Questa storia è, come la maggior parte delle storie, sia vecchia che sa di fazzoletti di cotone messi dalla mamma sulla schiena per assorbire il sudore dei bimbi che correvano, sia estremamente attuale...
Quasi via tutto il vecchio e fuori il nuovo...
Durante la fine degli anni 90 e il 2000, grazie ai miei studi, ebbi l'occasione di occuparmi di Botanica Sistematica, ovvero la classificazione delle piante e continuai a farlo per qualche anno fino a circa il 2003-2004.
Per l'esame, era richiesto di realizzare un erbario, più precisamente una collezione di almeno 50 specie di piante derivanti possibilmente da un luogo preciso e non un misto di diversi luoghi.
Raccolsi le piante nelle campagne attorno a casa mia, circa 50 specie, soprattutto nella zona dei "Maravei" (le meraviglie) e una parte dell'erbario fu dedicato invece al Colle Dedine che si trova nella zona dei colli di San Fermo (BG) dove abitava la mia carissima amica Anto. Così, il suo erbario aveva una piccola sezione dedicata ai Maravei dove abito io...
Ho sempre adorato stare in campagna e, colsi subito l'occasione per togliere un po' di tempo ai libri e starci ancora un po' di più. Notai la grande biodiversità sulle coste dei campi, dei fossi e delle rogge e mi affezionai ancora di più alla forza che dimostrano certe piante che, nonostante facciamo di tutto per cacciare, si mostrano tenaci e si ritagliano qualche angolo nascondendosi ai nostri occhi pur di sopravvivere...
Mi affezionai anche alle querce, piante ormai quasi completamente estirpate dalle coste dei campi da una politica agricola che non apprezzo particolarmente...
Ai Maravei ce n'erano a centinaia...mi piaceva passarci a piedi o in bici...
L'erbario del 2000 fu un lavoro eccezionale, ricco di affetto, amicizia e passione.
Fu un lavoro che aveva la radice forte e la passione ad alti e bassi vive ancora oggi...
Mi affezionai anche a diversi angoli seminascosti e a diversi alberi che ritenevo e ritengo dei sopravvissuti...
Uno di questi era ed è ancora una Quercia, più precisamente una Farnia, che si trovava in mezzo ai campi. Scoprii nel mio peregrinare che a maggio, le ghiande cadute dall'albero l'anno prima, formano tutto intorno alla pianta madre un asilo di quercette e, da quella, ne portai a casa cinque, le invasai e attesi...
Una delle cinque aveva ancora le foglie embrionali o cotiledoni, ovvero le due parti interne della ghianda (come fossero le due parti di un'arachide aperta a metà!) a cui la piantina si attacca per nutrirsi come un bimbo fa con tetta della mamma...
Questa quercetta fu l'unica a sopravvivere. Era la più forte o la più fortunata delle cinque, le radici non morirono e si ristabilirono nonostante il trapianto prematuro e i cotiledoni nutrirono la pianta fin che ce ne fu bisogno.
Con gli anni curai la quercetta, la interrai, la legai ad un paletto per tenerla dritta, costruii una sorta di scudo per evitarle pallonate di nipoti o comunque altri incidenti e la quercetta crebbe riempiendomi di orgoglio.
In dodici anni arrivò ad essere alta come me e poi mi superò nonostante il luogo in cui era piantata fosse pieno di altri alberi e alberelli.
Soprattutto le palme le davano fastidio, le oscuravano il cielo e non le lasciavano sfogo.
Le palme le ho fatte fuori in un anno circa con l'ascia. Qui la motosega non c'è ancora. La mia determinazione aggravò i miei problemi ai tendini dei gomiti ma vinsi la guerra alle palme...
Le palme, infestanti, derivavano da un picco di entusiasmo di mio padre che si rivelò un disastro per il giardino...Appena finito il suo entusiasmo potei dichiarare la mia guerra alle palme.
La guerra agli entusiasmi la dichiarai già moltissimo tempo addietro...non durano. Ci vuole altro.
Oggi infatti attendo che l'entusiasmo finisca per decidere se proseguire qualcosa seriamente.
Ero così contento per la "mia" quercetta! Aveva uno spazio tutto per lei. In primavera sarebbe stata circondata di fiori e chissà che albero sarebbe venuto fuori!
...ma, un giorno dell'inverno più bello della mia vita, che sembrava finto da quanto era bello, arrivò l'ultimatum del padrone del giardino:"O sposti la quercia o te la tiro giù io". Inutile discutere sulle ferite alla mia sensibilità. Il giardino non è mio. Qui nulla è mio a parte la bici, un pianoforte, dell'attrezzatura sportiva, qualche vestito e poco altro...
Ecco "brevemente" come è andata...
Spostarla uguale ammazzarla. Il morale è basso. A me suona come:"O l'ammazzi tu o l'ammazzo io" ma, siccome ho imparato che nulla è morto finchè non è sepolto e, a volte, non è morto nemmeno da sepolto, comincio a studiare come spostare la sfortunata...
Prima contratto un posto nuovo che sia definitivo per la quercetta, poi progetto il trasferimento. Il tutto passa dal dover radere al suolo un nocciolo piuttosto vecchio, una robinia e, così, i tendini me li gioco del tutto. Studio qua e là su vari tutorial, sui manuali, ecc, ecc la tecnica migliore per il trasloco dell'alberello.
Non sono ancora arrivate le prime brutte notizie del mese... L'unica per ora è solo che devo smettere di scalare duro per un po' causa i tendini del braccio troppo infiammati...
Poi, un giovedì, mi rispediscono un lavoro da rivedere...dopo otto mesi che l'ho consegnato. Potevano svegliarsi prima indipendentemente dal fatto che andasse bene o no, comunque questo altera incredibilmente il mio già instabile equilibrio...
Il venerdì lo passo tra telefonate e organizzazione del piano B della mia vita per il mese successivo che si rivelerà discutibile e tendente al disastroso per somme di motivi vari, l'ultimatum "Quercetta" si ripropone nel mentre e il sabato mattina sono così nervoso e arrabbiato che il lavoro di trapianto previsto in diversi giorni, lo eseguo in due o tre ore coi miei tendini che fan festa...
Non riesco però a tenere un buon panetto di terra intorno alle radici e, peggio del peggio,rompo la parte terminale del fittone: la lunga radice centrale principale.
Sono pessimista ma trapianto la Quercietta, la riempio il più possibile di terra fine alla base in modo che si insinui tra le radici e queste non secchino, faccio una lettiera superiore e, raccomandato dall'amico Toso che, affezionato ai suoi nuovi Larici, capisce quanto ci tenga alla "mia" quercia, vengo riportato all'ordine eseguendo l'innaffiatura dimenticata...
Un'innaffiatina ogni tanto e attendo.
La quercia è una fagacea e può perdere le foglie in primavera come i faggi ma la mia, dopo il trapianto, pare addormentata ancor più del solito...le foglie sono su tutte con livrea tipicamente semitrasparente.
Attendo e ogni tanto innaffio...
Nel frattempo il periodo si fa più duro, le notizie e i fatti si susseguono incontrollabili...e ogni tanto osservo la quercetta sperando che almeno lei ce la faccia.
E' di pochi giorni fa la sensazione che le gemme si siano ingrossate...
Vuoi vedere che ce la fa?
Ed eccole oggi le prime gemme aperte, mentre qualche foglia dell'anno scorso deve ancora lasciare i rami sottili...
Ha rami sottili e radici forti, anzi fortissime per fortuna. E' forte come la passione, come l'amore, l'amicizia, come il rispetto, come la roccia di una montagna...la roccia buona!!!
Che orgoglio la "mia" Quercetta del 2000.
E' di oggi anche l'idea di andare a trovare la mamma Quercia a cui ho portato via cinque figli e vedere come se la passa...
Non devo più percorrere stradine in aperta campagna per passare di là ma devo aggirare un piccolo quartiere nuovo del paese. La vecchia stradina che percorrevo è chiusa ma, grazie al Naviglio in asciutta, riesco a raggiungere mamma Quercia pedalando sul fondo di un fosso in secca.
Nel fosso. Laggiù in fondo mamma Quercia spoglia.
Da lontano non vedo foglie. ...tutto normale! Sembra sua figlia oggi...
Mi avvicino pian piano, arrivo.
Mamma quercia è morta. Chissà? Sarà morta di crepacuore per i figli che le ho portato via? No spero... Forse perchè non vado più a trovarla da tanto tempo? No. Non posso essere così importante...ma forse i suoi figli si...
Povera, la quercia solitaria che avrà fatto il suo lavoro fino alla fine, vivendo, facendo quercette ogni anno e ospitando motitudini di esseri viventi volanti e non...
Quasi sedici anni fa ha passato la sua eredità alla "mia" adorata Quercetta che ho rubato, estirpato e pure maltrattato un sabato mattina ma che ha mostrato radici forti, tenacia e attaccamento.
Non so se mamma Quercia abbia altri figli in giro. Lo spero ma chissà? Forse solo con la "mia" ha continuato a vivere e ha passato il testimone. Ora la figlioletta pare voler tornare rigogliosa sulla riva della roggia dove sta!
Lo spero tanto.
Chissà come andrà?
Chissà?
Spero che cresca, che le sue ghiande trovino terreno fertile e ospitale
Spero sia lei a vedermi vivere e poi passare di là.
Per un albero dovrebbe essere normale.
Io invece sono stanco di dovermi continuamente staccare.
Addio mamma Quercia...