La mia prima parete solitaria in Grignetta

Quel che relaziono oggi è il frutto di una passione per l'attività outdoor in solitaria sviluppata, in modo ancora embrionale, anche per l'arrampicata...
Faccio una solitaria per vivere un'esperienza sognata e desiderata da tempo che, finalmente, mi sento in grado di affrontare.


La Grignetta fredda e grigia come si presenta oggi...


Un'occhiata di sole poco prima di partire

Di sicuro non è condivisibile se non a parole sorrisi, tensione e sguardi, comunque non spiegabile fino in fondo ed è strano questo desiderio pazzesco di trovarsi da solo in parete, completamente avvolto e sovrastato, contrapposto alla stessa pazzesca voglia di raccontare come sia andata...
Da quando ho cominciato a scalare alcune vie di roccia, seppur di modesta difficoltà, ho cominciato a pensare a quanto deve essere bello affrontare una parete in solitaria.
La solitaria è insita nel mio io, seppur apprezzi così tanto la compagnia dei miei soci e soce di fiducia in scalata. Ho girato da solo a piedi, in bici, per monti e pianure e ora lo farò, ogni tanto, anche in parete...
Per solitaria non intendo me, slegato, nel deserto della settimana o nel traffico domenicale di alpinisti ed escursionisti ma intendo esattamente quel che ho vissuto venerdì in una Grignetta unica, fredda, nuvolosa, severa e più isolata e deserta che mai.
Il giorno per fare da soli non è sempre quello giusto ma ecco che venerdì ne arriva uno di quelli, quindi ecco l'obiettivo:

volo basso!
Il mio obietivo è la via considerata "la più facile della Grignetta", ovvero "la Rampa" al Primo Magniaghi (o torrione Magnaghi Meridionale).
Ancor più precisamente però (e considerato non così facile) vorrei affrontare il camino di uscita e non lo sperone di II/III grado sulla sinistra della quarta sosta.
Non trovo nessuna relazione del camino, nè sulla guida ai monti delle Grigne, nè men che meno su internet...
Sarà avventura allo stato puro!

Mi alzo prestino ma non troppo, trovo traffico in strada, arrivo tardi ma nemmeno così tanto tardi...sono le 10:30 quando lascio la Pandina sulla sterrata che porta al sentiero della Traversata Bassa e a quello della Cresta Senigallia che prcorrerò fino al traverso dei Magnaghi.
La Grignetta mi si presenta fredda e umida sulla pelle, scura e nuvolosa agli occhi come previsto...
Un'ora dopo, sul sentiero rovinato e reso un po' insidioso dall'inverno, sono al cospetto del gruppo dei Magnaghi.


Il Sigaro Dones ancora protagonista!


E poi la rampa che si sviluppa inizialmente nel triangolo roccioso al centro!

Il Sigaro Dones mi toglie il fiato come sempre con la sua bellezza. Lo fa da quando son piccino...
Appena passato oltre però, in vista dei Magnaghi, il coinvolgimento per il conseguimento del mio odierno obiettivo è totale e, sempre con svariate musiche in testa come in ogni arrampicata che si rispetti, ricomincio ad elaborare riguardo le tecniche di autoassicurazione che opererò in parete, riguardo la neve che potrebbe intasare l'accesso alla parete... Non ho portato scarponi, ramponi e picozza. Ho solo deciso che, qualora dovessero servire, tornerei in dietro.
Non ho la confidenza e le capacità per affrontare l'itinerario slegato e non lo conosco nella sua seconda parte quindi procederò legato.


Scritte più o meno antiche all'attacco

So che è facile fino alla quarta sosta perchè ne ho fatti un paio di tiri in alternata l'anno scorso.
Affrontai la via solo due volte e solo per quattro tiri, a comando alternato e una di queste due era decisamente troppo tempo fa! Non me la ricordo e, per me, fu comunque un'impresa!
Prima di partire e di trovarmi affamato nel pieno dell'azione, mi rifocillo un po' con qualcosa di appetitoso magari non proprio sano...pane e maionese, che però mi va giù quasi sempre!



Poi comincio...
La corda è nel comparto superiore dello zaino riservato solo per lei. Sotto c'è tutto il resto. L'altro materiale è già all'imbrago da quando ho iniziato a camminare...
Estraggo la mia corda, sciolgo la matassa, faccio un nodo inglese doppio su un capo, lo infilo sul fondo dello zaino e, sopra di esso, filo ordinatamente le infinite spire di corda intera, la mia nuova Edelrid da 70 m da 9.8mm che mi porterò dietro durante la salita e a cui affiderò le mie chiappette nel caso qualcosa andasse storto...
Fisso l'altro capo al chiodo cementato alla base con un nodo barcaiolo e nodo di sicurezza.
In vita ho il grigri all'anello di servizio con la corda passata dal verso giusto, indosso le scarpette da arrampicata e parto.
Pochissimo dopo metto un friend bello grande e fisso la corda col barcaiolo. Anche al nuovo resinato poco più su faccio un barcaiolo su moschettone a ghiera e ora mi sento come fossi assicurato ad un'ottima sosta.
Procedo con ordine e attenzione sia con movimenti ordinati, sia proteggendomi il giusto! Ricordo quando anni fa affrontai un tiro di questi mettendo più di dieci protezioni in venticinque metri...oggi arriverei su a notte se facessì così e, fortunatamente, non ne sento la necessità.
Sto comunque molto attento e cerco di non sottovalutare nulla.
So che sulla destra le difficoltà sono più basse ma a volte passo un po' più a sinistra invitato da un'ottima roccia o dalla possibilità di proteggemi bene con quel che offre sempre la bella roccia di questa parte del Magnaghi!
Sono però troppo a sinistra su un grado che forse a volte è IV e vedo la prima sosta del tiro che è già qualche metro sotto di me e a destra. Avevo già deciso di concatenare i tiri a due a due visto che, salendo, lo zaino si alleggerisce della corda e si sale sempre meglio, quindi proseguo tranquillo.
Mi prometto di trovar la seconda sosta, sennò la attrezzerò io con quel che troverò.


Lo zaino in sosta (S2)

La trovo!
Sosta! E' comoda! Mi allongio, fisso la corda con un barcaiolo e nodo di sicurezza, abbandono lo zaino e scendo calandomi col grigri per recuperare tutto il materiale del tiro.
Arrivato giù, noto che ci sono una decina di metri di corda lasca alla base del tiro.


Recupero materiale

Deduco che sia perchè il grigri autorecupera più del necessario a causa del peso della corda. Così decido che nei prossimi tiri, darò corda dallo zaino al grigri solamente quando sentirò la corda tirare dall'imbrago verso il basso, come quando ti fanno sicura male, solo che io dovrei poter sistemare e anticipare la situazione a mio piacimento!
Quando arrivo nuovamente in sosta, è passata poco meno di un'ora dalla partenza e sono le 11:23.
Procedendo durante il terzo e quarto tiro con la corda più tirata e uscendo ancora un po' troppo a sinistra sul verticale invitato da un'ottima clessidra tra il terzo e quarto tiro, arrivo nuovamente alla quarta sosta e, a lavori conclusi, sono le 12:25...un altra ora! Sono contento. Sto andando bene o comunque poco male!


Risalita a S4

Da qui in poi però le cose si complicheranno.
Non conosco la via. Le nuvole impediscono una buona visibilità e l'unica relazione che ho trovado dice:

Lunghezza 5, III, 25 metri: dalla cengia si segue l'evidente camino di sinistra (vecchio chiodo con cordino) uscendo direttamente nella nicchia in cui è posta la sosta alla base del passaggino...oppure si sale per lo sperone facile di sinistra...


Il camino che affronterò io!

E qua sotto: io osservo il chiodo (lo strapiombo del secondo magnaghi sembra una tetta!), il camino Cassin (che sale a destra) e la Variante Polvara (su dritto).

- -

Il vecchio chiodo con cordino lo vedo.
Dopo aver spizzicato qualcosa e bevuto un po' e preparato la carda nello zaino, vado su per di là.
Non riesco a proteggere i passaggi ma non mi sento così esposto. E' una successione di terrazzi e risalti.
Arrivo al chiodo e proseguo nel camino. Le difficoltà si abbattono, vedo i due Maghaghi che tra loro son molto vicini un po' di metri sopra la mia testa e intuisco di essere sotto al traversino (detto anche passaggino)...
Proseguo. Arrivo che vedo dall'altra parte del monte.





Vedo solo nuvole ma deduco comunque di essere passato troppo oltre...
Torno in dietro non senza impegno. Un passaggio in discesa mi impone un po' di studio. L'ultima protezione, in caso di errore, sarebbe totalmente inutile. Quando ridiscendo mi prometto che se risalirò per di là troverò il modo per proteggermi almeno un po' da un'eventuale caduta.
Letteralmente non so dove andare. Capisco però più o meno dove potrebbe essere la sosta del traversino. Potrei certo sbagliarmi anche di molti metri. L'importante è che non sia in ansia! Ho solo qualche dubbio, ancora non dispero e ho sempre la netta voglia di portarmi a casa la via senza comunque esagerare.
Decido di aspettare che le nuvole abbandonino il camino almeno per qualche secondo.
Qualche minuto dopo, la visibilità mi concede di vedere un vago canale/rampa abbastanza appoggiata che potrebbe portare in zona "Traversino". Bisogna però arrivarci!
E' preceduta da uno sperone strapiombante percorso da una lama obliqua di apparenza decente che lo attraversa da sinistra a destra.
Provo ad avvicinarmi, mettere le dita nella lama gelata come tutto il resto del camino...ci stanno appena e non riesco ad infilar friends, nemmeno il mio piccolino...mi pento di non aver martello e chiodi e, dovessi fare un'altra solitaria, magari anche sconosciuta, non mancherò... I passi sembrano di VI o anche di più, quindi decido di rinunciare data l'improteggibilità.
Torno quasi al vecchio chiodone a curiosare...
Con qualche nuvola in meno vedo che il camino si biforca e il vago canale/rampa ci sta in mezzo. Il camino di sinistra mi sembra troppo liscio e verticale per affrontarlo.
Sopra il chiodone in compenso c'è una cengia. Arrivati lì sopra, una rampetta facile sembra portare sullo sperone di sinistra di cui parlano le relazioni. Forse si va di lì ma non vorrei trovarmi con la discesa preclusa una volta salito...e poi non è il camino e io voglio ancora salire di qui!!!
Torno a risalire il camino (ramo di destra) per vedere se posso raggiungere la rampetta/canale da destra.
Appoggio una fettuccia in uno spuntone come mi ero ripromesso. Salgo di nuovo fino al penultimo risalto qualche metro prima di vedere sopra di me i due magnaghi al massimo della vicinanza e vedo una buona maniglia per la mano destra sulla parete del primo Magnaghi. Studio alcuni appoggi per i piedi di qua e di là per salire direttamente il camino fino alla rampetta e mi pare di trovare una buona successione di appoggi e appigli.
Parto in verticale.
Man mano che salgo, devo espormi sempre più verso sinistra e il vuoto del camino. Sono comunque messo bene sui piedi e potrei ancora scendere.
Vedo poco avanti a me un ciuffetto di fili d'erba e ricordo le citazioni del sabato prima di Nicolò, incontrato a Montorfano, che dice che dove c'è verdura c'è fessura! Cerco con una mano vicino ai ciuffi e trovo una discreta lama!
Già che son messo ancora bene allora provo a proteggere e a infilarci dei dadi.
Non vedo la fessura quindi vado a tentoni. Prima passo un 5 e scivola fuori, poi passo il 9 e si incastra quasi bene...allora provo il 10 e la sensazione è buona. Non rinvio alto ancora ma oso un altro passo e vado a guardare. Mi pare tutto perfetto. rinvio ed esco in cima allo sperone con bel movimento delicato. Un'altra fessura accoglie il dado del 9 come fossero due cose perfettamente complementari e la rampetta è lì che mi aspetta, facile e sicura. Salgo pochi metri e vedo la sosta del traversino. I prossimi metri scorrono via lisci in un paio di minuti o tre, mentre il camino mi ha richiesto h1:50 di esplorazione e scalata (probabilmente con un paio di passi di IV+)!


La cima del primo Magnaghi invece è una faccia!

Sono in cima di fianco alle vecchie scritte "lemonsoda" di vecchi alpinisti e commercianti originali...
Che esperienza magnifica.
Totalmente coinvolgente, assoluta, splendida in una Grignetta grigia e freddissima.
Sono andato per cercare alcune sensazioni e ne ho provate almeno il doppio di quelle che mi aspettavo.
Ora sono nel cervello e nel cuore e spero di aver di nuovo la capacità e la fortuna di viverle.


In cima!


Recupero materiale - Uno dei due dadi con cui proteggo l'uscita sulla rampetta/canale.


Avvolto, sopraffatto ed estasiato dal meraviglioso camino tra il primo e il secondo torrione Magnaghi durante la prima discesa per il recupero del materiale.

DISCESA

Le sei corde doppie mi richiedono quasi 50 min. La prima, appoggiatissima non la lancio ma la metto nello zaino estraendola a poco a poco per non dover lavorar troppo a disincastrarla mentre scendo...
E' in una (forse la quarta) che perdo un po' più di tempo lanciandone male un ramo. Il resto fila via liscio.


Alla base della Rampa, dopo l'ultima doppia.

Ho ancora qualche energia per scendere, andare dalla signora amica del bar di Pasturo a mangiar due panini e bere una birra come dopo le belle arrampicate che si rispettino e poi a nanna nell'albergo Panda. Domani mattina corso: corde doppie e progressione della cordata, poi nel pomeriggio innaugurazione del Museo delle Grigne a Esino Lario, la sera cena al Rif. Porta, la mattina dopo alle 5:30 su a portare le corde alle placchette del San Martino, poi a casa a festeggiare i miei coi loro 55 anni da sposi e poi, alle 14:30 sbadabang, cementato nel letto, poi una bellissima serata e, Lunedì mattina, cima del Monte San Giorgio e Aglio ursino, pomeriggio al lavoro a Milano by bike ed ora...è due giorni che giro in giro in macchina sostando spesso per quel pizzico di innata narcolessia.

Ora fermati Ste.
Alla prossima!


La corda sparisce nel camino tra le nuvole...


Torno giù dalle nuvole alla realtà...


Che sia una buona primavera per me e per tutte/i

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