchettando di lato.
Capottai non so quante volte, almeno tre insieme alla bici...
Stordito mi rialzai subito, due calci alla sella, qualche imprecazione e giù di nuovo a rotta di collo.
Dopo pochi metri, i dolori lancinanti alla spalla destra mi costrinsero a fermarmi e a ripartire pian piano incapace di guidare in discesa.
Mi superarono ancora una miriade di Juniores ed ero incapace di difendermi.
Mi versarono tonnellate di acqua sulle ferite lungo tutto il percorso ...e io mi ero fermato per una borraccia da mezzo litro!
Mi sentii un deficiente.
In salita recuperai un paio di minuti al venticinquesimo a forza di gambe e a denti stretti ma non bastò. Ventottesimo a trenta secondi dall'essere qualificato e grandissima amarezza e delusione nel cuore. ...anche un po' ora che scrivo.
Pensavo proprio di averla digerita del tutto...
ma più o meno sì, dai.
Era finita anche se speravo di potermi rifare con una gara che ci sarebbe stata due settimane dopo nel Biellese.
La sera a casa, sapendo che i miei non erano d'accordo con le gare e che probabilmente non me ne avrebbero più concesse, nascosi i dolori lancinanti, l'immobilità del braccio destro, le botte e le abrasioni profonde che mi medicarono in ambulanza nel dopo gara...
La mattina dopo i miei sarebbero partiti per le vacanze. Bastava tenere botta per una sera e non si sarebbero accorti di nulla, se non fosse che mia madre venne a salutarmi il mattino dopo mentre dormivo e si sedette quasi sulla mia spalla destra.
Ricordo ancora il dolore di quel risveglio.
Fu allucinante.
Dopo l'urlo di dolore, cercai di mascherare la gravità della cosa e i miei partirono.
Dopo qualche giorno provai a pedalare ma non riuscivo a tenere il manubrio.
Fu un errore partecipare alla gara successiva.
Se l'infortunio era già grave, in quel frangente peggiorò nettamente.
Ero in posizione di qualifica alla fine della prima salita, poi in discesa mi superarono anche le lumache. Conclusi comunque la gara.
Non avevo una cultura riguardo gli infortuni.
Oggi vedo gli atleti che si curano, smettono, riprendono con esercizi mirati e poi tornano in sella a poco a poco. Io mi sfracellai sia nella botta, sia soprattutto nel periodo successivo.
Decisi di andare a Rhemes sperando di allenarmi per poter combattere all'ultima gara di qualifiche a fine luglio ma poi non ci andai.
Mio fratello mi disse che avrei dovuto solo partecipare e mi sarei qualificato ma io non riuscivo ancora a guidare il mezzo.
Quell'anno imparai a fare quasi ogni cosa con la mano sinistra.
Fui dispiaciuto che il mio brother pensò che io non volessi andare alla gara per restare con la mia amica di Rhemes.
Per quanto le volessi bene, per me i campionati italiani erano una priorità netta. Lo furono fino all'ultimo, quando con molta amarezza, dissi a mio fratello che non avrei fatto l'ultima gara di qualifica.
Mi si spezzavano contemporaneamente i sogni, il cuore e il cervello.
Quelli dopo, furono anni molto difficili.
A fine agosto la spalla faceva male ma riuscivo a guidare. Feci una garetta di paese a Rhemes e andai come un missile, mannaggia. Il tempo fu ottimo anche se non vinsi perché lungo il breve percorso c'erano degli ostacoli che non andavano nemmeno sfiorati ma non fui attento alla spiegazione, li anticipai e li toccai tutti e presi decine di secondi di penalità!!! Ma faceva nulla. Mi divertii un po', feci spettacolo e vabbè, i campionati ormai erano andati.
Fu difficile per me dover rendere conto al piccolo sponsor.
Di certo, col senno di poi, a lui non andò così male. Con un piccolo investimento videro la sua maglia e la sua bici ovunque nel circondario, tutti i giorni, per otto mesi e, quando un ciclista va abbastanza forte, si prende sempre un po' di merito anche la bicicletta e qualcuno poi se la va a comprare...
Ora, nei suoi confronti, sono sereno!
La rissa
Restituii il mezzo chiedendo di poterlo acquistare ma sarebbe tornato in Fisher.
Peccato. Mi piaceva anche se, durante una rissa in mezzo alla strada con dei muratori che sparavano acqua sui ciclisti con una pistola dal loro camion, uno di questi figuri mi ammaccò la bici lanciandola su un paracarro.
Fortunatamente sono sempre stato troppo piccolo per fare troppo male a mani nude, altrimenti non mi sarei limitato a pestargli il mio casco sulla sua faccia e la questione sarebbe finita molto peggio. Ne uscì peggio il furgone che si trovò le portiere incassate a calci. Il tizio allora cercò di vendicarsi riuscendoci benissimo...
L'ordine degli eventi però fu questo.
1-Bagnata di acqua mentre stavo tirando forte con mio cugino Paolo a ruota e rischiai di cadere.
2-Insulti vari ma poteva essere finita lì.
3-I tipi si fermano e mi ribagnano.
4-Dal sottoscritto partono i primi calci alla fiancata destra del furgone.
5-mi ribagnano e io cambio fiancata.
6-altri calci.
7-I tizi scendono e il guidatore se la prende con me.
8-Paolo tiene a bada gli altri quattro. Lui poteva!
9-Da alcuni capannoni nelle vicinanze esce gente, ci separano, prendono la targa del furgone e me la consegnano.
10-con la coda dell'occhio vedo lo schifoso che si defila, prende la mia bici e la picchia sul paracarro.
11-a nulla serve rincorrerlo e insultarlo di nuovo, perché si defila col suo schifosissimo camion e i suoi schifosissimi colleghi.
Di nuovo sulla Stumpjumper.
Già, di nuovo!
Cosa mi restava?
Gli amici con cui si gironzolava, una buona tecnica di guida e gambe, cuore e polmoni d'acciaio...
Con Mirko si parlava spesso anche di inventarci i maestri di Mountain Bike, come sulla neve per lo sci. La gente a cui lo dicevamo era scettica ovviamente. Un po' perché la gente è sempre scettica delle cose nuove e un po' perché pensa che andare in bici sia solo pedalare...che poi anche pedalare bene lo san fare in pochi!
Girai molto, con alti e bassi.
Nel frattempo correvo a piedi e da marzo a maggio si facevano le maratone non competitive in giro per la Brianza, il Varesotto e la Bergamasca.
Una 42km alla settimana mi consumò un po' le articolazioni ma mi piaceva.
Preparai anche una 100km che andò molto male ma riuscii a portarla a termine.
A volte la condizione ciclistica non era perfetta ma, se non correvo, andavo in bici, quindi riuscivo ad essere sempre mediamente allenato...
Il carrello
Parlando di corse, per molti anni partecipai con tutta la famiglia all'organizzazione di una corsa che portava al mio paese circa 5000 iscritti. Era un bel lavoro ma ci si stancava parecchio e, quando non mi scarrozzavano la mia sister o il mio brother, avendo come unico mezzo le mie gambe e la bici, giravo con quella.
A fine lavori, recuperammo l'ultimo materiale da portare a casa, lo caricammo e via.
Dal ponte del Naviglio Grande vidi appena sotto le ragazze della Fulgor, la mia Sister con le altre del gruppo podistico e io le salutai con ampi gesti della mano.
Il saluto durò pochissimo perché tamponai quello davanti a me.
C'erano alcune auto sul ponte.
Ero un po' stordito e non mi sembrava di aver tamponato un auto...
Tra tutte le cose che potevo tamponare ero finito fortunatamente dentro il carrello pieno di cianfrusaglie e trainato dalla Giulietta di famiglia! Nessuna conseguenza per fortuna a parte l'ennesima figuraccia.
Ne feci tante di figuracce in bici: Cadute in velocità, cadute da fermo, il canestro nel carrello, ma non mi toglievano mai l'entusiasmo.
Mi insultarono persino scrivendo a caratteri cubitali sul ponte del paese:"ROSSIGNOLI BICIDIPENDENTE".
Sai che insulto! A me piaceva e ci impennavo davanti. Sapevo impennare solo in curva e in velocità e le due curve del ponte si prestavano per impennate in uscita di curva a velocità elevata!
Maturità e Colle del Nivolet
E' vero. in quel periodo studiavo poco, solo alcune materie e a scuola ero uno studente discutibile. Avevo perso l'entusiasmo per lo studio a causa dei rapporti difficile che avevo con alcune persone.
Oggi, quando lavoro come tutor per ragazzi in età delicata, cerco sempre di sottolineare che non si studia per i professori o per i compagni ma per se stessi e semmai per chi ci sta vicino.
Nonostante la mia avversione per il triennio della scuola superiore, dovuta al mio caratteraccio, alle incomprensioni e alla mia lotta personale con certi docenti e ad altre cose ancora, mi ammisero alla maturità con cinque materie sufficienti contro quattro insufficienti.
Allora per prepararmi agli esami e "studiare" andai in montagna.
Prima con mia sorella andai a Valnontey.
Ci andai in bici ovviamente, poi con mio cugino Francesco ci recammo a Rhemes e là girammo a piedi...
Si, ok, studiammo anche un po'...
Il pomeriggio prima di partire per Valnontey, andai dal mio vecchio sponsor per comprare alcuni ricambi per il viaggio e durante il ritorno passavo sempre da una gradinata. Stando sempre attento che non ci fossero persone vicine, molto lanciato, ne saltavo una parte, atterravo su un pianetto e poi scendevo gli altri gradini più lentamente.
Quella volta feci un disastro e mi trovai a rimbalzare a destra e sinistra tra muro e ringhiera come una pallina da flipper.
Ancora a terra, mentre mi raccapezzavo, passò un signore e mi disse:"Così impari!".
Beh. Imparai che il ghiaccio fa miracoli perché il mattino dopo, intorno alle 5 partii con un mega zaino pieno di vestiti per l'alta quota, scarpe da trekking con suola vibram, ecc, ecc, intenzionato a raggiungere la Valle d'Aosta attraverso il Colle del Nivolet innevato.
Allora le previsioni del tempo non erano così precise come ora.
Presi alcuni temporali e tanta di quell'acqua...
Passai più di un ora imbucato in un sottoscala di una vecchia casetta che capitò a fagiolo per riparare me e lo zaino dal finimondo. La bici la prese tutta!
Il tempo assurdo e il dolorino all'anca destra dovuto alla botta del giorno prima mi sconsogliarono di affrontare il Nivolet e salii come sempre per la statale della Valle.
A Cogne mi raggiunse mia sorella che caricò lo zainone in macchina e coprii gli ultimi tre chilometri ad un ritmo che mi pareva di volare...
Montammo la tendina, la riempimmo di coperte e passammo una splendida settimana.
Io al mattino andavo a studiare poco sopra a Valnontey, sul sentiero verso il rif Sella. Mi sedevo in mezzo agli Stambecchi e cercavo di studiare un paio d'ore o tre. Di pomeriggio giravo in bici o con la sister.
Tanto per cambiare andai anche a Rhemes.
La prima volta non ci riuscii perché a causa delle abbondanti piogge precedenti, poco prima che arrivai io, crollò una enorme frana che si portò via la strada.
Ricordo ancora gli enormi massi che rotolavano dalla montagna fin giù al fiume. Provai a passare dall'altra riva ma era decisamente troppo impervia e mi trovai di fronte ad una parete di roccia. Così tornai in dietro. La strada rimase bloccata per parecchi giorni.
Pensai anche che con la strada bloccata, per poter fare gli esami di maturità, sarei dovuto tornare in bicicletta da una via alternativa.
Avevo deciso che sarei tornato attraverso la Finestra di Champorcher.
Non passai mai da là perché, quando riaprirono la strada, mancavano ancora parecchi giorni agli esami, riuscii ad andare a Rhemes e ricominciò a piovere. Mia sorella smontò il campo, venne a prendermi e tornammo a casa.
Poi, passai una bellissima settimana anche con mio cugino. Si studiava al mattino e si camminava al pomeriggio, a volte fino a notte fonda!
Feci la maturità e scappai da quella scuola prima possibile. Avevo deciso che non avrei mai più studiato e non avrei più frequentato alcuna scuola. Nemmeno la scuola guida per la patente B che ottenni da privatista!
Durante il servizio militare però cambiai idea e ricominciai ad aver voglia di studiare rimediando in parte alla mia ignoranza.
Fortunatamente il detto "Mai dire mai" è vero!!!
Comunque feci gli esami, andarono per il rotto della cuffia.
Andai titubante a guardare i risultati e quando lessi 36/60 scappai e mi sentii alleggerito di tonnellate di peso.
Bisognava festeggiare e il giorno dopo andai a Rhemes in bici!
Dormii là una notte e tornai a casa in bici.
Dopo un giorno di pausa ripartii per Rhemes col mio fratellone, puntando prima al colle del Nivolet, gita di cui prendo il resoconto dal mio sito web...
Il colle del Nivolet - 1992.
Non riesco a non parlarvene...forse la giornata più bella che io abbia vissuto con mio fratello...
- Partenza h4:00 da Casa. Era il 1992. ...notate che quando si apriva il cancelletto di casa e si usciva ci dicevamo:"O muoio o arrivo!" ...e ci credevamo davvero ed allora le cose potevano solo essere grandi! Noi però abbiamo rischiato grosso ma vissuto appieno. La data non me la ricordo, poco prima erano usciti i risultati della maturità ...un 36 che per me valeva oro...
Mi ricordo una sosta pipì mentre cominciava ad esserci luce; eravamo alle porte di Novara e si vedeva la torre che assomiglia alla Mole Antoneliana di Torino, poi mi ricordo che tra il lago di Viverone ed Ivrea viaggiavamo a 33-35km/h, mio fratello non era molto allenato in quel periodo ...quindi era un po' troppo considerate MTB e gomme da fuoristrada... Ad Ivrea un disastro per trovare la strada per Cuorgnè, chiediamo ad un taxista che si fa seguire e la troviamo e poi il deserto, niente acqua, niente negozi, c'è solo un fiume...un caldo pazzesco e ci stiamo disidratando, pensiamo di andare al fiume, ma Lele vede una fontanella in un cascinale semiabbandonato ...ci immergiamo e beviamo un litro di acqua a testa, ripartiti alla volta di Ceresole Reale ...ricordo immagini vaghe, ma stupende di una stradina di mezza montagna in mezzo ai boschi.
Recentemente sono stato a scalare cascate in valle e mi sono riaffiorati i ricordi...
Una Opel Vectra turbo, allargava i tornanti perché sull'interno si sarebbe capottata, ma quanto tirano quei tornanti ...18%circa e a mio fratello, proprio lì, cade la catena e si incastra tra pignone e telaio...un casino che capitava spesso ai tempi! Si chiama "risucchio della catena".
Sistemiamo tutto ...con le solite preghiere che non si rompa la catena. Ripartiamo, facciamo un tornante dalla pendenza assurda e mio fratello dice:'Tonignoo (che sono io!) Gli occhialiii!' Torna giù e lo vedo sparire a velocità vertiginosa, ma glie li avevo messi io nella tasca dello zainetto!!! Un calvario ritornare su... Un bagno di sangue quella salita che non finisce più e poi la pendenza si addolcisce finalmente e troviamo una coda di macchine, la superiamo ed alla fine ci fermano i Carabinieri: non si passa, c'è una frana enorme sulla strada e crollano ancora pezzi di montagna.
E' pomeriggio e non si torna in dietro a Ivrea e poi Aosta o Milano che sia... Ci informiamo: c'è un sentiero sul versante opposto, ma ci dicono che in bici non si va ...Sì, ciao: In quel periodo, sentiero uguale bici ma loro non lo sanno e allora andiamo ...una o due ore e mezza non ricordo, a pedalare su un sentiero incasinato con tratti al limite della praticabilità, o a portarsi tutto a spalla ogni tanto...
Ritorniamo sull'asfalto. Siamo affamati. Ci fermiamo in un negozietto e ci mangiamo tre scatole di merendine, chiediamo notizie del gran premio di f1 (chi si ricorda quale?) e ripartiamo. La salita è infinita e a 2300m Lele finisce la benzina, ma con la testa lui c'è sempre ed al Nivolet si arriva.
Si arriva alle 21:00.
Una breve sosta al Rif.Savoia (chiuso) e poi ci innoltriamo nel Piano del Nivolet in un atmosfera rarefatta, al crepuscolo, concentrati ed emozionati, scendiamo a Pont (Valsavaranche), telefoniamo ai miei che sono in campeggio a Rhemes, troviamo i gestori che avvisano i miei che ci vengono in contro ma sbagliano Pont (vanno a Pont S.t Martin) e noi affrontiamo la discesa della Valsavaranche che è buio.
Le luci? Ne ha una mio fratello ma è rossa, posteriore ed è fioca!!!
Decidiamo di fare una sterrata dove di sicuro non troveremo automobili, ma è buio pesto e di fianco sappiamo che c'è un bel burrone... allora riduciamo parecchio la velocità e ci troviamo a Rhemes alle 23:30 dopo 19 ore e mezza da che avevamo chiuso il cancello di casa, doccia calda e meritato riposo, dopo un'oretta arrivano anche i nostri genitori. 'notte!
Che estati però!
Volavano a ritmo di pedalata.
Salivo dappertutto, ovunque riuscissi. Le discese erano fenomenali.
Salii piccole montagne e colli.
Arrivai ai 3294m del Col Lauson con l'amico Giancarlo salendo dalla Valsavaranche e scendendo da Valnontey.
Che bello. Il sentiero si prestava quasi tutto ad essere pedalato in salita, tranne gli ultimi quattrocento metri di dislivello da percorrere a piedi spingendo la bici su per i dirupi. Per me, portare la bici in spalla e sollevarla è sempre stato un problema. E' sempre stato meglio pedalare!
Fortunatamente negli ultimi due anni ho appreso una nuova tecnica guardando i nuovi filmati dei bikers in rete e ho migliorato la mia situazione nelle fasi di "portage"!
La discesa dal Col Lauson fu enorme. Tutta praticabile fin dalla cima. Arrivammo fino ad Aosta per poi risalire a Rhemes. Il dislivello in discesa fu di 2800m di fila, massacranti e spettacolari! In realtà eravamo in formissima e non ci massacrammo troppo.
Fu solo una grande soddisfazione.
La condizione era tornata ancora da gara ma cercavo di non pensarci. Andavo bene e abbastanza forte, allora giravo in lungo e in largo più che potessi e mettevo le mie ruote dove poco prima nemmeno si poteva sognare.
L'inverno e la primavera dei miei 19 anni poi corsi moltissimo a piedi per preparare la 100km e la bici la utilizzai sempre tanto ma meno di prima.
Finita in malo modo la 100km rimasi segnato indelebilmente.
Andavo sempre bene, ma non così bene come volevo. Passò un bel po' prima di riprendermi...
In un paio di mesi però mi ripresi. Andavo a lavorare a Milano in una libreria e facevo la strada due volte. Distavo da casa sedici chilometri e quindi nella pausa di tre ore tornavo a casa a mangiare. Facevo così 64 km di allenamento al giorno. Al sabato e alla domenica poi mi sfogavo
E il Rodano?
Arrivò l'estate del 93.
Quell'anno, il brother aveva organizzato per il "quartetto del lago" un giro lungo e spettacolare che avremmo dovuto percorrere in 5 giorni. Partenza e arrivo a casa, passando in Svizzera dalle sorgenti del Rodano e percorrendo tutto il corso del fiume fino in francia, alla foce nel Mar Mediterraneo.
Purtroppo qualche giorno prima della partenza, mio fratello si strappò un muscolo e saltò la vacanza alternativa.
A me rimase dentro il richiamo di pedalare per più tappe andando a scoprire, con la mia bici e una piccola tenda, zone che non conoscevo ancora.
Ripresomi ormai quasi totalmente dalla 100km, ricominciai a fare la spola tra casa e Rhemes in bici con qualche simpatico episodio...
La Madonnina di Montjovet
(tratto dal racconto sul mio sito web del 1 settembre 2012)
Ero a mirtilli con 'una' mia amica! ...una cosa che non capitava da più di vent'anni: non solo essere a mirtilli con lei ma anche semplicemente farci un giro insieme per i monti...
Ci siam dovuti raccontare un po' di arretrati e lei più che altro mi ha parlato dei suoi figli per cui ora conosco un po' le virtù dell'uno, dell'altro e dell'altro ancora.
Io, non volendo parlare a lei delle mie storie di cuore o giù di lì, mi son reso conto di non aver niente da raccontare perché ho sempre l'età mentale di un quindicenne con un'innata inconcludenza per la vita.
Siamo però entrambi due sportivi con "un minimo" di esuberanza e ci piace parlare di quel che facciamo e di quel che ci capita e si parlava di quando siamo arrivati allo svenimento o quasi...
Lei ci è arrivata recentemente in piscina, nuotando più del dovuto, allora mi è venuto in mente di Montjovet...
Da giovincello, insieme agli amici, ai cugini e a mio fratello, con le nostre mountain bike ne abbiam fatte di tutti i colori tra cui nel 1990 siamo andati e tornati in quattro dalla Val di Rhemes solo per fare un giro un po' lungo. Prima tappa 250 km da casa a Rhemes e poi a Saint Vincent, seconda 150km da Saint Vincent a casa. E il ritorno sarebbe già un'altra storia...
Per andare da quelle parti, si passa dalla per me mitica salita di Montjovet.
perché mitica? perché il sottoscritto l'ha fatta poi decine di volte da solo con la sua bici in ogni condizione di tempo e temperatura ma anche per quest'altro motivo che vi sto per raccontare.
Si saliva forte quel giorno del 1990. Tutti a ruota e cambi regolari. Avevamo tutti una buona gamba e il 'treno' composto da Lele, Paolo, Lorenzo e me si muoveva in un ronzio assordante di gomme da fuoristrada che non scendevano quasi mai sotto i 35km/h. Eravamo abituati a fare quel 'treno'.
Era anche il periodo che i motorini facevano ancora quasi tutti i 45 all'ora, mica ottanta come adesso, e noi di solito li superavamo in bici per divertimento!
Sulla salita di Montjovet però l'andatura ovviamente era minore e più disordinata. Se ne approfittava anche per recuperare un po', chiacchierare, ecc.
Ad un certo punto sento mio fratello che grida:"Occhio Tonigno!"
Ero poco avanti a lui e il vecchio muricciolo di una madonnina a bordo strada crollò in strada e finì tra me che ero poco più avanti e lui che era poco più dietro di me.
Sarà stato un blocco di qualche centinaio di chili di mattoni e cemento...
Indubbiamente la Madonnina era riuscita ad attirare la nostra attenzione e a provocare anche un minimo di spavento che lasciò dentro di me un segno indelebile...
Ancora oggi, quando passo di là, rivolgo lo sguardo alla madonnina un po' con spavento e un po' con gratitudine.
Già! Gratitudine, non tanto perché il muro ci sfiorò pericolosamente e non ci prese , quanto per un'altra piccola faccenda che successe sempre lì...
Proprio per andare a trovare la mia amica e gli altri amici e amiche di Rhemes, esageravo un po' spesso.
Anche quando non ero in formissima, cosa che capitava di rado ma capitava eccome, appena potevo partivo per coprire i 203km che mi separavano dalla prima casa di Rhemes e le condizioni in cui arrivavo non erano sempre delle migliori.
Un giorno caldissimo di inizio luglio alle due del pomeriggio ero proprio sulla salitella di Montjovet e non pedalavo come al solito. La fronte e tutto il mio corpo erano madidi di sudore.
Ero evidentemente accaldato.
L'ultima cosa che guardai e vidi molto bene fu la madonnina, poi buio. Una serie di offuscamenti mi impedivano di proseguire. Ho coperto sì e no due metri in quelle condizioni, barcollando a destra e a sinistra, poi il buio è stato assoluto ma di fianco alla madonnina c'era una fontana, la classica fontana valdostana con una bella vasca in cemento e l'acqua fresca che corre in continuazione...
Cadendo quasi dalla bici, buttai dentro le braccia e metà del corpo. La testa sotto il getto freschissimo e mi ripresi in un batter di ciglia.
Da allora, sia che passi in bici o in macchina o chissà, non guardo più solo la Madonnina per paura che mi caschi addosso ma guardo anche la fontanella con aria di riconoscenza...
Chissà mai che la madonnina in quel caldo giorno di luglio abbia voluto farmi un piacere per lenire lo spavento di qualche anno prima...
...e mantenere vivo il ricordo fino ad oggi di quelle esperienze così intense...
Quando mi tornò voglia di correre feci anche qualche bel trekking da due giorni in un pomeriggio o passeggiate di una giornata in due ore...
Nel frattempo arrivò la cartolina blu e fui costretto a rispondere alla chiamata alle armi che mi portò via dalla mia Stumpjumper per un bel pezzo...
Quando ero in licenza ci andavo un po' ma mai abbastanza e il militare non fece molto bene al mio stato di forma fisica. Solo quattro mesi prima del congedo ricominciai a correre a piedi regolarmente.
Poi la naja finì e il mio desiderio era quello di tornare a casa in bici percorrendo tappe di montagna nonostante fosse fine ottobre.
La bici però avrebbero però dovuto portarmela là, quindi non se ne fece nulla.
Ormai però avevo cominciato a pianificare i miei tour a tappe.
Mi congedai il 27 ottobre 1994.
Sarebbe stato inevitabile partire prima o poi!
Prima però cominciai un altro viaggio.
Durante la Naja mi tornò la voglia di studiare e di imparare. Due amici ingegneri ventisettenni, Andrea e Angelo che erano le uniche persone in caserma che sapevano utilizzare un computer, mi convinsero che era una buona scelta!
Mi iscrissi così all'Università che tra studiarci prima e lavorarci poi, impegnò i successivi 20 anni della mia vita.
Ricominciano gli allenamenti.
Il primo anno e mezzo di università mi impegnai moltissimo nello studio ma con scarsi risultati. Ero troppo disabituato a quel tipo di attività estrema e ci volle un bel rodaggio...
In compenso, il martedì e il venerdì tornavo presto, prendevo in prestito la bici da corsa del brother e facevo dei bei giri sulle stradine di campagna.
Me le godevo come da bambino e seguivo con interesse il crescere dei chilometri nel medesimo tempo.
Poi, le giornate cominciarono ad allungarsi e, come succede ora, mi sentivo l'estate dentro e la voglia di andare aumentava fino a scoppiare!
C'era da studiare però e non potevo esagerare con i chilometraggi!
A Natale i miei mi regalarono due borse da viaggio grandi come i chilometri che avrei voluto farci e che continuavo a sperare di percorrere. Insieme ci misero un completo da ciclista fenomenale, tra i migliori sul mercato e successivamente avrei consumato anche lui! La maglia la uso ancora spesso!!!
Quando arrivò la primavera e le gambe tornarono a girare, cominciai ad uscire con mio cugino Lorenz tutte le sere per un giro intorno ai 30 km. Ero contento, anche se avrei voluto fare di più.
Tornai a prcorrere le brevi salitelle della Valle del Ticino a velocità elevate, uscendo oltre i 40km/h da quella di Ozzero a debole pendenza e anche a superare ogni tanto i 40km/h di velocità di crociera mantenuti in pianura per una buona durata.
A fine semestre riuscii a dare e passare l'esame scritto di Chimica Generale e Inorganica, poi qualche giorno dopo l'orale e la prova di Cartografia il pomeriggio stesso.
Pochi giorni dopo passai lo scritto di Geografia Fisica e preparai l'orale con la mia stupenda amica Antonella.
Ci impegnammo molto e mettemmo le basi ad una gande unione, una squadra vincente, una macchina affiatata che non si sarebbe più separata fino alla fine dell'Università!
Pochissimi giorni dopo, i miei amici del cuore dell'università con cui sarei diventato inseparabile, fecero Cartografia e andai a salutarli con la Stumpjumper.
Avevo terminato i miei impegni e andai in Università solo per salutarli. Rimasi attaccato al mio mezzo e li aspettai fuori dalle scale del Dipartimento di Scienze della Terra.
Era la prima volta che ci andavo in bici e stabilii il record di percorrenza tra L'Università e casa mia.
Non sarei più sceso sotto quel tempo ma vedremo dopo perché! Impiegai circa 38 minuti a una media di 31, 5 km/h che, considerati10km strada dritta e 10 km di città, gli Stop, i passaggi pedonali, le precedenze e i semafori che cerco sempre di rispettare, erano una media fenomenale!!!
La prima vacanza itinerante in bici
Il tempo impiegato a tornare a casa mi diede piacere, ma i miei pensieri ormai erano fissi nel pianificare le mie vacanze.
Ormai avevo mappato tutto sull'atlante di casa, fotocopiato le pagine utili, preparato le borse, comprato una tendina e un sacco a pelo nuovi. Montai un leggerissimo portapacchi sulla Stump e fui pronto.
Speravo ancora che mio fratello venisse con me come pianificato ma all'ultimo, gli impegni di lavoro me lo rubarono e partii da solo! Avevo già capito che a rinviare le cose va a finire quasi sempre che non si fanno, quindi partii.
"Di strade ce ne sono tante" pensai "E capiterà che le percorreremo ancora insieme".
Fu la vacanza più bella della mia vita! Altre si avvicinarono per bellezza ma quella fu la prima.
La ricordo come fosse ieri.
Ricordo quando telefonai ad Antonella dal telefono a tessera e gettoni dicendole che ero sotto casa sua sulle rive del lago d'Iseo diretto in Val Camonica. Corse a salutarmi.
Non scattammo nemmeno una foto, peccato, ma passammo un bel momento!
Le altre persone che andai a trovare furono i miei genitori, a Rhemes entrando in Valle d'Aosta dal colle del Gran San Bernardo, dopo aver attraversato una briciola di Dolomiti e la Svizzera da parte a parte, raggiungendo le sorgenti e poi seguendo la prima parte del fiume Rodano fino a Martigny...
Documentai tutto in un diario di viaggio che custodisco gelosamente ma che magari copierò alla fine di questo racconto...
Era pazzesco pedalare su quella bici con 19,5kg di borse esclusi acqua, bevande e cibo.
Le tappe si accorciarono e i tempi si dilatarono ma fu strepitoso anche quello.
Sono sempre stato capace di trovare l'avventura dove normalmente non la si sogna nemmeno e il mio viaggio, seppur nella civiltà, fu duro e avventuroso.
Non lesinavo sull'acquisto di cibo e nel reperire un campeggio dove farmi una meritata doccia e usare un wc la mattina ma, per il resto ero solo e pedalavo come fossi nel deserto, nel Sahara o su montagne isolate lontano da tutto e tutti. Niente ristoranti, o alberghi. Adoravo sentirmi indipendente e, anche nel traffico, mi sentivo un selvaggio.
Scoprii la bellezza di pedalare di notte e capisco benissimo il perché ora le notturne vanno di moda!
Faticai molto, ma mi rilassai anche parecchio, incontrai belle persone, altre le incrociai e basta, a volte ripetutamente.
Aggiustai la bici a una ragazza che faceva la barista al campeggio in Val di Fassa e ho scoperto vent'anni dopo, cioè poco tempo fa, che è diventata una fortissima scialpinista e skyrunner che ha vinto diverse competizioni importanti ...e la cosa mi da non poca soddisfazione!!!
Scoprii come conservare meglio i cibi nella tenda sotto il sole cocente, inventai interventi meccanici, esplorai strade e soprattutto quel nuovo stile di vita alla giornata che poi avrei amato nella vita di tutti i giorni e anche nel trekking qualche anno dopo con il mio socio e amico Daniele...
Si studia
Arrivai a Rhemes e fu l'ultima lunga vacanza della mia vita.
Le estati successive le passai a studiare.
Anche in quell'ultima vacanza cercai di studiare ma non ero ancora capace di farlo totalmente da solo, cercai di preparare un esame di cui non seguii il corso e fui meritatamente bocciato!
Fu la bocciatura più utile della mia vita e questa sarebbe già un'altra storia...
Sta di fatto che grazie a Thomas che mi portò con sè a parlare con la prof. Cristina Sotgia, cambiai modo di studiare e cominciai a diventare efficace e sempre più sicuro di quel che stavo facendo.
Mi facevo domande e cercavo una risposta logica e verificabile...
Finalmente studiavo scienze!
Mi piacerebbe scrivere anche la mia storia universitaria ma non sono ancora pronto a pensarla e ricordarmela tutta, ma quello che voglio dire è che, purtroppo per la bike, cominciai a studiare davvero tanto.
Son sempre stato lento a imparare, sia in bici, sia sui libri, quindi i risultati, per me, arrivano solo con una dedizione enorme e, talvolta, esagerata e maniacale.
Ero soddisfatto dello studio ma mi mancava la bicicletta. Riuscivo ancora ad uscire ogni tanto col Lorenz di pomeriggio tardi, ma non mi bastava mai!
La bici da scuola
La chiamo ancora così ed ha sempre senso, come il pipistrello tatuato sulla schiena di una mia amica affettuosa, creatura della notte perché qualche anno fa era una nottambula tiratardi e ora si è convertita allo scialpinismo e si sveglia molto presto quindi sempre creatura della notte è rimasta!
La bici che assemblai per andare in università, ora la utilizzo per andare sempre per di là.
Stessa direzione ma non più come studente.
Ci sono andato per anni in veste di tecnico preparatore di fossili, poi a fare guida al Museo di Storia Naturale, ora vado a fare i compiti con certi cari ragazzi...
Fu Sergio, un amico ex collega di mio padre che gli portò una mtb Bianchi semifracassata.
Glie la lasciò in cortile. Io tornai dall'università ed ebbi un'illuminazione. La vidi già all'opera, macinare decine di migliaia di chilometri tra casa mia e Città Studi e così fu, a partire da pochi giorni dopo!
Tornato dal servizio militare, vista la miriade di chilometri, l'usura abbondante dei pezzi della mia Stumpjumper e, in vista del giro estivo in Dolomiti, avevo fatto spendere ai miei la bellezza di due milioni di lire...sì sì! Due milioni di lire per due ruote nuove e una nuova trasmissione.
Ricordo ancora la scelta dei pezzi sui cataloghi, cechi, raggi, cassetta a 8 pignoni, corone, pedivelle, catena e un deragliatore posteriore da strada a gabbia cortissima e poi la scelta dei mozzi blu ultraleggeri a cuscinetti sigillati fatta all'ultimo momento dal ciclista che mi tentò facendomene tastare il peso e il rotolamento.
Il risultato è che la Stump è ancora oggi un piccolo gioiellino anche se è ovviamente datata e fuori moda.
I pezzi vecchi e usurati smontati dalla Stumpjumper, li montai sul telaio verde. Li coprii di nastro per imbruttirli un po' ed ecco che fu pronto il mio mezzo da città!
Il nastro era obbligatorio su delle leve deore dx a destra e deore xt a sinistra (ovviamente sulla Stumpjumper è il contrario! ...magari più in là vi spiegherò qualcosa di tecnico riguardo le mie biciclette!!).
Cominciavo a febbraio con un paio di viaggi in bici alla settimana quando c'era bel tempo e un po' meno freddo per diventare tre volte a marzo e cinque volte in estate. Il viaggio era di quaranta chilometri tra andata e ritorno, così mi tenevo allenato e potevo permettermi anche qualcosa di più durante il week-end se non dovevo studiare.
Ancora Valle d'Aosta
Dopo aver dato e passato un esame, misi tenda, sacco e la mia mini officina portatile nelle borse e me ne andai in Valle d'Aosta con obiettivo Cervinia...
Non ero ancora allenatissimo e mi accontentai di arrivare quasi ad Antey, farmi una bella dormita e un giorno di riposo a Saint Vincent in un bel campeggino appena sopra alla Dora Baltea e poi tornare a casa contento per il girettino fuori porta.
L'allenamento non era più a livelli da gara ma andavo e non mi spaventavano mai i chilometri.
Andai a trovare di nuovo Antonella in bici e poi Cristina in compagnia dell'amico Lorenzo, compagno di università.
Andai a trovare diversi compagni di università entro i 160km in giornata, così avevo tempo di fermarmici un po' e, a volte, di farci anche un giro insieme, come con Paolo, sulle rive dell'Adda.
Un giorno organizzammo una Milano-Bergamo tra i compagni di università dell'hinterland milanese per andare a salutare le amiche di Bergamo!
Fu simpatico alla sera a casa fare le premiazioni delle maglie di scalatore, velocista e vincitore di tappa!!! Io non vinsi nulla di tutto ciò ma vinsi una bellissima giornata e fu altrettanto bella la serata con gli amici!
Avevo 22 anni. I miei capelli assomigliavano ad una criniera leonina, studiavo come un matto, aiutavo a studiare e pedalavo più che potevo.
Ero molto in forma.
Ricordo alcune compagne che pensavano al fisico ideale e il sedere doveva essere il mio! ...così plasmato da una moltitudine di chilometri.
La Angy, amica di Paolo, quelle rare volte che ci vedevamo mi chiedeva sempre di potergli dare una palpatina!!!
E, per quello, son sempre stato generoso!!!
Andavo così bene ma mi innamorai e non fu una storia fortunata.
Qui parlo d'altro, parlo di bici e di km ma mi feci rovinare da un enorme livello di stress psicofisico.
Psicologico per la storia sfortunata.
A mia e sua discolpa direi che non si può nascere tutti psicologi e psicologhe e noi non lo eravamo di certo.
E comunque ora sono così anche perché c'è stata lei.
Quando mi resi conto che lei ormai era diventata un'ossessione, dopo otto anni, le chiesi di non vederci più, di non telefonarmi e testuali parole:"Di darci un taglio".
Non stavo per niente bene.
Mi deprimevo e finii pure in ospedale mezzo paralizzato ma un po' di tempo dopo, quando mi resi conto che mi ero devastato da solo, cominciai a guarire.
Questo solo per riassumere che da lì in poì ebbi dei problemi divenuti anche seri e che mi sto ancora impegnando ad arginare e chissà mai a risolvere...
L'Eiger
Di chilometri comunque ne feci ancora tantissimi, da lunedì a domenica e poi in estate studiavo ma una piccola vacanza itinerante non me la facevo mancare.
Dicevo che volevo vedere la parete nord dell'Eiger prima di morire e allora presi la mia bici, la caricai e ci andai!
Fu una vacanza strepitosa.
Il tempo non fu bellissimo.
Rimasi in tenda per 30 ore di diluvio universale con piccole pause in cui uscivo a fare il da farsi.
Per il resto, in tenda ci cucinavo anche! Era un momento delicato, ricordo benissimo!!!
Ho sempre amato pedalare in Svizzera.
Adoravo sentirmi rispettato e adoravo rispettare il codice della strada, i passaggi pedonali, i sensi unici, le precedenze, i semafori e imparai a farlo e a portarmi le buone abitudini anche in Italia.
Oggi sono “multitasking”.
Qui in Italia cerco di fermarmi ai passaggi pedonali ma prima mi guardo alle spalle... In Svizzera mi sento più libero e meno in pericolo a rispettare le regole.
Rividi da lontano il Furkapass dove nasce il Rodano e mi ricongiunsi alla strada dell'anno prima per rientrare qualche giorno a Rhemes, dove le mie amiche nel frattempo si erano tutte maritate o quasi, ma io avevo la bici!!!
L'anno prima, la sera, mi venne in contro mio fratello con la moglie e il nostro cagnolone Pippone!!!
Quell'anno invece passai qualche ora avventurosa della notte in tenda sotto la diga del Lac des Toules vicino al Passo del Gran San Bernardo poi, quasi a digiuno da 24 ore piombai direttamente nella veranda dei miei con la mia Stumpjumper.
Era mezzogiorno.
Giusto in tempo per rifocillarmi abbondantemente...
Quando mi passò una terribile infiammazione ad entrambe le ginocchia, partii per coprire i 203km verso casa.
Nuotare = Elba, Sardegna e Corsica
E già!
Andai all'Isola d'Elba, in Sardegna e in Corsica.
L'anno dei miei 23, molto ispirato, decisi che dovevo imparare a nuotare.
Furono Paolo e Michele, due amici pesci, a portarmi la prima volta in piscina e ad esaudire le mie assurde richieste.
Volevo imparare a tuffarmi di testa prima di imparare a nuotare. Loro accettarono!
Andò più o meno così!
La domenica mattina, con gli amici si andava a correre o a portare i volantini per fare pubblicità alla “famosa” corsa a piedi del mio paesello e quella mattina dimenticai i volantini a casa.
La destinazione era piuttosto lontana e mi accorsi della dimenticanza solo arrivati là. Eravamo io e Paolo. Ci sedemmo in un baretto sconsolati per una piccola colazione e io confessai a Paolo che avrei voluto imparare a nuotare.
Lui mi disse:"perché non vieni una volta con me e il Michi in piscina? Poi se ti piace ti iscrivi a un corso di nuoto" Io dissi "ok" e sbiancai quando appresi che mi avrebbero portato quel pomeriggio stesso alla piscina con le onde di Corbetta!
La storia del nuoto però andò molto bene.
Con loro che mi recuperavano, feci tre tuffi di testa prima di staccare i piedi dal fondo e fare il "morto" per qualche secondo!
Il corso andò benissimo con la "mia" stupenda e bellissima insegnante Fabiana, Sami e quela fata dell'insegnante di acquagym che ogni tanto mi filava anche un po'...
Appena imparato a nuotare, mi sentii pronto per affrontare il mare, in traghetto s'intende, allora andai a trovare la mia amica Alessandra all'Isola d'Elba col mio amico Davide e tornammo che eravamo io e ...Davide e l'Ale!!!
Andato bene il primo traghetto da Piombino a Porto Ferraio, decisi che avrei potuto anche attraversare il Mar Ligure e attraccare in Sardegna e poi in Corsica, ma questa volta con la mia Stumpjumper.
Fino a Genova avevo deciso di pedalare ma il mio fratellone mi disse che voleva portarmi lui e accettai il passaggio.
Non ci credo ancora a quanto stupende furono le mie vacanze in quegli anni.
Vorrei far respirare ad ognuno l'atmosfera e le sensazioni che sentivo io, curva dopo curva, salita dopo salita e tramonto dopo tramonto ad ogni nuovo spazio che mi si apriva davanti.
Ricordo che fu dura per le mani. Le strade erano ancora molto brutte e tutte rotte ma ne valse la pena...
Che montagne, che mare, che luoghi splendidi e selvaggi, che traversata!
In Francia e poi...
L'ultima vacanza itinerante in bici fu sulle Alpi di confine tra Italia e Francia fin giù al mare, a Nizza.
Mi sembra di scrivere di qualcun altro, non di me e, come dice la mia amica Laura, così si ha un punto di vista diverso e forse, aggiungo io, migliore.
I miei diari di viaggio li ho letti e riletti, ma quello non l'ho sfogliato tanto. Lo ricopiai dopo alcuni mesi, forse anni.
Quando questo ventiquattrenne frustrato si mise in viaggio, era al limite del delirio.
Non ho mai rinunciato alle mie passioni per niente e nessuno quindi, il giro era epico e comprendeva i colli storici del tour de France però, sul finire, sarebbe passato dalla casa estiva di lei.
Di lei che mi svegliò alle 11 di mattina mentre dormivo da qualche minuto sul lungomare ligure, dopo che ero stato in sella 26 ore per raggiungerla e vederla...prima della sua partenza imminente.
Quel giorno, Marco Pantani vinceva il tour de France e oggi che scrivo è il 14 febbraio che è il giorno che il Pirata se ne andò per sempre.
Lei cucinò delle meravigliose polpette. Mangiai con lei e la sua famiglia, dormii tutto il pomeriggio e salutandoci mi abbracciò come non aveva mai fatto prima... Qualcuno direbbe che non ne valeva la pena ...e io approvo!!!
A chi venisse la domanda spontanea:"Ma 26 ore di fila?" La risposta è ovviamente no ...ma quasi!
Mi fermai per non essere strappato via dalla montagna dalla forza del vento sulla Cimae della Bonette e dalla furia dei temporali, per alimentarmi quel poco che riuscivo e dormii anche quasi un'oretta.
Comunque, percorsi circa 400km tra un luogo che non ricordo bene vicino a Barcelonette e un altro luogo vicino a Genova.
E a chi mi chiedesse:"Hai fatto 400km e 26 ore di bici per andare a trovare una ragazza?" E beh. Vi risponderei "Certamente!" con un sorriso stampato in faccia!
Analizzando la cosa poi, si dipinge positivamente:
1- ho fatto quei 400km perché ero partito per farli e per passare di là, dalla strada asfaltata più alta d'Europa ...che adesso però è stata battuta con un'altra in Sierra Nevada che sarebbe da andare a fare...ma è troppo lontana per ora e non mi va più di incentivare il mercato delle strade asfaltate...
2- Posso raccontare di averlo fatto.
3- Adesso però smetto che non trovo altri lati positivi e mi tornano i formicolii alle mani, alle braccia e a tutto il resto.
La fine e i problemi connessi
Il giorno dopo, con un tempo freddo, piovoso e un devastante vento contrario, dopo aver perso la strada intorno a Novi Ligure ed essere accompagnato da un ciclista fino a Sale, arrivai a casa distrutto.
Mani e braccia formicolavano. Il morale era basso e andai a gironzolare in moto.
Fu un'estate da 7000km in moto. Lo so, non tantissimi ma era un Fantic 125, non un Honda VFR e i miei nervi motori si infiammarono in maniera cronica alla radice.
Il sistema nervoso cedette sia di testa, sia fisicamente.
Andai con gli amici e la Stumpjumper a fare la discesa del Campionato del mondo di Downhill al Mottarone e poi misi la bicicletta in cantina. Solo dopo un anno e mezzo la ripulii almeno dalle ragnatele.
Sembra impossibile ma finì la storia dello Ste ciclista.
E non so ancora come sia potuto accadere.
Fu molto difficile reggere.
Mi sentivo privato di una parte di me stesso.
Non dormivo finchè non trovavo una posizione in cui i nervi non si lamentavano, non riuscivo a stare seduto, ma nemmeno in piedi.
Ero diventato un discreto sciatore ...anzi, lasciando da parte la modestia, in pista ero proprio bravo, veloce, preciso e spudorato.
Mai pericoloso per gli altri.
In fuoripista facevo solo i salti.
Non ho fatto in tempo ad imparare a sciare in neve fresca...
Beh. Non riuscii nemmeno più a sciare. Ero pazzo per lo sci, ma finì anche la storia dello Ste sciatore.
Di quello corridore non parliamone neppure. Cercai di correre per togliere lo stress ma questo cresceva invece di affievolirsi e, in più, sentivo che andavo in pezzi.
Smisi anche di correre.
In compenso ai miei vecchi amici con cui da giovincello mi perdevo in bicicletta in campagna, venne la passione dei tour ciclistici e per un po' continuarono a chiedermi di andare con loro.
Io dicevo di no ma loro non capivano e questo succedeva perché non capivo nemmeno io.
Chi mi vedeva di rado, prima di chiedere come andava a me, chiedeva come andasse la mia bicicletta...e dovevo spiegare almeno qualcosa e mi pesava...
Complicai la vita alla mia famiglia e la resi triste e preoccupata.
Non sapevo come fare.
Mi sottoposi a esami su esami ma nessuno era utile a risolvere il problema.
Nel frattempo ero diventato così flaccido che non mi potevo vedere e nessuna e nessuno mi avrebbe potuto chiedere fugaci palpatine alle mie chiappette!
Laurea e i Cantina...
L'unica cosa che riuscivo a fare era studiare. E per fortuna che c'era quello.
Mi rifugiai nello studio ma non riuscivo a tenere le classiche posizioni da studente e mi salvai lo studio costruendomi un leggio pieghevole di legno che conservo ancora gelosamente e utilizzo ogni tanto.
Per qualche mese, scrissi gli appunti a lato dei paragrafi con la mano sinistra perché la parte destra era la più indisposta.
Il 2002 me lo ricordo abbastanza buio ma qualcosa di buono spero comunque di averlo fatto. Forse la cosa più bella fu il lavoro in un'oasi faunistica e alcuni colleghi e colleghe tra cui i Franceschi, Ambra e la Maurina (ina...pallavolista altissima che per darle un bacio ad altezza decente dovevo star sul telaio della portiera della mia Panda!!!).
In realtà sto trascurando una delle cose che mi tenne più in vita di tutte: la musica e quella band, finita immeritatamente solo nei ricordi ed in qualche fugace registrazione di un demo, un disco, un paio di concerti o tre. E chi se li è persi si arrangi. Fu grande musica e meriterebbe libri, non tre righe, ma questa è la storia dello Ste bicidipendente, quindi...
...Il musicista lasciamolo da parte per ora, anche se mi spiace. L'artista quello no! Se lo sono davvero, lo sono un po' anche sulla bicicletta! ...Acc...Ah no! Vi ho già detto che ci vado ancora!!!
Comunque sia, la "mia" band, "CantinaRossignoli" (nome scelto da loro ma che a me ovviamente piaceva tanto!) è stata una delle cose più fenomenali della mia vita, nonchè la mia salvezza, il mio psicologo privato e personale.
In quella band da sogno c'erano anche gli unici che han sempre saputo tutto di me, grandi amici che stimo e adoro ancora con tutto il cuore.
Nel frattempo, alla fine del 2003 il sistema nervoso mollò del tutto e finii in ospedale semiparalizzato per poco meno di una settimana.
La prima ipotesi dei medici che mi visitarono in pronto soccorso aveva il bruttissimo nome di una sindrome degenerativa del sistema nervoso che portava al Creatore in ben poco tempo.
Mi scoprii stranamente in pace e mi dissi:"Vabbè Ste. Di chilometri ne hai fatti parecchi e hai un po' di amore nel cuore. Si può fare."
Non vorrei bestemmiare ma forse mi sentii anche sollevato dai problemi che mi attanagliavano e mi opprimevano.
Poche ore dopo il ricovero e l'ennesima e durissima visita neurologica la diagnosi cambiò e al posto della sindrome esclusa con certezza, si disegnò davanti a me e ai medici un punto di domanda che rimase senza risposte.
Da allora fu tutto in salita...fortunatamente...per ora.
In un paio di mesi riuscii a stare in piedi e a muovere le dita per suonare, cantare e fare un bel concerto coi Cantina che continuarono a "Curarmi" fino al 2007 ma era solo il 2004.
Cominciai a curarmi da solo. Basta visite neurologiche!
Prima di tutto, eliminare ogni forma di stress.
Venne da sè che chiusi con quella storia che mi costò o mi regalò anche 27 canzoni che ora non suono quasi più.
Non accettai lavori e impegni stressanti, dubbi, ecc e che non dessero soddisfazione. Dovevano essere almeno un po' utili e cercai di fare nella vita solamente cose belle, oneste, di vivere appieno ogni momento, anche quelli di attesa.
E di ottimizzare anche i momenti che sembrano brutti, noiosi o altro.
Poche lamentele e tanta azione.
Meglio che si può.
Lo capii a poco a poco e lo sto cercando di capire ancora man mano.
Mi aiutarono anche alcuni amici come Davide collega di Grotta e i miei famigliari.
Da allora cammino su un'asse di equilibrio instabile e delicato ma che ogni giorno prende sempre più forma. Sto sulla difensiva, guadagno quattro soldi in croce ma non esito a fare! E comunque faccio solo quel che mi sento, che posso e un poco di più...
Qualche mese prima di stare malissimo, nella primavera del 2003 Alessandro, amico dei monti e di Rhemes e massofisioterapista che cercò di curarmi per qualche mese a forza di massaggi e strane macchine elettroniche, mi convinse a salire sul Grignone in inverno dalla Cresta di Piancaformia con suo papà Silvano.
Sono ancora così felice di aver accettato seppur con titubanza quell'invito!
Ale era sicuro che sarei arrivato in cima ma io no.
Scoprii che forse potevo ricominciare a muovermi e pure a muovermi in montagna!
Fu con lei, con la montagna, che ricominciai, dopo la durissima parentesi ospedaliera ovviamente.
Per la primavera del 2004 mi ero rimesso abbastanza in piedi.
Cominciai ad usare regolarmente la panca piana e il bilanciere acquistati dall'amico e socio di tesi Paolo e i manubri regalatimi dai miei amici di sempre.
Misi su qualche etto di muscoli e durante l'estate mi concessi due brevissime vacanze di quattro giorni a Rhemes con i miei e, dopo alcune gite preparatorie di enorme soddisfazione, raggiunsi a piedi la cima di un colosso di 3609m con un po' di ghiacciaio nel mezzo, da solo, con la mia nuovissima picozza che mi regalò mio fratellone e i ramponi che negli anni 50 erano stati sul Cerro Torre!
Lo sento ancora mentre scrivo, quello che sentivo e sentii dentro, dalla pianificazione dell'ascensione, dai dubbi del giorno prima ...e dalla "Strada" che mi si apriva davanti.
Mi sentivo rinascere e traevo nuove energie da quelle appena spese. Stavo sempre meglio e fu certamente da lì che ricominciai: dalla montagna!
Così la mia famiglia passò di preoccupazione in preoccupazione.
Acquistai anche una bmx pensando di darmi un po' allo street! Imparai a saltare un po' sulla ruota dietro, su qualche panchina e muretto. Mi divertiva un sacco e cercai anche di andarci a Milano al lavoro. Misi la sella alta ed era anche comoda e sopportabile per i nervi ancora un po' infiammati.
Andai a trovare Ambra a 25km da casa ma il mezzo era troppo goffo per le lunghe percorrenze. In paese però era incontenibile.
Insieme sembravamo una scheggia impazzita.
E ricordo i ragazzini che mi incrociavano e urlavano ai Nonni e ai genitori:"Voglio anche io quella bicicletta!" ...quando mi chiedevano di impennare mi dovevo defilare, ma questa è un'altra storia per dopo!
Andai anche a trovare Criss, quindici anni dopo, con la mia bmx...
Nel 2005 non mi fermai e andai su qualche 4000 con mio fratello e Marco.
Mio fratellone mi portò anche a scalare una volta sulla roccia!
Rimasi stregato!
Così, con l'amico Samuele comprai scarpette e sacchettino di magnesite e mi presentai una sera di dicembre 2005 in Palestra di Arrampicata a Corsico dove ora sono un Istruttore di Arrampicata seppur di modesto livello.
Sarà stato per il buon umore o per l'esercizio fisico e per i muscoli che ricominciavano a sostenere lo scheletro ma sentivo che alcune cose andavano meglio.
Moralmente ero più positivo e assetato di vita.
Ricominciai anche a correre per merito degli amici Magda e Daniele che mi coinvolsero nelle loro uscite regolari e, un anno e mezzo dopo, nel 2007 riuscii a corricchiare la Maratona di Chicago con "Il Davide" (Perdonatemi l'articolo determinativo ma il Davide è il Davide!).
Mi feci un po' male ad un ginocchio per colpa delle scarpe troppo vecchie, usurate e di tipo sbagliato ma dovetti reimparare quasi tutto anche in quello sport che poi avrei continuato a praticare a sprazzi in montagna fino a percorrere l'intero tracciato del Trofeo Scaccabarozzi (43km e 3500m di dislivello con quattro ferrate) in modo del tutto indipendente in una giornata in 16 h e 15'. Troppo lento per partecipare alla gara con tempo massimo di 11 h e 30'.
Due gambe così...
Pensavo pochi giorni fa al momento in cui lo pensai nel 2007, contento della forma fisica che raggiunsi.
Ero sdraiato sul divano in pausa. Era estate e le gambe nude mi si mostrarono davanti in tutta la loro tonicità.
Erano anni che non le vedevo così e dissi:"Spero che quando non vedrò più le mie gambe così sarà solo perché sarò troppo vecchio"...
Non si offenda chi non ha le gambe. Non è mancanza di rispetto per voi.
Non posso immaginare come sia.
So solamente come ci si sente quando non si può più fare quello che si faceva prima, quello che si faceva con passione estrema e dedizione e che sembrava così vitale.
Semmai ritengo che sarebbe una mancanza di rispetto a me stesso non mantenere quello che ho nella miglior forma ed efficienza possibile.
E ritengo anche che sarebbe una mancanza di rispetto non usarlo al massimo e qui si aprirebbe un complicatissimo discorso etico personale e/o comunitario su quanto valga la pena conservare risorse personali, utilizzarle, rischiare o non rischiare di perderle in attività pericolose ma...
La vita al risparmio per me sarebbe una prigione e questo è quanto, in tutte le attività che svolgo, ciclistiche, lavorative, personali, mentali, ecc.
Appena dopo i parecchi infortuni causati a me stesso e da me stesso mi sono sempre chiesto se ne valesse la pena e, salvo rari casi, la risposta è sempre stata un sì, anche nel momento della sofferenza.
Ora poi non posso essere più così estremo come allora...
Il diciottesimo compleanno della Stumpjumper
E venne il 2008 e con esso il diciottesimo compleanno della mia Stumpjumper!
Attaccato com'ero e come sono a quel mezzo, volli cercare di festeggiare nel miglior modo possibile, ovvero con lei su una salita delle Alpi!
Era solo una questione di coraggio, di trovare il coraggio di ricominciare ma la fiamma, quella, di certo non si era mai spenta.
Il 31 maggio 2008 misi la Stump sul tetto della mia Panda e partii per Airolo. Destinazione: Passo della Novena. Uno dei passi di quella zona che non avevo ancora percorso.
L'allenamento era quasi a zero perché, colto dalla spirale dell'arrampicata mi ero dedicato incessantemente con l'amico e fratello di corda Toso a scalare. Avevo così mollato la bmx se non per attraversare il paese quando andavo a far spesa o in AVIS.
Una settimana prima però misi a punto la Stump e andai dalle mie parti a far due giretti di allenamento rispettivamente di 15km e 18km. Notai che la posizione da tenere era alquanto cattiva ma, in così pochi chilometri non si aggravavano i miei fastidi...a parte un male allucinante al fondoschiena che non ricordavo possibile!!
Da Airolo salii fino alla località "All'Acqua" dove la sbarra per la Novena era chiusa. Rischio valanghe diceva.
Io comunque ero già partito per la tangente! Con la testa avevo già riattraversato la Svizzera da parte a parte e le emozioni erano incontenibili!
Decisi di scendere nuovamente ad Airolo e salire sul Passo del San Gottardo dalla mitica tremola in pavè. La percorsi fino a metà e poi ancora valanghette qua e là, allora raggiunsi il passo dalla Cantonale che, fuori dalla lunga galleria, si presentava tagliata tra enormi muri di neve!
Una salitella modesta diventava la mia nuova prima salita, epica e con la neve!
Sulla neve ci pedalai anche un poco per gustarmela già che c'era!
Che giornata indimenticabile.
Di nuovo in salita e stavo bene!
Mi resi conto che in salita i nervi stavano buoni. Anzi, i continui movimenti di trazione, dell'alzarsi in piedi e poi sedersi sembravano farmi bene. Stavano un po' male i piedi, formicolanti e infastiditi dai pedali taglienti.
La discesa mi ammazzò. Formicolavo tutto ma mi divertii così tanto ad andare di nuovo così forte...di certo meno di prima ma a me sembrava di più!!!
Stavo imparando a gestire i movimenti, le posizioni che potevo tenere oppure variare in ogni mia attività e la Stumpjumper non era certo la cosa più confortevole che potessi far utilizzare al mio corpo.
La ripulii ben bene e la appesi in sala, con l'intenzione di riutilizzarla a maggio dell'anno successivo per un'altra salita! ...magari due!
Ora, perché appendere la bici in casa?
La mia Stumpjumper ormai non è certo una bicicletta da riparare da furti di ladri specializzati.
E' vecchietta pur essendo un gioiellino e non ha più mercato.
C'è chi dice che le bici abbiano un'anima. Il mio amico Davide invece le paragaona di più ad un cancello!
Io credo semplicemente che le biciclette portino la nostra anima altrove e le mie lo hanno sempre fatto.
L'anima, la sensazione di noi è nostra.
Penso a come sia possibile sentire così tanto in una storia a senso unico con una donna o un uomo che sia mentre l'altra o l'altro non sentono assolutamente nulla.
Con la bici sembra proprio una storia a senso unico in cui sembra che il ferro ci voglia bene e risponda alle nostre domande.
Beh, ci sfido!
E' stata progettata per quello e rispondere ai nostri stimoli.
Se le dai poco, anche lei non ricambia più di tanto ma, se ci metti tutto te stesso, risponde al massimo delle sue possibilità.
Detto questo, allora potrei reggerne la mancanza se in qualche frangente dovesse sparire.
Non dovrei dispiacermi per la bici e pensare con preoccupazione a chi andrà in mano la poveretta, invece io, come molti altri che l'hanno vissuta così tanto mi sentirei privato di una parte di me senza la mia Stumpjumper e sarei anche un po' dispiaciuto per lei che, seppur da cancello, un anima mi pare ce l'abbia!
E comunque, lì appesa, resta sempre un bel quadro pieno di ricordi!
Fortunatamente però, dal muro cominciai a tirarla giù, seppur raramente...
Misurai qualche percorso della famosa corsa a piedi del paesello ma anche in quelle poche pedalate pensavo alle grandi salite del passato e a quelle miriadi che c'erano ancora da fare...come il Passo della Novena ad esempio!
In pianura i nervi rispondevano ancora male quando stavo sulla mia Stump quindi non la utilizzavo ma avevo imparato ad accontentarmi di quel che potevo fare, allora godevo già del fatto che almeno una volta l'avrei usata in salita...magari anche due, pensavo!
Il Passo della Novena nel 2009
Quindici anni prima non avrei dedicato un titolo ad un passo più o meno qualsiasi seppur ritagliato in un paesaggio meraviglioso. Fu pure una giornata di pioggia a secchiate, vento e neve in cima ma fu la seconda salita del mio nuovo inizio.
Era deciso: con ogni condizione di tempo!
Fu una bella gita con gli amici, Paolone, Claudio, Rossella (di corsa) e Mauri all'ammiraglia!
Che lavata storica ma che soddisfazione poter superare la località "All'Acqua", giungere lassù in cima e, nonostante tutto, la pioggia, la neve e il freddo, sentire ancora la velocità sul mio mezzo.
Non patii nemmeno troppo la discesa ma forse ero anestetizzato dal freddo!
Per quell'anno appesi di nuovo la Stump.
Mi ingegnai però perché spingeva forte la voglia di pedalare e, complice l'arrivo di un nuovo rottame in casa, decisi di farne un mezzo comodo e veloce.
Era una vecchia bicicletta da corsa e di certo assemblai un mezzo veloce ma, sulla comodità e guidabilità non ci azzeccai molto.
Due giri.
Uno per le cascine intorno al paesello e un'altro per andare al lavoro in centro a Milano.
Fu così che conobbi la Gio, amica commessa. Fu lei, debole di stomaco come me, a portare la cassettina del pronto soccorso per farmi medicare da una sua cliente e da un orefice del negozio di fronte...
Mi ruppi il radio del braccio destro e mi tagliai fino ai tendini del gomito sinistro.
Alla sera a cena mi imboccarono e al mattino fu complicato farmi il bidè per conto mio ma ci riuscii!!!
Usai la bici un'altra volta per andare a Milano al lavoro solamente per sconfiggerne il fantasma, poi la appoggiai ad una parete ed è ancora lì!
Di nuovo sul Passo dello Stelvio
Venne la primavera del 2010 e la vita mi regalò un'altra giornata memorabile col mio fratellone.
Mi regalò e si regalò due gomme nuove da strada e un paio di giorni dopo partimmo alla volta di Bormio per affrontare il Passo dello Stelvio.
Quell'anno l'allenamento ciclistico era a zero! Qui la relazione tratta dal mio sito web:
Eccomi a fare una breve relazione della salita allo Stelvio del 20 luglio con il mio fratellone...
Breve si, perché anche a farla lunga non riuscirei a farvi capire cosa ho provato questo fantastico giorno!
Tornare a pedalare su una salita così famosa, così alta, quando solo poco tempo fa pensavi fosse impossibile è una cosa impagabile. Non la cambierei con niente.
Giusto due parole sulla salita:
Siamo partiti appena prima di entrare in Bormio, poi abbiamo raggiunto il Passo in bici e siamo scesi dall'altra parte per una decina di tornanti o poco più e poi siam risaliti e ridiscesi a Bormio...
Da entrambi i lati è dura, non tanto per la pendenza che non è nulla di che, ma credo più per la quota. ...ovviamente il versante di Trafoi (quello tradizionale) è molto più pittoresco!
Il mio allenamento consisteva nell'essere andato a fare la spesa in bici due volte nel mese precedente per un totale di 3.6km!!!!!
L'allenamento di mio fratello ...forse 300km nel mese precedente.
Dalla mia ho che sono abbastanza attivo, ma non basta!
Noi siam saliti perché abbiamo tanta esperienza di salite ...seppur nel passato e ci conosciamo abbastanza bene.
Per il resto è una salita che va preparata con cura.
Da Bormio sono 40 tornanti (in realtà ne ho contati 41, ma vabbè). C'è qualche tornante subito dopo il paese, poi un lungo mezzacosta che salirà più o meno al 5 - 7%.
Poi la strada piega a destra entrando nella vallata. All'altezza di una casa diroccata e cadente (attenzione!) c'è una fontanella nascosta dai muri. Bisogna passare una porticina sotto i calcinacci semi-diroccati! Mio fratello ha bevuto, io avevo molti liquidi appresso!!!
Poco dopo c'è una serie di tornanti molto belli, in mezzo agli ultimi pini mughi.
Da lì la strada prosegue a mezza costa con numerose gallerie strette e strabuie da togliersi gli occhiali scuri ed avere qualcosa per farsi vedere dalle macchine, noi avevamo le nostre luci rosse a led.
Mentre si percorre questo tratto si può vedere la prossima serie di tornanti che sono molto pedalabili, ma ci si arriva con un piccolo tratto (circa 200m) al 14%!!!
Da questi tornanti si può ammirare una mega cascata stupenda (più sotto è un torrentello perché la maggior parte dell'acqua viene incanalata, credo per scopi idroelettrici).
C'è un piccolo sentierino che ci arriva da un tornante ma è davvero pericoloso arrivare sul ciglio. Non fatelo!
Poi la strada spiana di nuovo e si attraversa un lungo vallone dove c'è una delle case cantoniere, una chiesetta e un alpeggio.
Il profumo dei pascoli è stupendo e vediamo delle marmotte!
Quando la strada si reimpenna, si può già vedere il Passo. Non l'ho mai giudicato bello.
E' bella la salita di qua e di là, ma il passo è un po' (perdonate il termine) un bordello!
Comunque sia bisogna superare ancora qualche centinaio di metri di dislivello e parecchi tornanti. Lo scollinamento si fa un po' desiderare e poi eccolo!!!
Quindici anni fa, lo pedalai con 19.5kg di bagagli esclusa l'acqua e il cibo ...e mi ricordo che verso la fine ebbi un accenno di crisi che recuperai nella nottata con una gran dormita in quel di un campeggino vicino a Bolzano...
Dopo la dieta del campione, un panino wuster e crauti e una weiss da 0.5 e momento di relax, decidiamo di scendere di là. Un tornante? due? ...ma dai no, andiamo fino a quel furgone giallo...parcheggiato su quel tornante laggiù...
Beh, ci son voluti 2 minuti per scendere!!!
Avevo paura di aver paura ...dopo essermi rotto il polso in bici meno di tre mesi fa... ma quando sono sulla mia StumpJumper scatta qualcosa di incontenibile e 100m dopo l'inizio della discesa tiravo come un pazzo e urlavo esaltato come un ossesso ...e piegavo la bici sulle curve e chi se ne fregava delle buche... A manetta!!!
Arriviamo al furgone! Ora c'è da salire! Ci mettiamo una vita, ma arriviamo e percorriamo gli ultimi 50m abbracciati come vincitori!
In effetti...
Abbiamo vinto un sogno!!!
E scusate se è poco...
Solo un ultimo appunto. Sulla serie di tornanti della cascata, sfugge inizialmente alla vista ma c'è ancora un pezzettino della salita asfaltata originale del passo. Ed è stato un piacere percorrerla poi in discesa pensando che qualche decina di anni fa son passate tante ruote famose! ...il fondo è pessimo e se avete gomme da strada o bici da corsa, sarà meglio entrare a 10km/h!!!
La relazione del Passo dello Stelvio la scrissi, tecnicamente perché ero abituato a scrivere le relazioni delle mie modeste salite alpinistiche, ma anche perché mi fece vivere di nuovo emozioni incontenibili.
Fu davvero la voglia e le vecchie esperienze che ci fecero arrivare in cima sia da una parte che soprattutto poi dall'altra ad energie quasi esaurite!
Ma che gioia.
Tengo ancora le fotografie di quel giorno sul leggio del mio pianoforte!
Il livello di frustrazione di non andare più in bicicletta era ormai superato dalla gioia di poterci andare seppur quelle rare volte.
Non mi sembrava vero di poter aggiungere qualcosa sulla lista di luoghi in cui andai con la mia Stumpjumper.
Sorprendentemente mi trovai anche citato e linkato in un altro sito web http://www.bicigiri.it.
Ecco la storia tratta dal mio sito web:
Tre Nomi!
Oggi 'viaggiavo' in Internet e spesso mi capita di voler vedere chi visita il mio sito, da quali altri siti proviene o cosa ha digitato sul motore di recerca per trovare me. Certe volte sono nomi di montagne o di facili vie di arrampicata, di qualche corsetta a piedi e moltissime volte sono nomi di luoghi in cui sono andato in bici...
La mia bici, un insieme di emozioni che mi illuminano gli occhi quando ne parlo e per cui l'interlocutore attento nota sempre una lieve amarezza per i sogni infranti e soprattutto per il dispiacere di non andarci più troppo...
Sta di fatto che sulle mie statistiche vedo una visita provenire dal bel sito: www.bicigiri.it di Ferruccio Novati.
Vado a visitare la pagina dei links e scopro che il mio nome fa parte di una lista insieme ad altri due ...di cui ovviamente vado a visitare il sito...
Mi chiedo subito appena scoperta questa bellissima cosa:"Come mai proprio me? proprio noi tre?" e la risposta la trovo nella lettura dei diari di uno e nell'immensa lista di passi dell'altro...
Mi fanno quasi venir voglia di pubblicare i miei, ma vedremo...
In effetti come dice uno di loro è un peccato lasciar ingiallire le pagine nell'armadio.
Pubblicarli è un po' la stessa scelta che ho fatto per le mie musiche. Sono qui in rete per chi le vuole e le desidera anche se in pochi.
I loro diari e le liste infinite di salite e di chilometri (che io ho documentato solo come ricordi non facendone ormai più di qualcuno all'anno per vari motivi) però nascondono quella passione che si trova nei viaggiatori del cuore e della strada...Ecco cosa ci accomuna. Di certo anche l'iperattività, ma non solo questa.
E poi i nomi diventano quattro, poi cinque e poi, poi sono passate tre ore da quando ho iniziato a leggere qua e là e a sentirmi bene come quando pedalavo io, come se li avessi incontrati per strada o la sera alla fine o nel mezzo di una lunghissima giornata passata a gironzolare che è una delle cose che amo di più e che so fare meglio.
...e cresce sempre di più la voglia di un nuovo mezzo, veloce e mooolto comodo, da sostituire al treno+metrò+sclero e che mi accompagni magari ancora una/qualche volta lontano...
Eccolo lì! La voglia di un mezzo nuovo!
Mi rendevo conto che sulla Stump non avrei potuto passarci troppo tempo. Era troppo dura, lunga, bassa e tirata. Mi veniva sempre più voglia di provare e comprare qualcosa di nuovo, una bicicletta da turismo ammortizzata, ma non ebbi nemmeno occasione di provare qualcosa del genere.
Sapevo che le biciclette erano cambiate molto e non avevo idea nemmeno da che parte cominciare. Prima poi bisognava avere almeno qualche soldino e i miei lavori, per quanto belli, mi han sempre fatto guadagnar quattro soldi.
Ortisei - St Ulrich
Il 2011 però fu un anno ottimo, anche lavorativamente parlando!
Alla fine della primavera ebbi l'occasione di andare a lavorare nella splendida Ortisei St Ulrich.
Sarebbe anche venuto a trovarmi Fabrizio (il Fibra) per il week-end, socio di montagna, diventato istruttore di alpinismo insieme a me e al Toso.
Nonostante ci saremmo trovati sotto pareti storiche delle Dolomiti gli dissi "Porta la bici!".
Non potevo resistere al richiamo dei passi dolomitici.
Lavorai come una macchina e finii venerdì sera e arrivò il Fibra.
Il giorno dopo eravamo pronti per salire sul Passo Gardena e poi sul Passo Sella. Nell'ultimo tratto mi chiese se poteva allungare perché andavo un po' troppo piano e mi aspettò in cima!!! Da lì, attraversammo poi la "Città dei Sassi" innevata e scendemmo per "La Bellissima", una pista di sci che Fabri conosceva benissimo e che fino ad allora aveva fatto con gli sci!
Io avevo le gomme dello Stelvio e rischiai un paio di disastri ma mi divertii un sacco. Penso anche lui!
La domenica andammo a scalare. Si doveva fare una vietta ma era troppo innevata, allora optammo per falesia tra i Crochi in fiore al cospetto del Sasso Lungo e giro dei quattro passi relax in macchina!!! Fibra, grande conoscitore della zona mi faceva da Cicerone descrivendomi ogni muro e caratteristica delle piste da sci attorno a noi, dalla bellissima alla famosissima Sass Long!
Arrivò sera e ci salutammo.
Io avevo ancora il lunedì di vacanza e superai il Passo Sella in macchina per spostarmi in Val di Fassa e percorrere la salita del Gardeccia pochi giorni prima che l'affrontasse il Giro d'Italia.
Trovai gli asfaltatori al lavoro e alcune centinaia di metri le dovetti superare a piedi sul ciglio della strada...
Ma non importava! Erano già due giri in tre giorni e il Gardeccia fu strabiliante. Andai poi fino al Ciampedie risalendo e scendendo dalle piste da sci con qualche tratto di sentiero minimamente tecnico.
Mi avevano protato i miei genitori quando ero molto piccolo e c'era un tempo da lupi. Quel giorno invece le Dolomiti apparivano in tutto il loro splendore, dalle Torri del Vaiolet alla Marmolada.
Lavorai meglio che potessi, come sempre.
Al museum de Gardeina furono contenti del mio lavoro e mi richiamarono un mesetto dopo.
Bici al seguito ovviamente per proseguire dopo i lavori con qualche giorno di vacanza.
Pioveva, quindi riuscii a fare solo un giretto su un'altra salita mitica e dolomitica che non avevo mai percorso: la Marmolada, o meglio, il Passo Fedaia conosciuto però dagli amanti del Giro d'Italia come "La salita della Marmolada".
Mi infilai tra una nuvola e l'altra e completai la salita con molta calma!
Ero lentissimo ma la cosa non mi dava problemi.
Dopo Malga Ciapela la strada si fa davvero ripida e dopo due curve si impenna al 15% per un chilometro e mezzo drittissimo e durissimo sia fisicamente che mentalmente. Là in fondo i tornanti spaventano anche se poi su quelli si respira un po'.
In quel km e mezzo mi fermai a metà a tirare il fiato e a guardarmi intorno.
La gioia era a livelli massimi. Di nuovo una salita del giro, di nuovo sulla mia Stump e senza grossi problemi ai nervi salvo un pochino in discesa.
Il tempo peggiorò molto e tornai a casa subito dopo la Marmolada.
Aprica e Mortirolo
A luglio il brother mi chiese di andare a concatenare il tour dei passi dell'Aprica e del Mortirolo.
Ormai non potevo più resistere e andai.
Non voglio relazionare la giornata che fu, manco a dirlo, stupenda ma voglio raccontarvi di un tornante...
Entrai anche in quel tornante pedalando in piedi, un tornante verso sinistra, il terzultimo.
Ormai non sognavo più da così tanto tempo di vincere il Giro ma quella fu una specie di vittoria, una conquista.
Ebbi la sensazione di vedermi dall'esterno, dalle telecamere del giro.
Immaginavo come fosse lì, la gente esaltata ed io pure, in piedi sui pedali a conquistare a pochissimi chilometri all'ora quella storica e meravigliosa salita.
Credo anche di aver ricominciato in quel periodo a sognare di notte di andare in bicicletta.
Riguardo le fotografie di quei giorni e la vedo la faccia che ho!
Non l'avevo da tanto tempo davvero!
Mi piacerebbe non far tornare tutto normale, come se lo fosse... Mannaggia all'abitudine. Alle cose belle ci si abitua troppo facilmente. Vorrei evitarlo.
Quel giorno fui felice anche per aver superato i 70 km in giornata!
Erano cifre che non conoscevo più e non vedevo il bicchiere mezzo vuoto!
Lo vedevo mezzo pieno con un'esile fontanella che continuava a riempirlo e non volevo perdermene neppure una goccia.
Finirono le salite per quell'anno ma ero tornato a sognare!
Sistemai anche l'altra vecchietta, la bici da scuola e cominciai ad utilizzarla sporadicamente per coprire i miei 40km per andare e tornare dal lavoro. Lo facevo una volta alla settimana e ci mettevo quasi un'ora e mezza. Con calma però miglioravo i tempi che arrivarono all'ora e venti, ovviamente solo per l'andata!
Il Triathlon
E' una parola grossa lo so ma ne completai un paio. Due sprint. Frazione in bici sulla mia Stumpjumper! Il primo andò bene nel senso che arrivai in fondo e il secondo andò molto bene. La frezione di bici la macinai a 32km/h di media e per me era un grande risultato.
Il mio primo olimpico andò male e fu l'unica gara che non completai in vita mia ma caddi dalla bicicletta che per quell'occasione era quella da scuola che volevo onorare...invece mi prese una contrattura così forte che le gambe si fermarono e sbadabang. Finii in terra in pasto alle zanzare...
La cosa più bella di quei triathlon è che ce li organizzammo e li portammo a termine tra amici e solo tra amici. C'era chi faceva solo la frazione a nuoto, chi solo la bici e chi solo la corsa e, di corsa, anche la frazione in bici, chi ci curava le bici, chi guidava, chi cucinava e teneva aperta la zona cambio, ovvero casa mia! Fu meraviglioso.
Non riuscendo a completare l'olimpico, decisi tra me e me che ne avrei fatto uno personale e solitario per risolvere il problema ma mi ruppi un braccio e poi lo sport mi portò da un'altra parte, non nuotai più un gran che e aspetto ancora di riprendere seriamente per poter portare a termine il mio olimpico ma ...tempo al tempo.
Ora però devo fare un piccolo passo in dietro.
Il Monte Generoso
L'anno dei primi triathlon chiamati "Triathlon del Dosso" era il 2012.
I 32Km/h di media in bici nella seconda gara furono il frutto di un estate in montagna a bordo della mia Stumpjumper.
La fortuna di un'estate finalmente!!!
Complice il lavoro di guida presso la Grotta dell'Orso del Monte Generoso, passavo da qualche anno delle estati più o meno meravigliose su quella montagna.
Avevo provato qualche anno prima a portare la Stump e perfino la bmx. Mi divertii ma i tempi non erano ancora maturi. Bastava poca discesa e mi si addormantavano le braccia...
Provai anche nel 2012 e fu un successo!
Dormivo sul lago di Lugano ma lavoravo appena sotto la cima del monte. In salita sfruttavo il trenino per andare all'hotel Vetta a farmi viziare da Anna e Manu con una splendida colazione.
Se serviva, caricavo una tanica di benzina per i generatori di elettricità nello zaino e scendevo alla Grotta. A volte il carburante lo portavo giù di pomeriggio. La sera risalivo, ritiravo la cena a meno che non avessi raccolto funghi o avanzato qualcosa dal giorno prima e poi scendevo nuovamente sul lago per 1400m di dislivello ...tutti i giorni!
Era un pacchetto tutto compreso: lavoro, vitto e alloggio. A volte tiravo tardi in cima, mi godevo la cena o la compagnia di un'amica o di un amico, un bel tramonto, il silenzio, aiutavo il pastore Adriano a spostare il latte appena munto e poi giù.
Ricordo la difficoltà delle prime volte.
La Stump montava ancora le gomme da asfalto dello Stelvio, dure e intrattabili. Non ricordavo che contassero così tanto! I primi giorni avevo timore nell'affrontare la discesa verso la Stazione di Bellavista piuttosto tecnica inizialmente. Arrivavo anche giù con male ai palmi delle mani per i colpi ricevuti. Percorrevo molti tratti a piedi per paura di ribaltarmi!
Impiegavo circa un'ora per scendere dalla montagna e solo i primi 400m di dislivello li percorrevo su sentiero. Il resto su una breve sterrata e poi su asfalto.
La settimana successiva passai da casa e caricai tutte le gomme che mi erano rimaste dai tempi dei tempi, comprese le ground control extreme originali del 90! Le distrussi tutte nel giro di una decina di discese. Un paio le aprii letteralmente con conseguente discesa a piedi e arrivo alla base alle 22:30!
Quel giorno venne mio papà con Sasho a trovarmi durante la campagna di scavo per cui Fabio mi chiamava spesso e volentieri e in cui conobbi Francesca che venne poi a trovarmi un paio di volte sul monte e provò la mia bicicletta...
Papà e Sasho portarono da mangiare e bere per quindici persone e, al momento di rientrare, lo stile di guida non era proprio pulitissimo ...e quello fu lo pneumatico più distrutto di tutti!
Ne comprai un paio nuovo, generoso e resistente e mi ritrovai un po' più sicuro e veloce. Stavo reimparando a dosare anche la pressione di gonfiaggio in base al terreno che là era soprattutto roccioso a spigoli vivi e taglienti!
Superavo sempre meglio i tratti ripidi e rocciosi in discesa e ne superavo sempre di più!
Cominciavo ad arrivare giù qualche minuto dopo del treno che impiegava poco meno di quaranta minuti e facevo in tempo a salutare le amiche e gli amici macchinisti e meccanici, amiche e amici preziosi con cui ho condiviso parecchi momenti per parecchi anni e che assistettero al mio nuovo inizio!
Cominciò a balenarmi l'idea di far gara col trenino a cremagliera...
Ormai rientrato appieno nella spirale della Mountain Bike mi tornarono alla mente i progetti di ragazzo. Non certo vincere il Giro d'Italia ma ...diventare Maestro!
Ero molto lontano dalla preparazione e abilità dello Ste diciassettenne che curvava sulla ruota davanti e saliva e scendeva dappertutto, ma quando la passione spinge e si ha un po' di fortuna, si trovano enormi risorse mentali e fisiche.
Cominciai allora ad interessarmi su come e con chi diventare eventualmente maestro di mtb. Tramite il web e l'appoggio di alcuni amici e amiche, decisi per la Scuola Nazionale Maestri di AmiBike. Il primo step sarebbe stato acquisire la qualifica di Accompagnatore di mtb e solo successivamente sarei potuto accedere al corso maestri.
Sentendomi però ancora troppo acerbo, mi diedi un obiettivo e dissi tra me e me:"Ste! Ti iscrivi al corso accompagnatori nel 2013 solo se impari a impennare!".
Già! Mai saputo impennare in vita mia. Avevo trentotto anni e, negato com'ero già a quindici anni, figuriamoci come lo ero a trentotto.
Beh! Ricordo ancora Filipe che sorrideva a vedermi cercar di alzare la ruota davanti della bicicletta e tenerla su un paio di pedalate o tre con estrema fatica!!! Mi ci dedicai tutte le sere per almeno mezz'ora a partire dai primi di settembre. L'inizio fu davvero scoraggiante ...e che male alle braccia!
A Settembre arrivò anche la sera giusta per la gara col treno: poca gente sui sentieri per la stagione che volgeva al termine. Guidava la Eli.
...riporto dal mio sito web...
Una bella "garetta" contro il trenino a cremagliera del Monte Generoso!
Il 14 settembre ho fatto gara di downhill (ma più che altro Super D) contro trenino a cremagliera del Monte generoso.
Partenza insieme al trenino dalla stazione Vetta alle 17:45, precisamente fuori dai cancelletti che impediscono l'ingresso al bestiame; arrivo alla stazione di Capolago in 39 min e 30 sec, 15 secondi prima del trenino!!!!
La gara però ha il suo tracciato e le sue regole:
Il tracciato da seguire non è quello della cremagliera (vietato ...ma fattibilissimo e noioso!!!) ma è il sentiero che scende a sinistra della cremagliera e poi si infila nel bosco sopra la stazione di Bellavista. Da qui poi ho tagliato sulla sterrata che arriva alla strada asfaltata per San Nicolao-Salorino-Mendrisio e poi per Capolago. Sono 19.3 Km da GPS e li ho percorsi a 29.31 Km/h di media con una massima relativamente bassa di 62.2 Km/h dovute alle nuove gomme da trattore che su asfalto non vanno!!!!
Le regole sono quelle del codice della strada ...salvo forse qualche limite di velocità superato in discesa e dell'etica dei 'vecchi' Moutainbikers, ovvero assoluta precedenza ai pedoni sui sentieri e velocità estremamente moderata nelle zone ciclo-pedonali. Mai uscite in velocità sulle curve cieche e cercare di non slittare con la ruota posteriore sui sentieri...
Il tempo ovviamente è migliorabile e anche di molto, anche perché io l'ho fatto con la mia bici rigida del 1990, portapacchino con un paio di felpe legate, zainetto del lavoro in spalla e, soprattutto nella prima parte di fantastico sigletrack, dei buoni ammortizzatori agevolerebbero il passaggio su delle sezioni sassose un po' impegnative e, nel mio caso, spaccamani e spaccapiedi.
In più ci ho aggiunto un bel volo tra i sassi perché ne ho preso uno troppo alto con la moltiplica ed ho pure strappato via un dente, accidentaccio, ma per fortuna avevo ginocchia e gomiti protetti, oltre ovviamente al casco...
In conclusione un super D entusiasmante e al massacro con l'ultimo pezzo di falsopiano discesa che non finisce più in cui servono ottime gambe...
Ho raggiunto e superato il trenino al ponticello di Capolago sopra la cantonale con la macchinista.
Qualche turista e il personale del ristorante bar Vetta dall'interno del trenino esultavano e facevano il tifo per il risultato! Grazie a tutte/i.
Con strada chiusa sarebbe una bella garetta con dei tempi interessanti che stupirebbero!!!
Chissà? Magari un giorno....
Io la riproverò magari quando sarò a cavallo di un nuovo mezzo full suspensed!!!
Ricordo con tantissimo piacere il tifo e il macello che uscivano da quel trenino durante il sorpasso!!!
Fu strepitoso e ancora adesso mi esalta e riempie il cuore...
Ormai la sera e nei momenti in cui non ero sulla bicicletta, viaggiavo tra i tutorial di come impennare su youtube ...e poi scoprii anche molti video girati con le action cam. Ritraevano discese mozzafiato a velocità che nemmeno potevo immaginare.
Sul monte Generoso incrociavo tutti i giorni molti ciclisti che scendevano in mtb mentre io risalivo dalla grotta e alcuni mi chiedevano come facessi a salire con la Stump ...per non parlare di scendere! Beh! Io sapevo come facevo e adesso lo so anche meglio ma dicevo tra me e me. Chissà come vanno le loro bici nuove di pacca?
Vedevo che loro guidavano cose molto diverse dalla mia...
Fu questione di settimane, aprire il sito web di Specialized per vedere "come si fossero messe le cose" dopo così tanti anni senza aggiornarsi! ...mio Dio, come era bella la Stumpjumper nuova. Nera e rossa, come la mia.
Poi cominciai a leggere riviste.
Come per le materie scientifiche, documentarsi anche in Inglese apre tante altre porte e cominciai a leggere molto più di bici che di scienze... A mia discolpa posso dire che di scienza nelle biciclette ce n'è sempre un sacco!
In un articolo vidi una Giant che mi piaceva particolarmente.
Poi fu un attimo accorgersi della diatriba tra ruote da 29 e da 26 pollici e mi informai anche di quelle nuove ruote enormi. Le 27.5 per fortuna non c'erano ancora!
Vidi le Santa cruz da 29 e la Tall Boy mi piaceva parecchio ma continuavo a non leggere di prove delle bici da 29 fatte da piccoletti come me.
Comunque sia, andai da Pro M, un negozio da paura! ...diciamo pure IL negozio di mtb di Milano (anche se allora non lo sapevo ancora!).
Estremamente Ignorante mi presentai per acquistare un Tall Boy di cui, come fanno gli ignoranti come me, avevo visto il prezzo in dollari e trasformato la cifra in euro. Il mio budget era ovviamente molto limitato e la bici in questione, in euro, costava mooolto più del mio tetto massimo e non spiego i dettagli di come andò ma tagliai il discorso!
Il signor Pro M però fu ugualmente gentilissimo e mi aggiornò meglio che poteva sul mondo della mtb nel giro di mezz'ora. Era un sostenitore delle 29! Le altre bici che aveva (di prezzo abbordabile!) non mi piacevano molto e non comprai nulla ma l'ho sempre apprezzato e ne ho sempre parlato bene.
Continuai a documentarmi e andavo sempre a finire sulle Giant e, quasi convinto dal sig. Pro M e dall'amico Mirko a mettermi sotto il sedere una 29, mi informai ancora ma la nuova misura non mi convinceva ...e le 26 mi piacevano sempre di più! ...e andavo sempre a finire su un paio di Giant.
A furia di guardarle mi abituai alle 29 ma nutrivo qualche dubbio!
Mi informai sui rivenditori Giant. Vicini a casa non ce n'erano molti. Lontano per lontano telefonai a Bikextreme di Cassino in provincia di Frosinone. Sul suo sito avevo visto tutti i modelli che mi piacevano e anche quelli da 29. Tutti parlavano bene di quel negozio e Paolone, un mio amico climber gli spediva anche gli ammortizzatori da riparare!
Rispose Antonello!
Altra mezz'ora di telefono per non vendermi una bici da 29! "Per te da 26 è meglio!" mi disse.
Oggi ho la mia idea e magari ve la racconterò, ma andò così!
Mi tranquillizzai perché a me le 26 piacevano ...e piacciono, ma non comprai nessuna bici. Cominciai a parlar bene anche di Bikextreme!
Un giorno poi mi pagarono una fattura che avevo dato per persa da un anno e mezzo!
Aprii il sito di Bikextreme, vidi la mia Anthem X3 misura "M" che mi piaceva un sacco. Ritelefonai ad Antonello, gli chiesi qualche fotografia della "S" e lui me le mandò 15 minuti dopo.
Fu un colpo di fulmine! Me ne innamorai e mezz'ora dopo l'avevo comprata!
Riappesi la Stumpjumper e mi dedicai alla Anthem con la certezza di non dimenticare la Stumpjumper!
La montai e il primo giro fu in Grigna, al Pialeral, poi sul Pizzo d'Erna con Paolone e poco dopo sul Monte Melma sempre con Paolone per il primo Melma Day organizzato da Boris da ormai tre edizioni.
Mi sembrava impossibile da guidare sul Pizzo d'Erna. La sentivo troppo molle e gli ammortizzatori mi sembravano assurdamente peggiorarne le prestazioni.
Capivo che il telaio era spettacolare e speravo di essere io a non saperla guidare!
Già pochi giorni dopo, sul Monte Melma, mi sentivo più in simbiosi con la nuova belva.
Mi divertii molto in salita e ancor più in discesa.
Mentre cercavo di trasferire sul nuovo mezzo le mie poche abilità riacquisite girai un video delle mie impennate sulla Stump e mi iscrissi al Corso Accompagnatori di AmiBike per il Marzo successivo!
Ebbi tutto l'inverno per allenarmi.
E finalmente tornai anche a Ticino!
Di nuovo a Ticino
Non più come una volta che in 30 minuti potevo già essere sulla riva, ma con calma.
Partii alle 10:30 con un paio di panini nello zainetto, pranzai sul fiume e mi fermai tutto il giorno a giocare con l'aderenza precaria di sabbia e ciottoli! Fu un po' come un'altra rinascita...
Sulle brevi discese che portano al fiume mi resi conto della velocità che potevo raggiungere rimanendo nel pieno controllo degli eventi. Pochi mesi dopo mi resi conto che la velocità poteva aumentare parecchio.
E il controllo ovviamente diminuire!!!
Partecipai al corso accompagnatori. Non avevo ancora bene idea di cosa potessero fare le mie gomme e la mia bicicletta. Non avevo ancora nemmeno idea di cosa ci fosse sul mercato.
Il corso accompagnatori mi entusiasmò. Incontrai gente simpatica e gente capace. A volte entrambe le cose!
Vidi biciclette strane, a volte mi piacevano, a volte no e comunque mi convinsi che per il corso maestri c'era bisogno di tempo.
Odio fare le cose male.
Già mi sento mediocre in tutto e non era il caso di presentarmi da "Aspirante maestro" senza lo spirito giusto, senza avere approfondito abbastanza e prima di aver risolto un paio di problemini di guida che notarono i miei Istruttori.
Per quanto mi riguarda fu una scelta saggia, soprattutto dettata e aiutata dalla carenza di denaro e fu una fortuna iscrivermi l'anno successivo.
Qui, la breve relazione del "Mio" corso accompagnatori tratta dal sito web.
E' da quando avevo 15 anni che volevo diventare maestro e nemmeno esistevano i maesti.
Ne parlavo con l'amico e compagno di banco Mirko, nonché rider esperto di classe estrema anche attualmente.
Beh, io ho smesso per molto tempo di andare in bici, ma ora che sto bene mi è tornata la voglia di diventare maestro di mtb.
Il passo obbligatorio con Amibike (associazione che ho scelto per il mio iter) è quello di diventare prima un accompagnatore di mtb, e poi un maestro.
Il primo step è andato a buon fine grazie all'allenamento estivo 2012 e invernale 2013.
Il corso è stato entusiasmante e gratificante.
Sono riuscito a mettermi in gioco e i maestri mi hanno gratificato e con precisione mi hanno ricordato certi aspetti della guida che a volte non applico quando sono a bassa velocità.
Ad esempio l'estate scorsa a volte mi trovavo in difficoltà semplicemente perché non osservavo per tempo il tracciato... Dieci minuti dopo che ero in bici se ne sono accorti e a furia di dirmelo, in questi giorni sono diventato un radar!
L'influenza ci ha messo del suo ma globalmente devo essere soddisfatto del risultato di 390 punti su 420. Io speravo in 420 ma vabbè, so già che non sono un tipo da esame o da gara...
L'importante è aver dato il massimo!
Mi spiace che nonostante l'invito dei miei maestri a seguire immediatamente il corso "Maestri", non possa accettare e farlo per ragioni di tempo e soprattutto economiche ma, se resterò in salute, sarà l'obiettivo dell'anno prossimo. Intanto affinerò la guida, il "manual", i salti, quelle poche tecniche di trial che conosco e magari ne imparerò di nuove, in modo da presentarmi ad un'eventuale selezione col coltello tra i denti.
Frequenterò per quel che mi è possibile il centro nazionale amibike "Milano trail bike" cercando di non mollare l'arrampicata a Corsico che mi piace sempre e mi fa bene alla schiena e al cuore...
L'estate sarà nuovamente al Monte Generoso sperando di starci parecchio tempo e poter fare tantissimo fuoristrada come l'anno scorso.
Quindi a presto con la maglietta blu di amibike ...appena potrò acquistarla!!!
Ora come ora ho finito un po' le risorse economiche, ma ne è valsa la pena...
Son contento io, è contenta la mia bicicletta che non è mai stata così pulita e in ordine e siam pronti...
...per una primavera/estate da urlo ...si spera!!!
Grazie a tutti/e: a chi si è occupato dell'organizzazione, ai maestri, supporters, compagni/e di corso ...e come sempre a famiglia e amici che mi hanno sopportato e supportato prima, durante ...e dopo questo corso!
Ebbi un anno per allenarmi e di nuovo passai l'estate sul Monte Generoso. Lì, ad esempio, imparai a regolare gli ammortizzatori al meglio. Continuai a far tutti i giorni un po' di salita e la splendida discesa verso San Nicolao e passai un'ora al giorno per due mesi al Pump Track di Mendrisio che si trovava su una delle vie di rientro dal lavoro...
Le velocità in discesa erano indescrivibili rispetto all'anno prima enormali forse in una enduro cup. Ormai conoscevo anche le briciole di terra e sassi di quel sentiero e me lo sparavo ormai sempre a tutta.
La gara col treno me la dimenticai, semplicemente perché ormai non c'era più gara...
Dovetti fare una pausa forzata dalla bicicletta perché mi ruppi un braccio e mi lussai un gomito cercando di strafare sui salti.
Fui molto sciocco.
Avevo appena imparato a superare due piccole gobbe del pumptrack in manual, e a collegarle con un piccolo salto staccandomi da una gobba e atterrando sulla discesa dell'altra e passai subito ai salti più grossi. ...molto più grossi... e, come al solito, giustamente pagai la mia leggerezza.
Smisi di pedalare ma non di lavorare. Nemmeno andai al pronto soccorso per non perdere giorni di lavoro e soldi preziosi. Mi steccai da solo la sera stessa. Andai dieci giorni dopo in Pronto Soccorso a Milano e, diciamo che non mi fecero i complimenti...
Dopo un mesetto di sosta forzata dalle pedalate, il primo giro che feci durò una ventina di minuti e impennai e basta, così il braccio tirava e non doveva reggere peso.
Appena ricominciai a pilotare la mia belva su e, soprattutto, giù per il Generoso, decisi di lasciar perdere per un po' il pumptrack ed esplorare i sentieri del lato italiano. Comprai anche un bel casco integrale!
Fui sorpreso da quante possibilità c'erano di complicarsi la vita in discesa o semplicemente di godersi una scarrozzata a tutta velocità per stradine tra boschi e prati prima di infilarsi in Val Mara appena sopra il Lago di Lugano.
All'appuntamento estivo con Adri, gli proposi la discesa verso Peglio e ci divertimmo un sacco...
Ogni giorno cercavo luoghi sempre più ripidi, veloci e facevo salti sempre più lunghi sui cambi di pendenza.
Fabien Barel, il rider fuoriclasse francese, girava in continuazione sul mio PC e cercavo di carpire il maggior numero di particolari sul suo stile di guida!!!
Fu anche quella un'estate da overdoose di Mountain Bike e fu molto difficile smettere.
A metà ottobre ero già in crisi da astinenza da forza e accelerazione di gravità...
Fu così che mi venne un'idea...
La pista!
Da tempo, ho "scoperto" che farsi le cose da soli, magari non è bello ma è decisamente molto efficace.
Da sempre invece so che fare le cose in compagnia è bellissimo...ma mi capita di goderne solo in compagnie e ambiti molto ristretti. Negli altri ambiti e in quantità di persone elevata, molto spesso, non è efficace, sempre limitato da qualcosa e difficilmente gradisco.
Beh. In parole povere decisi di fabbricarmi una pista "privata" su un terreno pubblico vergognosamente abbandonato al degrado da un paio d'anni.
L'obiettivo per me era chiaro: fare qualcosa in cui, dietro casa, provare l'ebbrezza della velocità e sentire l'accelerazione.
Dietro la stazione del mio paesello, era stato costruito da due anni un grande parcheggio, mai utilizzato e, quella che doveva essere l'area verde, era ridotta ad un grosso mucchio di terra ed una distesa pianeggiante di erbacce in balia di vandali e scaricatori abusivi...
...un grosso mucchio di terra...
Ci siamo capiti!!!
Allora, è chiaro che io sono un bambino di 41 anni, a quel tempo soli 39 e, montagna di terra per me vuol dire:"Se puoi, vai in cima!".
Era un giorno nebbioso di metà autunno e tutto era brinato.
C'era almeno mezzo centimetro di galaverna sulle piante.
Presi bici, zainetto e falcetto e mi recai alla montagnetta. Falciai erba per un paio d'ore prima di potermi lanciare a bassissima velocità dalla cima della montagna.
Durava poco, ma scendere da lassù mi dava ottime sensazioni! Spingevo su la Anthem e poi giù.
Man mano che si lisciava, il tracciato diventava sempre più veloce e a metà si poteva quasi saltare. In realtà subivo molto il cambio di pendenza, allora decisi di lisciarlo ulteriormente e modificare la traiettoria a pala e piccone.
Leggevo in continuazione "If you dig, you ride" che tradotto vuol dire più o meno:"Se scavi, puoi pilotare" e, beh, mi accorsi che era vero!
Ogni discesa subivo sempre di meno il salto e imparavo a mantenere l'assetto.
Decisi allora di costruire una parabolica alla base della montagnetta. Era solo un abbozzo rispetto alle ultime che ho imparato a fare ma fu utile. Inizialmente venivo sparato via per la tangente come un proiettile, poi cominciai a star dentro ogni tanto.
Ho una teoria per cui certe cose, se non hai un maestro che può insegnartele grado per grado e non sono pericolosissime, devi provarle subito un po' difficili e sbatterci la testa finché ti riescono perché ti vengono solamente se esegui i movimenti corretti. In caso contrario stai sbagliando qualcosa!
Andai a cercare Mirko per fargli provare il mio tracciato e fu un'emozione pedalare insieme i cinque minuti che servivano per raggiungere la pista...
La provò, mi diede un paio di consigli e mi disse che sarebbe stato meglio farci qualche gobba come in un pumptrack...
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Da lì in poi fu un gran lavoro...
Mi sostenevano gli amici, le amiche, anche se ero sempre là da solo salvo qualche volta preziosa con Mauro, Simone ...Ale e Ila a giocar con la terra e i lombrichi!
Tutti a sottovalutare la pista che divenne un bel pumptrack prima che arrivò la ruspa.
Furono due anni di lavori pesanti ma gratificanti che mi portarono a scoprire nuovamente la vita nella macchia, solitaria e nascosta quasi da tutto e da tutti.
Scavavo, picconavo, spostavo e lisciavo terra.
Se picconavo un'ora dovevo girare almeno un'ora.
Era una tecnica per prepararsi alla ruspa.
In realtà poi, nell'estate 2014 ci girai e basta.
Ci girai più o meno tutti i giorni da aprile a ottobre, almeno mezz'ora al giorno, salvo quando con la mia nuova Anthem ero in montagna ad allenarmi ma, soprattutto, a godere.
Salite ripide, discese ripidissime, gobbe e salti, sguardo oltre le gobbe, le curve e guida estremamente fluida...
Ci vollero tutti i due anni per convincere amici e conoscenti che valeva la pena fare un giretto sulla pista e il pumptrack!
Laura, Rebu, Carletto, Francesco, Mirko e Mattia...
Poi però arrivò la ruspa ...qualche giorno fa rispetto ad ora che scrivo!
Ero pronto.
Tornando a quei due anni, la pista cominciò a esistere per esigenze di forza di gravità e accelerazione e continuò a funzionare per allenarmi, finalmente, durante il corso maestri di mtb.
Non avendo le montagne a disposizione fuori casa e molto pochi soldi per la benzina, serviva qualcosa
di vicino e difficile che mi portasse un po' su e un po' giù!
La montagnetta era perfetta!
Per le curve, bastava inventarsele e semmai picconare un po'!
QUi il "mio" corso maestri tratto dal sito web
PRIMA FASE
15 maggio 2014 - Pralongo (Forno di Zoldo)
Sono arrivato ieri sera in campeggio a Forno di Zoldo. La perdita del lavoro estivo e la mia pigrizia nel cercarne subito un altro mi impone una condotta in economia... Niente albergo e un poco di mal di schiena!
Lato positivo della mancanza del lavoro: un po' di tempo per far le cose come si deve che però viene assorbito da un altro milione di cose ancora.
Eccomi con la mia Giant Anthem X3 nuovamente di fronte agli istruttori nazionali di Amibike coaudiuvati da Giancarlo, conoscitore della zona!
Il corso accompagnatori di più di un anno fa mi aveva motivato a far pratica e a cercare di risolvere qualche problemino alla guida del mezzo e a migliorare in salita, in discesa, sugli ostacoli e in curva...
Piccole cose riguardanti soprattutto lo sguardo, la pedalata, a volte la posizione del corpo.
Piccole cose che però fanno la differenza sulle salite e discese davvero ripide e/o sconnesse.
L'entusiasmo per la ripresa dell'attività ciclistica in fuoristrada mi ha fatto allenare quasi tutti i giorni durante l'anno passato tra il corso "Accompagnatori" e l'inizio di quello "Maestri".
Sono deciso a dare il massimo sulla bici e ad assorbire il massimo da questa esperienza.
Proprio quest'anno purtroppo non lavorerò alla "mia" Grotta e mi mancheranno soldi nel portafogli e soprattutto montagne sotto le ruote ma mi allenerò al massimo, sfruttando soprattutto la montagnetta di terra abbandonata dietro la stazione del piatto paese di pianura in cui abito ancora...
Due piccoli sogni che mi piacerebbe realizzare sarebbero aprire una scuola di MTB di pianura magari nel mio paesello e una fuga estiva di 4 o 5 mesi (ma bene che vada anche 12. Via! In montagna!!!) in una scuola alpina...
Pronti via ecco una bella prova scritta di verifica di fisiologia, cartografia (unico argomento di cui ero un po' preparato) per vedere a che punto siamo...che mazzata!
Era un mese che avevo gli appunti del corso accomp. da ripassare lì sotto gli occhi ma, per essere presente a Pralongo, non ho avuto nemmeno il tempo per respirare tra tutte le mie attività lavorative e non che si concentrano in primavera.
Beh, si comincia con un insufficiente, o forse appena sufficiente, non so. Non ho voluto sapere. So solo che la verifica non è andata bene come avrebbe potuto.
Poi, pronti via un bel percorsino tecnico da pennellare in bici...
Nulla di così difficile in realtà, ma l'emozione e soprattutto la mancanza di attività recente in montagna mi han fregato.
L'emozione ci ha fregati tutti. Sia io che quasi la totalità dei miei colleghi aspiranti maestri abbiamo cominciato quindi con pessimi risultati!!!
L'atmosfera però aiuta. Ci diamo manforte l'un l'altro (niente donne purtroppo ad aumentare l'ispirazione, quindi scriverò quasi solo al maschile!!!) e i maestri ci rassicurano sulle finalità provocatorie delle verifiche iniziali.
Ma ci sarà da lavorare!
Di positivo noto che nel giro di un paio d'ore però riprendo un po' più confidenza con l'ambiente inclinato, ricomincio a capire quel che possono fare le mie gomme e rifaccio un po' l'occhio sui sentieri...
"In questi giorni cercheremo l'impossibile" ci dice Michele...
Conosco anche Andrea, il direttore tecnico della scuola che riesce a pedalare un po' con noi solo per un pomeriggio perchè è impegnato nel corso "Accompagnatori" parallelo al nostro, così come il giovanissimo Istruttore Luca.
Saranno 4 giorni di tecnica di guida. Saremo sempre fuori in bici a sfidare curve strette e pendii ripidi nonché scivolosi per l'umidità mattutina e la neve che da poco ha abbandonato i meravigliosi boschi sopra a Pralongo (Forno di Zoldo).
Ogni giorno verifiche, fuori le cartelle rosse e quando Gianni pronuncia la fatidica frase:"Andiamo in Valutazione" cala il gelo e il timore blocca il cervello, il collo, le spalle, il bacino e sembra di guidare una bicicletta di marmo!
La situazione però migliora davvero e mi trovo sempre meglio nell'affrontare ostacoli, curve, pendii, ecc.
Bene, ecco qui che alla tenera età di 40anni, pochi secondi prima di partire per la seconda prova di valutazione tecnica, complice una bella chiacchierata di incoraggiamento reciproco coi miei ottimi compagni e colleghi di corso, dico tra me e me:
Ste, è una delle cose che ti piace di più di tutte, la sai fare. Certo, magari non più come una volta, ma adesso pensa a guidare, al percorso e, soprattutto dai il massimo e, ancor di più, divertiti mentre lo fai.
E' così che mi salta fuori una prova di valutazione quasi da manuale della Mountain Bike.
Cavolo!!! Finalmente. Ci son voluti 40 anni!!!!!!
Michele dirà:"Stefano ha fatto una prova di quelle che sarebbe da uccidere!!!"
Ho avuto in corpo una soddisfazione...
Finalmente riesco a dare il massimo in una cosa a cui tengo davvero...e c'entra la bici di sicuro ma questo è un discorso personale e parallelo a quello del corso "Maestri di Mountain Bike" e a cui ho cercato di lavorare spesso con magri risultati.
E' successo solo sul palco con la band e la mia chitarra , ma dopo moltissimi anni di chiappe strette e prestazioni musicali discutibili!!!
Anche il giorno successivo le varie prove saranno solo un grandissimo divertimento e andranno sempre bene.
Provo anche una sella della Fizik con la scanalatura centrale che mi piace davvero tanto e scivola molto, il che a qualcuno non piace ma a me facilita i movimenti sulla bici...
Successivamente scoprirò che non avrei dovuto comprarne una per l'anatomia della schiena ma ora che scrivo ho risolto il problema.
Della Anthem non posso dire nulla di negativo, a parte che tende tanto ad impuntarsi in discesa sulle curve strette e ripide al limite. Forse la cosa migliorerebbe con una pipa più corta allo sterzo e manubrio più largo, o portando a 120mm l'escursione della forcella ma, no money, no pipa, no manubrio, no ecc, ecc!!! Prenderò due gomme nuove per l'ultima fase di ottobre che queste ormai le sto demolendo...e imparerò meglio a fare le curve ripide!!!
Di positivo? E' maneggevolissima, non mi sembra di cavalcare un bestione e continua a divertirmi...
Durante la presentazione del corso apprendo anche che si farà free-ride al Monte Cimone e questo mi dà una gran gioia.
Adoro andar forte in discesa, non così tanto farmi portare in salita da un impianto ma me ne farò una ragione.
Coglierò l'occasione per prendere più consigli possibile dallo specialista di downhill Emanuele Vincenzi che è stato anche campione italiano...e chissà mai, potendo dedicarmici, approfondire con i moduli avanzati...
Tornando alla bici, quella ho e quella userò...anche se non è certo da free-ride ma le toccherà sopportarmi anche questa volta.
Il modulo di free ride sarà tra un paio di settimane.
ma torniamo all'ultima giornata di tecnica a Pralongo...
Le sere passano in buona compagnia degli indigeni di Forno di Zoldo e dintorni all'Insonnia, bar-ristorante del campeggio, un luogo rinomato tra i bikers a motore...si va a birra e grappa al corniolo col Bepi su dell'alpeggio, accompagnate da fiori di zucca e salvia fritti in pastella (la dieta del campione!) offerti dai gestori del campeggio in cui la mia è l'unica tenda
Di notte un vento folle cerca di portarmi via la tenda e allora parcheggio la Panda sui picchetti!
Temperature severe da rigelo notturno.
E' aprile!
Al mattino poi, perfezionista e pignolo come sono, regolo la pressione degli ammortizzatori e, per un piccolo disguido, proprio l'ultimo giorno spacco la valvola di carico della forcella.
Dopo vari inutili tentativi per sistemarla, mi trovo nelle condizioni di affrontare l'intera giornata con la forcella in panne.
Non ha un vero blocco ma solo un freno in compressione abbastanza efficace. Lo utilizzo ma anche con quello, la forcella va a fine corsa nel giro di due gobbe o di un piccolo ostacolo.
Mi trovo quindi a dover guidare pensando a non spaccare del tutto la forcella piuttosto che guidar bene.
Questo non mi impedisce di pedalare benino in salita ripida passando abbastanza bene le valutazioni, ma un po' meno in discesa o negli avvallamenti, dove avrei preferito la mia vecchia Stumpjumper rigida rispetto a una nuova con la forcella che affonda in modo incontrollato senza tornare.
Comunque sia, la giornata va benino anche se me la godo poco.
In contemporanea col corso maestri, si svolge anche quello "Accompagnatori" e a volte ci troviamo a pedalare insieme e a scoprire di non esser capaci di esasperare un movimento per evidenziarlo e farlo capire agli altri allievi!!!
Anche questo però migliorerà e ci troveremo a dar consigli durante l'ultimo giorno della loro valutazione tecnica...
Una volta a casa ho anche cercato di insegnare un po' ad affrontare curve e discese ripide a qualche amica e amico per fare esperienza visto che i nostri istruttori puntano parecchio sul modo di spiegare e su una certa uniformità didattica e la cosa pare funzionare sempre meglio
Trattiamo anche di fisica della bicicletta con Mario Fabretto.
Conclude il primo modulo la lezione di pronto soccorso di Paolo, in cui si parla anche di assicurazioni, defibrillatori, BLS e in cui come l'ultima volta, vista la marea di beghe soprattutto burocratiche, mi scappa la voglia di far sto mestiere...
Seconda fase - Panchià (Val di Fiemme)
Arrivo il giorno prima, sempre da campeggiatore a Predazzo.
Ho idea di fare un giro in bici, rientrare presto e poi sistemarmi per arrivare l'indomani piuttosto fresco per le giornate in aula.
Subirò la tentazione del Passo Rolle e di andare a guardare da sotto il Cimon della Pala.
Salita in asfalto, poi giù per sterrati e sentieri molto belli e ben indicati. E' qui che il mio collega aspirante Maestro Marco. vive e accompagna in estate tour ciclistici. Accompagnerà anche me il lunedì e andremo a pedalar sulla neve!
Il passo Rolle passa stupendamente anche se mi procuro la prima ustione solare alle gambe dopo molti anni...ma devo reimparare tutto!!!
Nei boschi sopra i 1600m c'è ancora molta neve e i sentieri ripidi che avevo previsto di fare li devo lasciare allora opto per alcune varianti comunque spettacolari.
L'indomani raggiungerò Panchià dalla Ciclabile delle Dolomiti. Poco meno di mezz'ora ad andatura rilassata sia per l'andata che per il ritorno...
Seconda fase, ovvero altra gatta da pelare!!
Il GPS.
Non tanto come usarlo o come interpretare i suoi dati e la cartografia topografica (questo mi è sempre venuto bene e facilmente!). Lo so anche spiegare se serve, ma più che altro gestire i suoi dati con i software, cosa che non ho quasi mai fatto...e allora la fase più difficile del corso per ora è stata la seconda, in cui Giancarlo ci ha aperto un mondo davanti, ovvero quello della gestione e presentazione delle tracce gps.
Dovremo presentare un tour, un lavoro completo chiavi in mano, completo di materiale video, foto, relazioni, prezzi (Dio mi aiuti quando ci son di mezzo i soldi...) cartografia digitale e custom map per cui è successo l'irreparabile al mio computer, ovvero ho dovuto reistallare windows dopo 7 anni di assenza in modo da far girare alcuni software proprietari. Formattazione del computer dopo due giorni di back-up...e in tutto 12 Gb di installazione che dovrò imparare ad utilizzare in modo ...presentabile!!! Antivirus (questo sconosciuto), Map source, Base camp, software di Garmin, google earth, mappe varie, manca ancora qualcosa ma suvvia, farò e imparerò.
Il più è dedicarcisi.
Ovviamente però ora scrivo su linux!!! L'altro sistema è di là, un po' farlocco ma ben funzionante pare, pronto all'uso e visto che 7 anni fa comprai la licenza di win xp senza avere nessun cd del sistema operativo non mi son fatto molti problemi a sistemare le cose per i fatti miei con un altro win xp.
Nei due giorni di Cartografia andiamo anche a fare "pratica di GPS" in gruppo nella zona di Stava, accompagnati sempre da Marco che ci porta sul luogo e ci racconta le vicende disastrose del crollo delle pseudo-dighe di terra sopra a Stava...
Il clima torna comunque allegro perchè bisogna andare avanti e in discesa andiamo a cercare qualche curva stretta dove effettuare qualche prova tecnica di allenamento.
Il giorno dopo su al lago Cece con Marco, esperto accompagnatore, una bella discesa innevata e un ottimo pranzetto con la sua famiglia in cui imparo anche che il cavolo e la verza si affettano meglio con la mandolina che col coltello!
Si torna a casa!
Siamo a metà corso.
Tra un paio di settimane si fa free ride al Monte Cimone e poi sotto a manipolare tracce gps e a studiare fisiologia, allenamento e alimentazione, ovviamente senza mai mollare lei, la mia bici che uso quasi tutti i giorni su pendenze piuttosto estreme...con gli obiettivi primari di divertirmi e migliorare, diventare maestro meglio possibile e poi, magari, sperando di riuscire a realizzare qualche altro piccolo sogno!
Che fortuna (per ora) potersi preoccupare di queste cose...
Alla prossima.
Terza fase
Monte Cimone (free-ride)
Pavullo nel Frignano (Comunicazione, Marketing, Meccanica)
Free ride, quindi non si pedala molto credo!
Seggiovia in salita e piste riservate alla bici in discesa.
Mai fatto.
Parto un giorno prima e distruggerò le pastiglie freno della mia Anthem in un pomeriggio facendo un sacco di discese di fila.
Per la verità erano già a metà ma così ho la media di un treno di pastiglie a giornata...mica male!!!
Già appena arrivato mi rendo conto di soffrire l'altezza e la mancanza di abitudine, sia su alcuni passaggi ripidi che sarebbero da saltar via, ma soprattutto sulle passerelle di legno...
Sulle paraboliche in legno invece, belle liscie, all'inizio sono impacciato e sempre a rischio di volo, ma per sera entro rilassato uscendone bene e bello veloce divertendomi un sacco a sentire l'accelerazione!
Le tracce sconnesse delle frenate altrui mandano un po' in crisi sia me che il mezzo...ma anche qui per sera, capisco che mollando i freni la bici non saltella più
Un pomeriggio comunque aiuta almeno a prendere un minimo di confidenza e a capire che domani dovrò stare a cuccia.
Trovo subito un compagno di discese con cui ci terremo d'occhio tutto il pomeriggio in caso di sfracellamento!!! Il nome è facile da ricordare per entrambi: Stefano!
Pian piano prendo confidenza sui piccoli drops ma non sui salti doppi e questo me lo aspettavo. Almeno però i doppi riesco a provarli e concateno il più piccolo del bike park già con tanta soddisfazione.
Per quelli grossi so già che dovrei lavorarci almeno un mese...
Sono lento a imparare io!
Riesco a fare alcuni tratti molto velocemente, ma la mancanza di abitudine mi costringe a rallentare spesso. Vabbè anche se in fondo vorrei pilotare come Sam Hill, dovrei riuscire a vivere ugualmente!!!
Beh vedremo domani come andrà...
Alle 17:45 dello stesso giorno parto dal Pian del Falco per il Monte Cimone.
Ora si va in salita e si gironzola che è quello che so fare meglio.
Sono un po' affaticato dal pomeriggio ma ho voglia di guardar di là dalla dorsale appenninica!
Salgo su asfalto.
Al passo Serre incrocio tre bikers con bici hard tails in carbonio, niente zaino, che arrivano da un sentiero. Uno è della zona e conosce strade e sentieri. Me ne indica qualcuno e si offrono di accompagnarmi verso il Cimone.
Loro ad un certo punto scenderanno a destra...
Li seguo per un poco, ma non ce n'è. Non son più lo Ste di una volta col fuoco nelle gambe che li avrei superati anche con la saltafoss.
Devo lasciarli andare.
Per fortuna la loro amica va un po' meno forte, ed è anche più di compagnia. Ci sto un po' (stando incredibilmente zitto per risparmiare il fiato!) e poi devo lasciare andare anche lei...
Vabbè, tanto lo so: sono un orso. Da solo vado anche meglio.
Rallento, riprendo fiato poi aumento un po' e taglio anche qualche tornante su ripidi sentieri.
Arrivo alla fine dell'asfalto, salgo ancora in bici fin sotto il secondo tratto della "Direttissima del Cimone" un sentiero facile ma troppo ripido per la bici e alle 8:00, col sole all'orizzonte, sono in cima sfatto, demolito, distrutto...ma ultrasoddisfatto.
Discesa in asfalto, peccato non far sentieri ma sono a pezzi...
Alle nove son giù a Sestola alla mia tenda. Son stanco che non ho voglia nemmeno di mangiare ma mi cuocio comunque un minestrone di pasta pensando a mia nonna che diceva "Quand che l'è giò, al cunta"! (Quando è giù, conta!)
La mattina dopo sono ancora alla seggiovia di Sestola per la giornata di corso e cambio le pastiglie freno al service vicino alla stazione della seggiovia.
Al posto di Emanuele Vicenzi verrà Dario Iacoponi (il trialista!).
Arriva prima di tutti gli altri. Subito mi mette a mio agio e non mi rompe le palle per la bici da xcm...
Arrivano gli altri, è abbastanza tardi, ci organizziamo, siamo in tanti. Sarà una giornata dal ritmo blando per mia fortuna quindi reggerò fisicamente.
Poca didattica oggi ma parecchio divertimento.
Come il giorno prima, mi innervosisce la mia poca destrezza sulle rampe elevate da terra e non riesco a percorrerne una intera. Unica soddisfazione è che ci ho provato e sono arrivato nel punto più alto di una...ma poi, visto che mi cagavo sotto e non riuscivo a guidare, son dovuto saltar giù (questo almeno con un po' di style!!! Dario mi dirà:"Hai fatto un miracolo!!!")...
Volevo provare un drop in legno un po' altino che già avrei voluto provare il giorno prima.
...ma dopo che l'ha fatto Ale (che è uno di quelli senza paura e che impara più velocemente), dovevo partire io ma ho preferito guardare il salto prima a piedi, aspettare un momento che i "vermi in pancia" si stabilizzassero un poco, è partito Marco che atterrando sbacchetta e a momenti tira giù una pianta col cranio ma fortunatamente ha preso l'albero solo con la bici...e Gianni ha detto basta.
Peccato. Forse in un paio di minuti partivo anche io ma vabbè. Sarà per un'altra volta...magari in Valsassina...e comunque, dopo il volo di Marco, i vermi in pancia avevano stappato lo Champagne...magari avrei fatto un disastro!!!
...però adesso mi vien il nervoso a guardare i video di Ale che fa tutto con facilità...
Beh, la giornata procede e ci ficchiamo in un sentiero lungo, prima un po' in salita (w il casco integrale! Non si fa ma me lo tolgo...) poi in discesa molto bella e tecnica. La discesa passa via bene. Molto divertente e riesco a star vicino a Dario che se gli fai domande ti risponde e ti consiglia sempre e mi cosiglia un sacco. Addirittura durante la discesa e anche il giorno dopo riuscirò quasi a fare nose press nei tornanti verso destra (di solito mi viene solo in quelli a sin)...
Poi comunicazione e marketing.
Sono sincero: Non ci sono portato per il marketing. Al diavolo la privacy, già sapete.
Avrei bisogno di aiuto a riguardo per qualsiasi mia idea/progetto di vendita, ma sono malfidente di natura, comunque Claudio l'insegnante mi apre un mondo davanti.
La cosa che mi colpisce di più è quando ci dice che bisogna avvicinarsi al potenziale acquirente e io, che so abbastanza quanto il mio modo di vivere e di pensare siano così lontani dalla media, mi rendo conto che avvicinarmi a qualsiasi acquirente è quantomeno improbabile...
La cosa curiosa è che quando ci fa parlare dei nostri progetti e di come ci vediamo al loro interno, siamo tutti così diversi...Io mi vedo maestro di mtb che accompagna una nostalgica uscita di fine corso, qualcun'altro si vede coordinatore, responsabile, ecc...proprio quello di cui avrei bisogno e che non sarò mai io!
Fortuna che siam tutti diversi!!!
Finamo la giornata con un bel giretto divertente di un paio d'ore intorno a Pavullo.
Non ho bei ricordi sportivi in quelle zone.
Alla 100km del Passatore mi ero mezzo ammazzato per finirla e durante la gara di mtb a Serramazzoni ho posto fine alla mia carriera di agonista in pessimo modo...
Ma, detto questo, non c'è un cavolo da fare. Andare in bici mi fa impazzire e il fantasma di Serramazzoni è stato sconfitto sul campo e ora siamo 1 a 1!
Come scrivevo poco sopra, metto anche a frutto qualche dritta di Dario Iacoponi e finalmente la ruota posteriore si alza un poco anche nei tornanti verso destra!!
Quando poi capita, le velocità diventano ancor più folli e ...vabbè, statemi dietro eh eh!!!
...che poi c'è anche chi mi sta davanti ma ...rivabbè
Meccanica? Da Lucone c'è sempre da imparare qualche segreto, qualcosa.
La meccanica non è come i salti. Quella mi viene per fortuna e imparo abbastanza in fretta...
Alla prossima, in fiera, poi alla fase finale ancora a Pavullo...con le gomme nuove, per forza, che queste le sto demolendo di giorno in giorno!
LE FASI FINALI (foto: Rive Rosse 22 dicembre 2014)
In fiera mi spiace ma è stata una giornata un po' fiacca, a parte per i 50 punti accumulati per le votazioni finali. E' stata un po' colpa mia che, avendo i week end impegnati, sono stato alla fiera del Camper di Parma il martedì in settimana e non c'era nessuno. Ho bagnato le piante che ornavano la pista, modificato e reso più percorribile una curva e registrato un paio di biciclettine che erano un po' messe male.
Qualche ragazzina e un paio di ragazzi han girato un po', qualcuna/o anche ascoltando i miei consigli e poi Paolo,
un cinquantenne crossista e ciclista, ha voluto provare la lefty montata sulla Cannondale che avevamo a disposizione. Era sregolata e mi è un po' spiaciuto e purtroppo non so ancora regolare una lefty.
Simpatico però si è fermato un'ora a chiacchierare e a esercitarsi insieme a me a fare sur place e a parlare di mtb in old style come mi piace!!!
Son stati contenti i miei genitori che ho accompagnato e abbandonato in fiera e, da campeggiatori professionisti, per sera volevano già cambiare la loro già bellissima roulotte!
Arriviamo però alla fase finale a Pavullo, da giovedì a domenica 12 ottobre (data del verdetto).
Non posso però tralasciare che sono fortunato e ogni giorno di questa strana estate, compresi quelli dedicati al recupero o a fare lo slalom tra le gocce di pioggia, l'ho speso in funzione del corso maestri tra allenamento, studio e mappatura e relazione del tour di tre giorni intitolato:"Dalle Prealpi alle Alpi". Un tour magnifico ed impegnativo forse troppo, che va a cercare i tratti più difficili e spettacolari in salita e discesa tra Lecco (Prealpi) e la Val Biandino (Alpi Orobiche).
Ho passato l'ultimo mese a ripetere ad alta voce le tecniche di salita, discesa, curva, passaggio dell'ostacolo in salita, ecc, ecc come quando ripetevo per gli esami all'università...
Importante (ma solo fino a un certo punto) è non farsi prendere per matto dalla gente, quindi star zitti appena si è vicino a qualche passante che potrebbe spaventarsi!!!
Ho continuato ad uscire ogni tanto con qualche amica e amico, facendo pratica di insegnamento delle tecniche di guida.
L'occhio così diventa più attento e si impara ad evidenziare maggiormente i movimenti da eseguire sulla bici.
In realtà però non mi sono trovato molto in forma a spiegare tecniche e regolazioni durante le ultime giornate. Non malissimo ma nemmeno bene come speravo.
La guida, come sempre, ha risentito delle prime ore di tensione ma poi, appena scattato il divertimento, io e la Anthem siamo andati davvero bene, sia nelle prove tecniche da realizzare e da proporre ai colleghi, sia ad eseguire quelle realizzate dagli altri. Mi son sentito dire anche:"Hai pedalato mentre superavi l'ostacolo", ma quell'ostacolo devo ancora capire dove fosse!!! Oppure, dopo essermi fermato rovinosamente per distrazione mi son sentito dire che sul pendio non si sale in bicicletta alla bersagliera! Ero proprio tranquillo e forse anche troppo, a volte infatti deconcentrato. Mi sono anche scusato con qualcuno alla fine del corso per la mia partecipazione forse troppo entusiasta nei momenti di riding in cui non mi facevo mancare nulla...
Nel complesso, qualche distrazione, ma tutto sommato credo e spero di aver fatto bene...
Impostazione un po' troppo da free ride mi dicono, anche se devo ammettere che non sono più il rider di una volta, ma nulla da dire, hanno ragione i miei istruttori!
Il lato marketing è scarso lo so e quello di comunicazione ufficiale pure, anche se sta migliorando un poco...
Lo dico sempre e lo ammetto anche durante le pedalate, i pranzi e le cene, che posso fare il maestro, far lezione, proporre tour, forse anche bene, ma non vorrei fare nient'altro che quello. Niente politica, amministrazione, ecc. Non mi piace e non mi ci sento tagliato...al massimo posso tenere i contatti diretti con potenziali clienti e poco altro...
Dal punto di vista della guida, l'allenamento ha funzionato e passo in molti posti dove fino a qualche mese fa non pensavo di poter passare, magari con qualche ripetizione e salvo dove mi servirebbero più gambe e più fiato, ma da questo punto di vista so che ormai devo accontentarmi e lavorare a mille per ottenere poco...e ora comunque bisogna tenere botta e non mollare!
Durante le ultime giornate di corso sono un po' più riposato che nelle prime, perchè questi giorni li trascorrerò in albergo con i miei soci. L'hotel Vandelli è molto bello e mi sento un petroliere, un sultano o chissà!
Non arrivo alla tenda alle 9:00 di sera per una doccia con relativa camminata, preparazione della borsa da doccia, asciugatura veloce, cambio, per poi cominciare a cucinare un minestrone con il fornelletto da campo...
Anzi, la sera, dopo la cena, lo studio, il ripasso in compagnia dei soci, ho anche la connessione per far tempesta di messaggi con una mia nuova conoscenza...
E poi, la compagnia è bella ed è bello goderne appieno.
Questo è un punto su cui mi voglio fermare un attimo.
Le cose sono andate bene. Siamo stati bene. Con qualcuno ho chiacchierato di più, con qualcuno di meno e come sempre a qualcuno avrò anche rotto le scatole!!!
Roby, over 60enne, una forza della natura è una persona speciale e ce ne siamo accorti tutti, anche lui neo-maestro, dice che siamo un gruppo magnifico.
Io, cinico come sono sempre, gli ho già detto che non sono d'accordo e che è facile essere magnifici finchè le cose funzionano bene ed è quando vanno male che si vede se il gruppo è speciale, che poi secondo me non è il gruppo ad essere speciale, ma semmai sono le persone ad esserlo.
Ho "paura" comunque di aver incontrato alcune persone speciali e qualcuno mi manca pure e vorrei averli lì, in fila, di fianco alla bici per farci un giro ogni tanto, come dire:"Su che oggi mi faccio un giro coi maestri!".
Maestri di vita alle volte con la frase giusta al momento giusto e non sto parlando di frasi sulla tecnica di guida...
...ma non si può, questo è il paradiso dei miei sogni: tante cose e passioni, bei posti, tante persone, tante donne (ma a gruppi di una...che due già son troppe!) e amici, nessuna gelosia e il tempo infinito a disposizione per goderseli appieno...
Non vorrei tediare coi particolari degli eventi del corso.
Di certo abbiam fatto percorsi meravigliosi, sassosi, fangosi e di terra asciutta e prati, abbiam costruito percosi tra noi allievi e provato quelli degli altri.
Abbiam spiegato (nel mio caso tentato di spiegare!), guidato piano e in qualche caso ci siam semplicemente divertiti guidando anche fooorte alle volte e con qualche saltino nel mezzo.
Abbiam mangiato la tigella in Villa, abbiam studiato, ripassato in compagnia, ci hanno interrogati, verifica scritta e ci han pure promosso, anche la Ila che si è intrufolata tra di noi per rifare gli esami!
Marco mi ha "portato via" il primo posto e Pier il secondo!
Se avessero chiesto a me chi doveva essere il primo avrei detto "Marco", per quanto è completo, bilanciato e comunicativo oltre ad essere un bravo rider. E Pier è decisamente più costante di me.
Sono arrivato terzo!
Anche se avrei voluto essere io il migliore, sono felice dell'ottimo risultato raggiunto dato il grande impegno che ci ho messo ad allenarmi, a studiare e a livello personale.
Ed è più di quanto mi aspettassi, visti i grandi miglioramenti dei miei colleghi aspiranti e ora maestri della Val Pusteria, della Val di Fiemme, della Val Rendena, di Bassano del Grappa e di Moggio Udinese e vista la mia negazione nel promuovere un prodotto e la mia insufficienza di orgoglio personale!
Ci penso tutti i giorni Marco alla tua frase detta poco prima di salutarci:"Ste! Mettici un po' di orgoglio!" ...detta col tuo sorriso paterno che hai ereditato meritatamente.
Mi ha già aiutato in qualche caso, a volte me ne dimentico ma mi applico...senza esagerare, eh?
Grazie a tutti. Verrei a trovarvi domani, colleghi e istruttori, in bici ovviamente, con la mia Anthem o la mia StumpJumper ma ripeto:"Se mi date una Jekill, mica la disdegno!!! ...niente lefty però please!!!".
A parte gli scherzi, sono felice di aver frequentato questo corso, sono felice per i risultati raggiunti non solo da me, ma da tutti i miei colleghi aspiranti, ora maestri di mtb. L'emozione è stata grande e ora mi manca...
Ciao e a presto.
Ste!
L'arrampicata
Ma cosa c'entra con la mia storia di ciclista?
Non immaginate quanto c'entri.
Apro solo una piccola parentesi ma in tutto l'iter tra il corso accompagnatori e il corso maestri, ho sfidato la forza di gravità, mi sono lanciato da discese inverosimili, inizialmente con moooolti pensieri e paura folle.
Ho imparato a far salti che non immaginavo, preparati e non.
La condizione fisica è migliorata ma soprattutto quella mentale e man mano che migliorava la fluidità del gesto ciclistico, migliorava anche quello arrampicatorio.
Non ho ancora capito proprio tutti i motivi per cui ora riesco a scalare da primo in falesia, in via anche lontano da spit e chiodi.
E' durante il corso maestri che vorrei fare la Nord del Gran Paradiso da primo, almeno per metà parete, dopo aver visto le condizioni durante la salita al rifugio Chabod 24 anni dopo, e sempre durante il corso maestri, anche indoor cresco fino a superare tetti strapiombanti di 6c+ in serenità mentale, saltando anche qualche rinviata troppo dispendiosa senza comunque andar troppo nei rischi...
Anche il Toso se ne accorge di questo collegamento e me lo dirà.
"E' un anno che ti vedo bene, in montagna, nell'arrampicata e nella bicicletta"
In effetti me ne ero accorto anche io!
Il tutto credo proprio che sia collegato e sto cercando di capire come...
Qualcosa l'ho già capito e riguarda le discese ripide...
ALtro riguarda l'equilibrio...
Altro riguarda il controllo
Altro riguarda il fiato
Ma la mente la fa sempre da padrone e forse proprio il relax mentale di dedicarsi ad una cosa che mi riusciva ed esaltava e non dedicarsi più ad una cosa che mi intimoriva più che divertire è stato un buon inizio per non inseguire più l'arrampicata ma semplicemente lasciarsi trasportare dagli eventi con ottimi risultati personali
...A proposito di Chabod e di Nord del Gran Paradiso... tratto dal sito web
Quattro giorni di vacanza e mi trovo subito su una stradina sterrata, poi su un sentiero.
Sono in un punto strategico, ricco di ricordi di ispirazione e di mille pensieri...
Qui intorno ho vissuto esperienze fantastiche e pessime ma sempre intense.
Di certo so che oggi come allora, nonostante il loro pensiero, faccio quel che mi è sempre venuto meglio:
gironzolo come un vagabondo, pensando già a dove andare dopodomani ...solo perche domani so già dove andrò!
Quel che farò domani però non vi riguarda!
Dopodomani invece andrò al rifugio Chabod, pedalando con la mia Anthem X3!
Ma torniamo indietro un momento di "soli" 24 anni!
Avevo 16 anni ed era il 1990! La prima estate con la mia Specialized Stumpjumper.
E' stato allora che, al secondo anno e mezzo di mountain bike praticata in ogni momento possibile della giornata,serata e nottata, con mio fratello, l'amico Claudio e qualche altro ci mettemmo a conquistare su due ruote ogni luogo che ci venisse in mente vicino e lontano da dove ci trovavamo. Non ci spaventavano i chilometri, non ci spaventava la fatica, nemmeno quella di portare a braccia la bici che, per quanto leggera, almeno per me che pesavo solo 52kg era una bella tortura...
Quando decidemmo le mete in Valsavaranche non potevamo certo tralasciare i due rifugi più rinomati: Vittorio Emanuele e Chabod e il Colle Lauson che feci nel 1993, il Nivolet nel 92 percorrendo 233km, salendo da Ceresole per poi scendere in Valsavaranche. Il Lauson e il Nivolet furono imprese epiche, al rifugio V.Emanuele arrivammo soddisfatti ma non molto divertiti dalla salita fatta troppo spesso a spinta.
Il Chabod invece, ci stupì per la sua fattibilità e ne uscì una grandissima giornata di Mountain Bike!
Mi restò così impresso nella mente che, appena l'occasione mi si è ripresentata, non ho esitato a coglierla e a misurarmi ora, da quarantenne, col "me" sedicenne anche fisicamente!
Bene! Ora sono le tre e qualcosa del pomeriggio del 25 agosto 2014 quando, dopo aver depositato a Pont tre autostoppisti sul "Tour du Gran Paradis", posso finalmente partire da località Pravieux a 1834 mt verso il rifugio Chabod!
24 anni fa ci arrivammo (sperando di ricordar tutti) io, Lele, Paolo e Claudio, dopo una trentina di km pedalati su asfalto...
Oggi però è tardi e il tempo materiale per ripercorrere il tracciato originale completo mi manca... e ne approfitto per avere qualche energia in più quando mi servirà!
La partenza è subito scoraggiante.
Qualche decina di metri, un paio di curve e sono giù dalla bicicletta per spingerla sopra un paio di gradini...ma è poco dopo che l'itinerario mi stupirà come allora!
La pendenza, nel primo tratto di bosco è il più delle volte assurda. Il fondo (oggi asciutto) offre una trazione inarrivabile e assoluta. E' per la maggior parte pavimentato con lame di roccia messe in verticale che offrono una presa ottimale sui tasselli delle mie gomme.
Ma diciamola tutta: il sentiero è uno di quelli che si può percorrere solo mossi da una grande passione.
Soprattutto nel bosco la pendenza è al limite ma quasi sempre fattibile in sella, sorprendentemente, anche dove è gradinato, salvo nei brevi tratti in cui i gradini sono troppo alti e ravvicinati. Così bisogna scendere un po' di volte dalla bicicletta e spingere qualche metro per poi risalire subito dopo.
Anche i tornanti molto stretti sono per la maggior parte percorribili in sella e proprio la fattibilità di questi ampi tratti sottopone gambe, braccia, cuore, polmoni e ogni muscolo del corpo ad uno sforzo al limite delle possibilità, almeno delle mie!
La concentrazione è massima per trovare in ogni punto del tracciato una debolezza, una scappatoia, o semplicemente per mantenere una posizione efficace in sella.
Le soste, almeno per quel che mi riguarda sono obbligatorie. Quasi ogni tratto mi richiede uno sforzo estremo e impossibile da mantenere a lungo.
Saranno gli escursionisti e alcuni alpinisti in discesa che, stupiti dal mio sopraggiungere in sella alla bici e incoraggiati anche dal mio solito comportamento del fermarmi per offrire la precedenza, mi faranno riposare e riprendere il fiato con qualche complimento e qualche domanda...Non mi capitava da tanto di vedere quelle espressioni!
Il tempo però non è dei migliori e fortunatamente dovrò fermarmi poche volte a far passare i pedoni ma mi fermerò molte volte a far passare il fiatone!!!
Il secondo tratto di bosco è caratterizzato da un fondo alternativamente ancora "piastrellato" e da passaggi molto ricchi di sassi e gradini anch'essi molto spesso fattibili salvo alcuni brevi tratti per me impossibili che mi costringono a fare un po' su e giù dalla bicicletta. Questa sezione però non è molto lunga ed è intervallata da una facile placconata di roccia in lieve pendenza che costeggia il sentiero e sulla quale si pedala agilmente a mezzacosta e permette di evitare il tratto di sentiero sconnesso ma soprattutto mi permette parecchio divertimento pedalando su un fondo sul quale mi muovo solitamente con le scarpette da arrampicata. Questa me la godrò tutta anche in discesa percorrendola a zig-zag in modo da godermi alcuni tratti a pendenza maggiore ma sempre facili...
Ogni tanto il fondo è bagnato per l'intrufolarsi sul sentiero di qualche torrentello.
Finito il bosco, intorno ai 2200m la pendenza del versante diminuisce decisamente e la traccia diventa pedalabile per lunghi tratti senza grandi sforzi. Ciò permette di recuperare un po' forze e fiato in modo da dare tutto solo in alcuni istanti per superare alcuni gradini e tratti sassosi molto impegnativi, altri sassi e gradini mi faranno scendere a spingere ma solo per poche decine di metri.
Sono strabiliato dalla bellezza del paesaggio.
Sfilo più volte sui tornanti sotto la Nord del Gran Paradiso che si presenta in condizioni di salita perfette.
Penso agli amici alpinisti e a me che alpinista non sarò mai, ma mai dire mai per la Nord!!!
Sono strabiliato anche dalla durezza ma dalla QUASI sempre fattibilità in sella del tracciato.
Ormai il rifugio è in vista. Si trova sopra di me alla mia sinistra. Vedo una persona che osserva dall'alto, forse me, forse la Nord Ovest del Gran Paradiso o forse entrambi... Mancano poco meno di cento metri di dislivello.
Qui bisogna attraversare un tratto estremamente sassoso. E' costituito da materiale morenico in parte crollato e in parte diventato greto di un torrente.
Il fondo è sconnesso e non riesco a percorrere tutto in sella ma probabilmente anche qui circa il 70% lo faccio a pedali.
Preciso che, per tutto il tracciato, io pedalavo ovunque lo ritenessi possibile o "quasi impossibile", quindi se ritenevo di poter pedalare venti metri e poi dovevo spingere per altri cinque e poi risalire a pedalare per altri dieci metri per poi ridiscendere, facevo tutto serenamente e con entusiasmo e certamente NON con la delusione di dover scendere a spingere.
E' un modo che può non piacere a tutti o a tutte ma a me piace!!!
In generale però le sezioni pedalabili di questo sentiero sono piuttosto lunghe e il tempo totale di salita è stato all'incirca di 2:30 - 2:45 come quello di un escursionista medio. Il tempo l'ho ricostruito a fine serata perchè non ho mai guardato l'orologio!
Mi manca l'ultimo tratto.
Esco pedalando dalla parte finale estremamente sconnessa a lato del greto del torrente. Quasi non credo nemmeno io di riuscire a passare in certi posti! Ora manca l'ultimo mezzacosta piuttosto facile verso il rifugio, anch'esso fattibile al 99% ma non totalmente a causa di un paio di sassi di troppo e certamente di un po' di stanchezza...
Arrivo al rifugio e mentre mi metto una felpa, mi viene in contro un ragazzo, credo sia Sherpa e lavora in rifugio e mi fa i complimenti per essere salito pedalando!!!
Era lui che mi osservava dall'alto mentre sopraggiungevo sui tratti finali estremamente sconnessi.
Mi parla della sua bici, una Specialized comprata in Italia con la quale ha fatto alcune gare ma che ora non utilizza più moltissimo! Parliamo della mia Specialized del 1990 e parliamo della nord del Gran Paradiso.
Mi parla delle condizioni perfette del versante e dice che oggi una cordata l'ha fatta in giornata passando dal rifugio alle 9:00, recuperando e superando le ultime cordate in parete.
In serata telefonerò al Toso per chiedere se era lui con Damiano a comporre la fortissima cordata!
Dopo un paio di fotografie entro in rifugio per una fetta di torta e una coca e la ragazza al banco informata dal collega mi chiede:"Sei tu quello che è salito in bici?"
Mi rendo conto solo mentre esco che a loro ho parlato solo di me senza chiedere nulla. Non so come si chiamano, da dove vengono ma ero solamente pieno di me e della mia soddisfazione. Non si fa Ste! E mi capita spesso...c'è sempre da imparare e stare in guardia...
Mentre esco vedo un uomo in reception, probabilmente il gestore, e gli chiedo di salutarmi tutti.
Sono stati gentili, anche con un tizio pieno di sè come ero io in quel momento dopo una flebo di adrenalina e soddisfazione allo stato puro...
Fuori dal rifugio un ultimo autoscatto e un alpinista si offre di scattarmi un paio di fotografie. Chiacchieriamo un po' in inglese. E' Svizzero ed è lì per la Nord!
Parliamo della bici. Gli dico che oggi forse è andata anche meglio di 24 anni fa e lui in modo lapidario mi risponde che la bici è migliore di quella che avevo 24 anni fa!!!
Non so se è per quello. Magari ha ragione, ma chi se ne frega! Non credo che il 31 maggio 2015 per il 25° compleanno della mia StumpJumper andrò ripetere l'itinerario con 10 metri di neve per confrontarle!!! E poi ormai la Stump non ha più il 26/30 ma ha un poderoso 20/28 che va sui muri...
E' stata una grande salita, sia quella del 90, sia quella di oggi. Per ora, in quanto a tecnica e piacere di guida in salita per me è senza paragoni...
In discesa cosa devo dire?
L'ho percorsa in tranquillità, sia per godermela, sia perchè si trova nel parco del Gran Paradiso, comunque, tutto divertimento. E' fattibile al 99.9%.
Non sono riuscito a percorrere solo tre tornanti per un totale di 10 o 15 metri. Uno un po' prima di rientrare nel bosco perchè non volevo spaccare la bici provando a passare tra i sassi (e forse si può tagliare con una scorciatoia!) e gli altri due nel tratto più ripido e obbligato del bosco perchè oltre ad essere molto stretti (ma fattibili), soffrendo un po' di vertigini, mi impressionava un po' il vuoto dietro ai muretti di sostegno dei due tornanti interessati bloccandomi la possibilità di guidare in scioltezza, il che mi avrebbe fatto indubbiamente perdere il controllo del mezzo con conseguenze magari anche gravi...
Dopo la relazione più emozionale che tecnica, ecco gli avvisi.
La pedalabilità, la bellezza e la pericolosità di un sentiero di questo tipo sono molto soggettive, forse troppo.
Io ho pedalato per circa il 90% della salita.
Un principiante preparato fisicamente con un po' di amor proprio, ovvero che non voglia suicidarsi, e con un'ottima bicicletta in perfetto stato di funzionamento potrà spingere la bici per l'il 70-80% del tracciato in salita e percorrere in bici il 60% della discesa.
Durante la mia discesa avvenuta più o meno tra le 18:00 e le 19:00 di una giornata molto nuvolosa di fine agosto ho incrociato solo due sky runners spagnoli che salivano verso il rifugio!
In orari e giorni diversi la zona può essere davvero strapiena di gente e anche questo è da calcolare.
La gente a piedi tende a spostarsi e a far passare ma ricordiamoci che, se vogliamo andare avanti ad utilizzare i sentieri liberamente, dovrebbe essere il contrario, magari aggiungendo un sorriso o un saluto. Io forzo la cosa per renderla più evidente.
Più rispetto vuol dire meno porte chiuse.
PS Sarebbe anche utile imparare a non far slittare la ruota posteriore in discesa al di fuori dei bike park e soprattutto sui sentieri molto frequentati perchè, al diavolo l'erosione, credo semplicemente dia una brutta immagine del Mountain biking! (leggi qui, sul mio blog di scienze, se vuoi sapere almeno in parte come la penso)...
Qui sotto, un brevissimo video di un passaggio sotto il Gran Paradiso in una sezione piuttosto facile ma spettacolare del sentiero
Per il resto è pazzesco pensare ai rapporti che utilizzai nel 1990: 26/30 rispetto al mio attuale 22/36 ma devo anche ammettere che tutte le bici rigide totali vecchie ma di un certo livello che ho provato anche recentemente, arrampicavano e arrampicano con estrema facilità laddove con la mia attuale e altre nuove che ho provato fatico a tener giù il davanti...
Le sospensioni e la geometria del telaio attuali però aiutano ovviamente nei tratti estremamente sconnessi e sassosi e aiutano anche a mantenere una buona trazione su fondo inconsistente...
Certo è che le gambe, il cuore, la determinazione e il fiato che avevo a 16 anni posso solo sognarmeli mentre dormo.
Di certo però sono migliorato nell'arte del gironzolare, nonostante tutto e nonostante tutte...
ma già sapete che ho sempre bisogno di ispirazione.
...anche per i miei giri!!!
Sempre a proposito di Chabod e di ispirazione, lassù per la Parete Nord Ovest con i miei soci, la settimana dopo conobbi Laura che seguii sul Monte Garzirola in una storica gita per quel che mi riguarda.
Lei con gli sci, io con la Anthem.
In salita in certi tratti, dalla prima neve in poi, fu impossibile pedalare ma ne uscì una giornata memorabile!
La neve era molle e purtroppo la discesa non fu supersonica come quella del 91 dal Col de la Seigne ma, al di là dei danni fisici che mi procurò un capottamento, ricordo ancora quella giornata come quasi perfetta a parte il seguito e salvo il capottamento dal duro atterraggio!
Seguire una donna con la mia bici! Non era la prima volta! E' sempre lei che mi aiuta, che mi rilassa oltre a darmi piacere, che serva o non serva e comunque vada!
...salute a noi in carne, ossa, metallo e cervello!!!
Qui la relazione tratta dal sito web:
Le parole non bastano mai quando bisogna descrivere la meraviglia!
La meraviglia di una persona unica, di una giornata splendida e di momenti che non scorderò mai finchè il mio pensiero funzionerà.
Oggi comincia la primavera e non potrebbe iniziare in modo migliore.
Sto aspettando Laura.
Arriva puntuale!
Un bacio e sistemiamo nella sua macchina gli attrezzi della giornata.
Sotto a tutto ci sarà la mia bici e sopra, i suoi sci.
La meta è il Monte Garzirola, una vetta panoramica (così dicono!) sul confine Italo-Svizzero.
Laura ieri mi ha stupito proponendomi di seguirla in bici!
In realtà sarà una gran mazzata in salita ma in discesa ci divertiremo entrambi.
Partiamo dal piccolo parcheggio in direzione Lugano.
Prima sarà autostrada, poi piccole stradine sinuose tutte curve.
E' la prima volta che siamo insieme in macchina.
Laura è dolce nei movimenti sul volante e sui pedali. La velocità è giusta. Il risultato è che la macchina ci accompagna tranquillamente a destinazione.
Siamo due chiacchieroni che ogni tanto hanno bisogno di stare da soli, chissà dove e in silenzio ma, in due per ora, il silenzio pare impossibile!
Arriviamo a destinazione e ci prepariamo!
Sci e bici si può!!!
Lo dice anche una legge di "legislazione sanitaria", la 328/00 che si può integrare...!
La salita per me parte subito troppo dura e, da freddo, cercare di stare con Laura che cammina veloce verso la meta è impossibile.
Anche da caldo sarebbe impossibile starle dietro!
Mi consiglia qualche variante sterrata e ogni tanto ci incrociamo.
In un punto dove per me è dura pedalare ma possibile, sto portando la bici in spalla.
Salta fuori che potrei pedalare e Laura mi dice di pedalare che sennò andavamo a fare la passeggiatina in centro o giù di lì...
Ha troppo ragione e allora eccomi a cercare di risolvere qualche passaggio tecnico e a cercare di abituarmi al nuovissimo assetto della mia belva!
Due centimetri di corsa in più alla forcella mi danno del filo da torcere in salita facendomi spesso perdere il controllo. Dovrò decisamente agire sulle altre geometrie ma oggi non è il giorno per farlo.
Laura mi aspetta e ci ricongiungiamo ogni tanto.
Mi dice che si sente un po' in colpa quando vede che carico spesso la bici in spalla ma la rassicuro che non deve proprio.
Sto facendo una delle cose che mi piace di più e mi godrò la discesa...anche se ci sarà da portare!
Per Laura è ora di mettere gli sci e son contento per lei!
Sparisce nella nebbia anche se non si allontanerà mai da perderci così tanto di vista.
Prima però mi spiega in breve il semplice itinerario da seguire in modo che io possa inventarmi un tracciato ed evitare il più possibile la neve in salita.
Sta nevischiando. Era previsto!
Raggiungiamo entrambi la dorsale della montagna e io ho il mio bel da fare a battere traccia.
Lo faccio per poco e non è la prima volta ma, con la mia bicicletta in spalla non è mai facile!
Sono poco dietro a Laura che mi ha aspettato.
Ancora qualche passo...siamo in cima.
Via il casco, via gli occhiali e i guanti che complicano le cose e ci abbracciamo e ci baciamo!
Cima, panorama inesistente, neve, nuvole, un poco di vento e noi due, soli sulla vetta.
Le chiedo se ha intenzione di mangiare qualcosina e finiamo con un croccante al miele misto carta scottex...
La mia idea era di fare il fondo per un brindisi!!!
Dal mio zaino escono due bicchierini e una bottiglietta di sciroppo per la tosse piena di Genepy!
Io sono un "inventa brindisi" ma questi me li sono scritti stanotte per non dimenticarmeli! Il primo propiziatorio per il suo esame che sarà tra pochi giorni e altri 9, due a sua scelta!!!!
Le consegno la rana di Salamanca, in modo che si faccia guardare prima dell'esame e ci prepariamo per la discesa!
La discesa sarà bellissima!
Me la godo centimetro per centimetro e mi godo Laura che vuole che le insegni a sciare nonostante io non scii da almeno 15 anni...
Mi piace insegnare l'arrampicata, la mtb fuori strada e ora anche lo sci, ma questo solamente a lei!!!
Fatico a farle capire che posizione deve tenere in diagonale ma ad un certo punto ci riesce.
Le muovo le spalle e il bacino ed ecco fatto.
Dovrò starle addosso per insegnarle e, per ora, non so come farò!
Non ho neanche più sci e scarponi ma ormai mi ha traviato e anche un paio di sci sono nei miei pensieri!
Intanto la seguo in bici!
La discesa è divertente. Per me è molto difficile e anche per Laura lo è un po' ma lei è forte e sportiva e imparerà presto, come con l'arrampicata!
Alcuni momenti della discesa sono simpatici e impressi dalla telecamera sul casco...come lo sci d'erba!
Ci "divertiamo" anche nelle cadute. Io tre, lei una!
Poi la neve finisce ed è ora di camminare per lei e di continuare a guidare per me su un terreno più consono ma con un breve traverso non banale.
Scendo con lei. Ogni tanto davanti, ogni tanto dietro o di fianco!
Mi scatta anche una splendida fotografia con la mia macchinina mezza rotta!
Le foto che ho fatto io a lei sono belle per il soggetto, non certo per il fotografo.
Stiamo gironzolando da stamattina facendo alcune tra le nostre cose preferite.
Io mi sento molto flow qui in mezzo.
Il cuore batte al meglio e il respiro è pieno e vigoroso.
Ogni tanto alzo la ruota anteriore, ogni tanto la posteriore poi mollo i freni per qualche secondo e mi godo qualche piccolo saltino sempre a bassa velocità.
Il nuovo assetto è ottimo per la discesa come speravo.
Sono felice. Adoro la compagnia di Laura e adoro quello che stiamo facendo.
Sono contento che mi veda in questo stato, in questa situazione.
La giornata iniziata presto è volata.
Siamo anche un po' in ritardo.
Anche il viaggio di rientro è tranquillo.
Laura deve andare ma ci salutiamo bene.
Ciao! Studia...e alla prossima!
Ti penso oggi, mentre scierai ancora e io ho appena finito di farmi radiografare il collo e il polso sinistro in pronto soccorso al G. Pini di Milano.
Collarino cervicale e tutore al polso per una decina di giorni.
Non male! Poteva andare peggio ...o meglio ma, in sintesi, per una giornata così me li rigiocherei adesso!
Felice 90% - Malandato 10%.
Alla prossima!
Il resto è storia recente...
Pochi giorni fa, il 28 giugno 2015, sceso dalla mia quinta scialpinistica di sempre, a 2800m non c'era più neve. Solo qualche chiazza tra immense distese di sassi e il pensiero è scattato automaticamente:"Se avessi qui la mia Anthem...".
Tutto l'inverno 2014/15 ho continuato ad andare a Milano tutti i giorni in bicicletta percorrendo in tutto altre migliaia di chilometri e, potendo ritirarla in zona sicura, ho potuto usare spesso la Anthem.
Quando vado a Milano in bici, se è vero che ne ho, sfoggio tutto lo style di cui son capace.
Mi piace che mi notino e mi guardino mentre mi fermo al passaggio pedonale, dietro un mezzo pubblico in fermata o al semaforo in sur place, senza mettere giù i piedi!
Qualcuno si entusiasma, mi sorride o mi fa domande.
Cerco di essere elegante nei modi e nello stile di pedalata.
Già molti anni fa dicevo che non trovavo un utilità altruistica nell'andare in bicicletta se non quella di essere di ispirazione agli altri per farli cominciare e godere di questo mezzo magnifico...
Eccola l'essenza!
Tu vai in bici e godi e, sei contento se qualcuna o qualcuno riuscirà a goderne come fai tu perchè le o gli migliorerà la vita e scoprirà sensazioni sconosciute fino ad allora, quando, padroneggiando il mezzo, sentirà il tutto e tutto il viaggio penetrare in se stessa/o, lo sentirà arrivare attraverso le ruote, i pedali, la sella, il manubrio...e la "strada" prescelta o quella che le si presenterà davanti a sè...